sabato 17 luglio 2010

Nel bunker della cricca





- di Lirio Abbate e Gianluca di Feo -

Chi dopo Scajola, Brancher e Cosentino? Il toto dimissioni punta su Verdini, ma anche Bertolaso non è messo molto bene. Ecco la mappa dei clan che stanno smottando uno dopo l'altro, travolti dagli scandali

Ma l'amico... l'amico Lombardi è in grado di agire?". Al telefono Roberto Formigoni è supplichevole. Teme che la sua lista venga esclusa dalle elezioni e invoca l'intervento dell'"amico Lombardi": "Ti prego!". Ignora chi sia l'uomo di cui sta invocando il sostegno: un geometra che fatica a parlare in italiano e fa replicare alla supplica del governatore con un "dicitangill pure a chill amic tui su a Milan (diteglielo anche a quell'amico tuo su a Milano)". Eppure l'irpino Pasquale Lombardi, celebre nel suo giro per l'incapacità di sedere a tavola senza imbrattarsi di sugo ("Il nostro comune amico che quanno magna se sporca sempre..."), con il suo eloquio da Pappagone riusciva ad entrare in tutti i palazzi del potere. Il suo motto era semplice: "Arriviamo, arriveremo dove dobbiamo arrivare".

In Cassazione, nel ministero dell'Economia e in quello della Giustizia, nel Consiglio superiore della magistratura, nel Pirellone, nella presidenza della Sardegna, in ogni procura d'Italia, il geometra Lombardi trovava sempre le porte aperte. Snocciolava una serie di diminuitivi affettuosi - Fofò, Nicolino, Pinuccio, Giacomino - con cui si rivolgeva a sottosegretari, coordinatori di partito, governatori e procuratori della Repubblica. Fino a incontrare "Chillu cess' e Nicola", al secolo Nicola Mancino, vicepresidente del Csm e suo compaesano. E non era l'unico a godere di simili frequentazioni, intime e pericolose.

Democrazia limitata
In pochi mesi gli italiani hanno scoperto l'altro volto del potere: le cricche, termine antico che indica "un gruppo informale e ristretto di persone che condividono degli interessi". Aggiunge il dizionario: "Generalmente in una cricca è difficile entrarvi". Invece - grazie a quelle intercettazioni che il governo vuol mettere a tacere - di questi club esclusivi se ne sono emersi parecchi. Un'orda che si è infilata dovunque: hanno influito e interferito su ogni decisione importante degli ultimi dieci anni, dal Giubileo al G8, dalle nomine al vertice della magistratura alla designazione dei presidenti di Regione, dai processi nella Suprema corte al lodo Alfano. Centurie del malaffare, avversarie e alleate a seconda della posta in gioco e dei loro punti di forza, pronte a scambiarsi favori e tirarsi addosso dossier al veleno.

Deviazioni per tutti i gusti
Ogni cricca ha la sua specialità. C'è quella degli appalti, con Diego Anemone - geometra sconosciuto al pari di Lombardi - che riunisce a tavola e negli affari il capo della Protezione civile Bertolaso, il gran commis di tutte le opere pubbliche Balducci, il ministro Scajola e l'ex Lunardi, il coordinatore pdl Verdini, il cardinale Angelo Sepe, un alto magistrato e una sterminata lista di beneficiati eccellenti. C'è quella del riciclaggio scoperchiata dal pm Giancarlo Capaldo, tra traffici sulla telefonia e sospetti di narcotraffico, del pregiudicato romanissimo Gennaro Mokbel e del suo senatore Nicola Di Girolamo, che muovono tanto denaro da non riuscire a contarlo ed esclamare "c'avete rotto il cazzo co tutti sti milioni". C'è poi la rete su scala minore dei fratelli De Luca, imprenditori campani delle ferrovie, con parenti al Csm, agganci in Vaticano e intrallazzi al ministero delle Infrastrutture. E il sogno infranto di Giampi Tarantini, che era entrato nelle notti di Villa Certosa e Palazzo Grazioli, passando dai contratti della sanità pugliese alle holding internazionali come Finmeccanica. Senza dimenticare sullo sfondo la nebulosa di Why Not, la ragnatela di contatti messa a nudo dall'indagine di Luigi De Magistris: una mappa delle relazioni altolocate, senza risvolti penali ma comunque significative per capire cosa resta della democrazia.

Le regole dei clan
Scordatevi delle tessere o dei cappucci: elenchi massonici come nella vecchia P2 sono ricordi del passato. E quanto c'entri la massoneria nel diffondere questo contagio ancora non è chiaro, anche se l'aura dei liberi muratori circonda molti protagonisti tra Toscana e Sardegna. Pur senza gran maestri e gerarchie, come in un gioco di ruolo ogni cricca per funzionare richiede alcune figure specializzate. C'è il tesoriere, in genere un imprenditore, che sostiene le spese del gruppo. Il clan degli irpini poteva attingere ai capitali di Arcangelo Martino, ex assessore socialista napoletano diventato un ras delle forniture ospedaliere: sede legale a Lodi, base operativa nel Casertano e oltre cento Asl nel carniere. Con Formigoni ha un filo diretto e non solo con lui: sono in molti a scommettere che il prossimo filone riguarderà la sanità e sarà dirompente. La gang degli appalti invece usava i fondi di Anemone, costretto a sudare quattro camicie per ragranellare il cash prima di cene con Bertolaso e generoso nel finanziare le dimore di Scajola, di un generale del Sisde e di altre perdine ministeriali. Ma Anemone spesso pagava in natura, ossia faceva lavori a gratis o a prezzo di costo a tutta la Roma che conta. In più c'era la santa alleanza con il cardinale Angelo Sepe che aveva offerto il catalogo di Propaganda Fide, con case da sogno a prezzi modici. Tutte le consorterie cercavano un padre spirituale con mire materiali. Sepe era intimo di Balducci, Bertolaso e company ma avrebbe tenuto relazioni intense anche con Arcangelo Martino e viene chiamato a benedire un convegno dei magistrati sedotti dal geometra Lombardi. Molto attivo e trasversale monsignor Francesco Camaldo, cerimoniere del papa e delle raccomandazioni. Invece i fratelli De Luca si rivolgono al cardinale Fiorenzo Angelini, ben introdotto tra i parlamentari cattolici e nell'ufficio di Bertolaso "che ha aiutato moltissimo...".

Forza bipartisan
Ci vuole poi uno che si occupi di appalti. Angelo Balducci con la regia dei lavori pubblici era diventato l'autorità più forte ma bisognava dialogare anche con il dicastero delle Infrastrutture. Anemone rimette a posto la villa di Lunardi e finanzia l'appartamento di Ercole Incalza, braccio destro di Matteoli. C'è quindi bisogno del consulente politico, che faccia da guida lungo le geometrie di partito. Chi meglio di Denis Verdini, che ha sostituito Scajola come coordinatore nazionale del Pdl? Incarico svolto contemporaneamente a quello di banchiere, con soci e compari impegnati negli appalti supervisionati da Balducci & Bertolaso. Mentre il fondatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri era tutt'uno con il clan degli irpini. In pratica, il vertice del partito di Berlusconi dalla fondazione a oggi è stato in combutta con i comitati d'affari. Ma il sistema è trasversale: il circolo più forte nasce con il Giubileo del centrosinistra e prospera con le opere varate dal governo Prodi. Tarantini corrompe i manager della sanità di Nichi Vendola, i De Luca e il clan irpino hanno referenti nella giunta rossa di Bassolino. Persino l'appellativo "cricca" nasce da un costruttore fiorentino che urla al telefono: "Questa è una cricca di banditi! Ci voleva solo gente romana per vincere: criccaVeltroni e Rutelli. Si son messi d'accordo e si sono divisi il bottino...".

Il metodo del potere
La parola chiave è "avvicinare", con ciò indicando un incontro che si trasforma in abbraccio. Le persone si "avvicinano" in qualunque occasione - convegni, cerimonie, feste - ma poi gli accordi si concludono a tavola. Come teorizzava il banchiere Pacini Battaglia, animatore di una camarilla potentissima fino al '96: "Prima si mangia, poi si intrallazza". Un grande banchetto dove tra una portata e l'altra si divorava la legalità. L'obiettivo principale è "avvicinare" Berlusconi o il più efficace Gianni Letta. Il geometra Lombardi cerca in tutti i modi di "avvicinare" Letta e spingerlo a intervenire sul presidente della Cassazione per lenire i guai del sottosegretario Nicola Cosentino. Al giudice Cosimo Ferri, consigliere del Csm ben introdotto a Palazzo Chigi, chiede: "Vogliamo arrivare un po' da Gianni Letta me e te un giorno e chist?". Scrivono i carabinieri che "Ferri rifiuta, apparentemente con sdegno, la proposta, dichiarando altresì di non sapere i motivi della visita proposta". E Lombardi replica "Perché tnimm (abbiamo) certe cose da fare... Che dici?... Non le vogliamo fare!?".

Nei monumentali tabulati dell'inchiesta Why Not sono censiti i contatti tra Ferri e Gianni Bisignani, ex tessera P2, condannato per il riciclaggio del tangentone Enimont ma ancora oggi eminenza grigia nella capitale. Uno che con Letta parla quando vuole. Sorprende scoprire nei ranghi delle cricche una serie di immortali, che dominano le segrete stanze da decenni. Il cardinale Angelini era accanto a Pio XII quando visitò il quartiere San Lorenzo devastato dalle bombe, poi è rimasto al fianco di Andreotti arbitrando il mercato dei farmaci. Per non parlare di Flavio Carboni, il faccendiere per eccellenza, condannato per il crack di Roberto Calvi, chiamato in causa e prosciolto per rapporti con Cosa nostra e Banda della Magliana. Nonostante questo, Verdini e Dell'Utri lo frequentano assiduamente. Incredibile la telefonata con cui convincono il governatore sardo Ugo Cappellacci a nominare un loro protetto al vertice dell'Arpa, l'agenzia regionale fondamentale per i contratti dell'eolico. Verdini chiama Cappellacci, poi passa il telefono a Carboni: "Secondo me è una persona ottima, va bene. Quindi son testimone...". E il governatore sardo si genuflette: "Va bè, va bè. Basta, basta!". Nomina fatta, il loro uomo è sulla poltrona. Pronto a ricambiare gli sponsor con appalti preferenziali: il rischio di impresa viene cancellato, come spiega Carboni a un industriale: "Non c'è un'altra cosa che dia più garanzia di questa! Siamo andati alla fonte e chi altro c'è oltre questo? Il Padreterno!". Niente gare, niente concorrenza: come per il G8, come per l'emergenza rifiuti in Campania, come per il sisma in Abruzzo.

Lessico della corruzione
Soldi, case, auto, donne, uomini ma soprattutto nomine. Le cricche sono pronte a soddisfare ogni cupidigia. A Giampi Tarantini è bastato riempire il lettone di Palazzo Grazioli con escort come Patrizia D'Addario per farsi accreditare dal premier nel quartiere generale della Protezione civile e di Finmeccanica. Ragazze cadeux venivano dispensate anche da Anemone, inclusa la massaggiatrice brasiliana in bikini che fa vedere le stelle a Bertolaso. Un anno fa Arcangelo Martino si vantò di avere presentato il padre dell'ancora minorenne Noemi Letizia a Berlusconi. Più del sesso però conta il potere: la promozione che vale una vita, come quella alla Corte di appello di Milano per il giudice Alfonso Marra. Un successo rivendicato dal geometra Lombardi che ha mobilitato i voti del Csm, l'organismo che dovrebbe testimoniare l'indipendenza della magistratura e che si scopre essere specchio dei mali del Paese. Il capo degli ispettori ministeriali Arcibaldo Miller, quello delle verifiche che hanno messo fuori gioco De Magistris, che va a cena con Carboni a casa Verdini. O il primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone, il giudice più importante d'Italia, che chiede al compaesano Lombardi: "Io che faccio dopo la pensione?". E il compariello Pasqualino ribatte: "Tranquillo, ne sto parlando con l'amico mio di Milano". Il gruppo Bertolaso invece - stando alle indagini del Ros - aveva agganciato Achille Toro, numero due della procura di Roma, che faceva preannunciare l'arrivo della retata: "Piove, piove pesantemente".

Il lato oscuro
A volte i promossi poi non rispettano i patti o minacciano il tradimento. Una cosa intollerabile, come sintetizza Gennaro Mokbel, il busto del Duce sulla scrivania e una passione per le armi: "Perché se c'è un anello debole in una catena, si pensano che sono tutti deboli, capito?". Un arroganza e una violenza, quantomeno verbale, comune a molti. Come quando il sottosegretario Cosentino confeziona il dossier contro Caldoro, compagno di partito ma rivale per la Campania, infarcendolo di veleni a sfondo sessuale. Per completare il quadro, non bisogna dimenticare cosa c'è dietro il sipario: il terzo livello dell'intreccio. Su Cosentino pende un ordine d'arresto per camorra; Dell'Utri è stato condannato in appello per mafia; Di Girolamo è stato eletto con i voti della 'ndrangheta. Eppure ogni tanto le cricche perdono. Perché non si trova la spintarella giusta, perché vengono sconfitti da rivali ancora più spregiudicati. O perché sulla loro strada trovano persone oneste. È quello che accade al ricorso di Formigoni per le elezioni, bocciato da "tre magistrati giovani che non sanno prendere manco il pedalino per il manico giusto". Ma il geometra delle trame non si scompone: "No, n'amme fatte niende nun ti preoccupa' (non abbiamo fatto niente non ti preoccupare). Meno male che noi... sia al Tar che al Consiglio di Stato ca ci salvammo (che ci salviamo)". E così è andata, condizionando il voto in Lombardia e la vita democratica del Paese.



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