lunedì 19 luglio 2010

Letture nella canicola

Maoista nel '68, poi commissario di polizia, infine scrittore di successo, Hugues Pagan rappresenta una delle voci più interessanti del neopolar fancese. Assolutamente da leggere Last affair (Operazione Atlanta), appena pubblicato da Meridiano zero.


"Il sentimento che anima la maggior parte dei miei personaggi è la rabbia. Io cerco di mettere in scena degli uomini in rivolta."
(Hugues Pagan)


In una Parigi bistrata e virata al nero si consuma il nuovo capolavoro di Hugues Pagan. Una storia, quella di Operazione Atlanta, che procede per incastri successivi fino a costruire un gigantesco gioco di potere che rischia di travolgere i protagonisti. Il commissario Château, boss dell’Usine, ha messo in atto una micidiale operazione per catturare vivo o morto Berg, ex terrorista la cui ombra si allunga fra le pagine della storia come quella di un fantasma. Ma Berg esiste o è solo il frutto maligno di una macchinazione per mescolare le carte? Quel che è certo è che Château non ha fatto i conti con i cani sciolti: Milard, detective imbevuto di dolore ma dal fenomenale fiuto investigativo che sta mettendo il naso dove non dovrebbe e Mauber, giustiziere al di fuori delle regole con un passato nei Corpi Speciali, forse l’unico in grado di stanare Berg. Saranno loro a stringere un’imprevista alleanza che costerà cara ai registi occulti dell’operazione e che deflagrerà in un arco di spaventosa violenza nella spettacolare sequenza finale. Sempre più lirico, decadente e romantico, Hugues Pagan modella un romanzo che ha il profumo della fine del giorno e il ritmo delle foglie cadute. Il suo stile narrativo dardeggia, catturando primi piani di personaggi memorabili, illuminando fra tutti il dolce viso di un’indimenticabile e commovente Céline.

(www.meridianozero.it/new/index.htm)

Due domande a Hugues Pagan:

Ex ispettore nella polizia di Parigi, molto critico sul modo in cui quel lavoro viene svolto, Hugues Pagan è diventato una figura di riferimento nell’universo del romanzo poliziesco. Il sarcasmo e l’ironia celano un sentimento di ribellione alimentato più da ideali utopistici che da una semplice disillusione.
La tematica ricorrente della morte, con l’eroe "già morto prima ancora di morire", è alla base dei suoi romanzi. Questo tema è legato alla disillusione del lavoro di poliziotto o ci sono delle radici esistenziali più profonde?
È vero, uno dei temi ricorrenti dei miei romanzi è la lenta agonia che precede la morte. E probabilmente non sono estranei i miei legami familiari con i gitani di Barcellona, un nucleo di persone che intrattiene un rapporto molto particolare con la morte, quella stessa perversione malsana che si ritrova nelle corride. Senza parlare del commissariato, dove questo tipo di frequentazione e’ praticamente quotidiana.

Ma la coerenza della critica sociale non viene spezzata dalla soggettività del disinganno, nella misura in cui la denucia della corruzione, della violenza o del complotto nella polizia passano attraverso il prisma della narrativa?
Da una parte c’è il discorso politico, che per me non è mai cambiato, a partire dal ’68, e dall’altra una parte di fantasia, che oltrepassa questo aspetto e porta avanti la narrazione. Non è semplice, "tenere il culo su due sedie". Si tratta di conciliare un discorso coerente su una situazione sociale desolante e l’immaginazione nevrotica di un autore. Anni fa qualcuno mi aveva chiesto se non avrei fatto meglio a darmi al giornalismo, e io avevo risposto che ci sono già altri che lo fanno molto bene. Quando ci si muove partendo dal particolare, la sfida è di arrivare a una forma che abbia un senso universale. Questo si collega anche al mio legame con l’etica. Io non credo a una politica che non sia basata su un senso etico. All’inizio bisogna avere una morale senza compromessi.
Come diceva Camus, citando Chamfort: "Bisogna essere generosi prima di essere giusti, proprio come bisogna avere una camicia prima di pensare ai pantaloni". È necessario avere un senso etico prima di quello politico. La nostra unica speranza passa attraverso l’etica. Purtroppo l’etica ha delle variabili e si può pensare, ahimè, che ci sia anche un’etica dell’indice di borsa. Non ne sono sicuro, ma è possibile.
Credo di essere stato un scrittore punk anzitempo perché, pensando al traguardo finale, non si sa mai chiaramente dove si arriverà. Spesso mi viene rimproverato il nero assoluto dei miei personaggi, il mio pessimismo totale. Ma io descrivo solo la realtà, parto sempre da fatti e persone reali. E il mio lato artistico si sovrappone a questa realtà, la "veste". Il mondo con cui sono stato a contatto per anni è ancora più nero. L’etica del mio lavoro consiste nel riferire le situazioni nel modo più onesto e rispettoso possibile, sapendo che è necessario toccare le emozioni del lettore. Non voglio né educare, né insegnare. Se volessi farlo, allora mi sarei dato all’insegnamento. E anche fare il giornalista è un’altra cosa. C’è una posizione di ribellione sotto la mia ironia e il mio sarcasmo, che mi sembra la base portante di tutto il mio lavoro. Credo che in qualche modo la ribellione del mio personaggio susciterà l’adesione o il rifiuto da parte del lettore. Bisogna che la gente si ribelli anche se non esiste ancora una soluzione ai problemi.

(Patricia Osganian e Frank Frommer, Mouvements n.15-16, La Découverte)

Nato nel 1946 in Algeria, terra di cui conserva tuttora un ricordo abbagliante, Hugues Pagan "rientra in Francia per obbligo e vi rimane per necessità". Come molti pied noir vive un certo senso di sradicamento: un’irrequietudine che lo spinge a scelte radicali e apparentemente contraddittorie. Dagli studi filosofici all’impegno politico sulle barricate del Maggio francese, fino alla decisione, nel 1973, di entrare in polizia. Infine, a partire dal 1982, la letteratura: quasi un riflesso unitario delle proprie esperienze.

Operazione Atlanta
di Hugues Pagan
Meridiano zero, 2010
Euro 14,50
Pubblicato da Vento largo a 09.21
Etichette: Da leggere, Hugues Pagan, Letteratura poliziesca, Libri

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