giovedì 27 maggio 2010

E' l'ora di diventare disertori

Stanno sparando sulla croce rossa

INFORMARE PER RESISTERE.


L'Italia è malata, bastoniamola!

di Roberta Carlini - sbilanciamoci.info.



Tremonti si accoda nel vento europeo con la sua manovra di emergenza. Nelle stesse ore, l'Istat diffonde i numeri del paese, che mostrano i guasti già fatti da una recessione che con i nuovi tagli potrà solo approfondirsi, in una spirale pericolosa.

Il debito pubblico italiano è troppo alto in rapporto al Pil? Certo che sì. Serve a qualcosa, la manovra da 24 miliardi sobriamente definita da Tremonti “un tornante della storia”? Certo che no.

Da tempo gli economisti (solo alcuni per la verità) cercano di spiegare quello che i bambini di solito studiano in quarta elementare, cioè le frazioni: se scende il numeratore, ma contemporaneamente scende anche il denominatore, non è detto che il valore del rapporto si riduca.

Anzi può persino aumentare: dipende (nell'aritmetica) dall'entità delle rispettive riduzioni, e (nell'economia politica) dalla strada che si prende per la discesa.

In parole povere: se scende il debito, ma scende anche il Pil, il rapporto può persino peggiorare.

Il Rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del paese, diffuso per coincidenza nello stesso giorno della manovra ci aiuta a capire che proprio questa è la dinamica in cui ci siamo infilati; mentre un documento come la “contromanovra” di Sbilanciamoci! ci aiuta a pensare a strade alternative per una discesa sostenibile.

Le cifre dell'Istat. La quantità di informazioni è sterminata, e ciascuno se ne può fare un'idea direttamente (prima che il Gasparri di turno dica che a lui risultano altri numeri, o che si decida di chiudere anche l'Istat dopo l'Isae e l'Isfol).

Semplificando al massimo, l'Istat quest'anno ci dice due cose:

1) che la crisi economica in Italia è peggiore che in altri paesi europei: nel biennio 2008-2009 la flessione del Pil è stata del 6,3%;

2) che l'hanno pagata, finora, soprattutto i giovani, protagonisti della fascia del mercato del lavoro sterminata dal taglio dei contratti atipici, e le donne, che vanno ad aumentare la fascia degli inattivi per “scoraggiamento”.

Di tutto il capitolo 3 (Gli effetti della crisi su individui e famiglie) andrebbe data pubblica lettura nelle sedi in cui si discuterà e voterà la manovra; basti citare due dati: nel 2009 il reddito disponibile delle famiglie è sceso del 2,9% e il potere d'acquisto procapite è sceso sotto il livello del 2000.

Ma, restando ai conti pubblici, concentriamoci sulla prima parte della storia: l'avvitamento tra crisi, deficit e debito. I governi dei paesi europei hanno speso di più, mentre le entrate rallentavano e il Pil scendeva. Così per l'insieme dall'area dell'euro il rapporto tra debito e Pil è passato da 69,4 a 78,7%, mentre l'indebitamento netto (il deficit annuale) è salito dal 2 al 6,3%.

In questo quadro, l'Italia occupa una posizione particolare: mentre gli altri hanno speso molto di più per sostenere le banche, la nostra spesa pubblica è cresciuta di meno e soprattutto in relazione all'aumento della cassa integrazione; inoltre, anche la riduzione delle entrate è stata meno forte di quella degli altri (per effetto dello scudo fiscale).

Però, “in ragione della forte caduta del Pil e del livello elevato del debito”, i conti alla fine sono peggiori di quelli degli altri: il rapporto debito/Pil sale da 106,1 a 115,8 e l'indebitamento da -2,7 a -5,3. Siamo partiti da un debito più alto (numeratore), siamo scesi con una caduta più rapida del Pil (denominatore).

Emergenza pubblica. Di fronte a queste cifre, chi vuole può continuare a pensare che l'emergenza sia nei numeri del debito pubblico – che è troppo alto sì, ma da qualche decennio – e non in quelli della disoccupazione, inoccupazione, spreco di risorse. Può dimenticarsi l'opportunistica riscoperta keynesiana di qualche mese fa, buona per tamponare le falle finanziarie, e tornare a una visione smemorina dell'economia e della politica economica, quella che dice che affamando lo stato (e i suoi impiegati, nel caso specifico) si risolleva l'umanità.

Deve comunque poi spiegare come fa a togliere risorse all'economia senza deprimere l'economia; a tagliare gli stipendi agli insegnanti convincendoli però ad andare a fare shopping e vacanze nel tempo libero; a bloccare le assunzioni e i nuovi contratti chiedendo nel contempo ai ragazzi di uscire di casa e magari comprarsela anche, una casa; a continuare a dare cassa integrazione in deroga senza far niente perché le deroghe cessino di essere la norma.

E' vero che in questa trappola – il rigore in recessione, bastonate sul malato – è caduta tutta l'Europa, ma è anche vero che ci sono malati e malati, bastonate e bastonate (nonché medici e medici: la lotta all'evasione fiscale fatta subito dopo il regalo ai capitali evasi all'estero e in contemporanea col condono edilizio è uno spettacolo inedito persino per il paese che costruisce ad Agrigento nella Valle dei Templi).

Si può fare qualcosa di diverso, per raddrizzare i conti e re-indirizzarli?

Qualcuno pensa di sì, e ci prova. Il documento della campagna Sbilanciamoci!, che si può leggere nell'allegato, mostra in successione una serie di mosse possibili. Sulla base delle quali vorremmo far partire su questo sito una riflessione: criticatele, smontatele, integratele, proponetene altre. Discutiamone.




In allegato pdf, le controproposte della Campagna Sbilanciamoci!


NOTE RAPIDE 4- contromanovra.pdf 237,69 kB.



http://www.megachipdue.info/tematiche/kill-pil/3795-litalia-e-malata-bastoniamola.html

martedì 25 maggio 2010





Piergiorgio Odifreddi: «Volevo fare il Papa e ora sogno Porta Pia»

Il matematico Odifreddi intervistato da Sabelli Fioretti





La prima volta Claudio Sabelli Fioretti e Piergiorgio Odifreddi si sono incontrati sul “camino de Santiago ”. Entrambi non sono credenti, hanno camminato insieme per una settimana. Ne è nato il libro-intervista “Perché dio non esiste”, in libreria dal 27 maggio, edito da Aliberti. (IlFattoQuotidiano.it)


Ho fatto il seminarista a Cuneo
Su Wikipedia c’è scritto che sei stato in seminario a Cuneo.

La scheda su Wikipedia me la sono fatta da solo.

Da solo?

Era un pasticcio quella pagina lì. L’avevano fatta dei cattolici pazzi fondamentalisti. Allora ho deciso di cambiarla. Chi mi conosce meglio di me? Alla fine è venuta una specie di autobiografia. Solo che i gestori del sito mi interrompevano. Dicevano: «Lei sta facendo del vandalismo». Io rispondevo: «Guardate che io sono Odifreddi». Loro non ci credevano. «Odifreddi non scriverebbe queste cose».



A che cosa non credevano?

Proprio al fatto che fossi stato in seminario.

Effettivamente, un mangiapreti come te…

Sono diventato un mangiapreti proprio perché sono stato in seminario.

Sei stato anche quattro anni dalle suore Giuseppine.



Non mi sono fatto mancare niente.

Su Wikipedia c’è anche scritto che il nunzio apostolico alle Nazioni Unite, Celestino Migliore, racconta che te ne sei andato dal seminario perché avevi calcolato che c’era bassa probabilità per un italiano di diventare Papa nell’era postconciliare. Volevi far carriera.



Esatto. Io non volevo diventare prete, volevo diventare Papa.

Mica male come obiettivo.



Mio padre era una delle poche persone di Cuneo che aveva la televisione negli anni Cinquanta. Io la guardavo e vedevo solo due personaggi: Pio XII e Mike Bongiorno. Erano loro i due modelli fra i quali scegliere. Io scelsi Pio XII. Anche se poi sono diventato più come Mike Bongiorno.

Visto che non potevi diventare Papa, te ne sei andato dal seminario.



Mi ero rotto le scatole, non ero adatto. Non ero in grado di obbedire, non sapevo stare alla disciplina.

Tuo padre fu contento?



Certo. Mio padre voleva che facessi l’ingegnere, o l’architetto, perché lui era geometra. Quando io me ne andai dal seminario e mi laureai in matematica fu così contento che si laureò anche lui.

Hai rimpianto il seminario?

Era giusto che me ne andassi. La religione è un fatto infantile. Va bene per i bambini, fino alla pubertà, poi basta. La religione affronta le grandi domande e dà risposte banali. Però la scuola un po’ la rimpiango.

Quattro anni, le elementari, con le Giuseppine e tre anni, le medie, con i preti.

Si studiava bene. Soprattutto facendo il paragone con quello che si vede oggi. I preti mi hanno insegnato a studiare. Quando facevo il seminario, a tredici anni, mi alzavo alle sei e mezzo, mi mettevo al tavolino e finivo la sera alle sei. E poi andavo a letto presto.

Anche adesso gli istituti religiosi sono meglio delle scuole pubbliche?

Temo di sì, anche se insegnano un sacco di cazzate. Le scuole pubbliche non hanno un controllo capillare e quotidiano del ragazzo.

Eri bravo a scuola?

Fino alle medie. Un po’ meno quando studiavo da geometra. Comunque meglio di Flavio Briatore che veniva nella mia stessa scuola ed era proprio uno zuccone.

Eravate amici?

Non mi ricordo di aver mai scambiato una parola con lui. Era un fagnano.

Un fagnano?



Uno che non faceva niente. A Cuneo tutti se lo ricordano. Finito il geometra, si mise in società con un tal Dutto, che un giorno saltò in aria con tutta la macchina. Puoi immaginare a Cuneo. Non siamo abituati alle auto che esplodono. Briatore scomparve da quel giorno. Quando riapparve era ricchissimo.

Aveva fatto carriera… Benetton… la Formula 1…

Io rimango della vecchia idea che nessuno può costruire un impero dall’oggi al domani.

Sento che stai cominciando a parlare di Berlusconi…

Ecco, appunto.

Mangiapreti e antiberlusconiano. Sempre a prendersela col povero Silvio. E gli Agnelli? Vogliamo parlare degli Agnelli?

Certo. Parliamone. Vatti a leggere la biografia del vecchio Agnelli, il senatore: processi, truffe, collaborazionismo con il Partito fascista, sindacati gialli.

I ricchi sono potenti e disinvolti. Sai che scoperta. Perché mi dici queste cose?

Per spiegarti che non sono antiberlusconiano più di quanto non sia anti-Fiat.



Nella tua scheda, su Wikipedia, hai scritto: «In Unione Sovietica Odifreddi ebbe un’insolita avventura, dalla quale lo tirò fuori Giulio Andreotti…»

Ero andato là per studiare e avevo cominciato a frequentare molti dissidenti. In Italia ci fu un caso di spionaggio industriale: due spie sovietiche, coinvolte in traffici di brevetti industriali, furono arrestate. I sovietici si seccarono e come ritorsione presero tre italiani. Io ero uno dei tre.

Tu eri una spia?

Ma figurati. Mi accusarono di tutto, a cominciare da cambio illegale di valuta e poi di qualsiasi altra cosa. Teoricamente rischiavo la pena di morte. Loro mi dicevano: «Non si preoccupi. Non condanniamo quasi mai gli stranieri alla pena di morte. Lei deve stare tranquillo, prenderà quindici anni di lavori forzati».

Eri in galera?

No, peggio, in Siberia. Ero libero, ma dove andavo? Intervenne Giulio Andreotti, ministro degli Esteri, che organizzò lo scambio dei prigionieri. Tornato in Italia ebbi i miei cinque minuti di gloria mediatica promessi da Andy Warhol.

Quindici minuti.

Io ne ebbi solo cinque.

Cominciamo a parlare del Papa
Gli italiani impazziscono e ti eleggono premier. Quale legge faresti per prima?

Toglierei i finanziamenti alla Chiesa. Sai che il Vaticano possiede un quinto del patrimonio immobiliare italiano? Una casa su quattro a Roma è del Vaticano.

Ce l’hai sempre col Papa.

Ricomincerei dalla breccia di Porta Pia. Rimanderei il Papa a Gerusalemme. È da lì che viene, quello è il posto suo. Bisogna liberarsi del fardello vaticano. Ma farei di più.

Di più?

Tempo fa il Papa è andato a Genova sull’elicottero dell’aeronautica militare. Ma per quale motivo l’aeronautica militare deve destinare un elicottero al trasporto del Papa? Chi paga? Se ne stia a casa sua. Sai che quando il Papa va all’estero il volo di andata è sempre offerto dall’Alitalia, che usa un intero aereo per lui e i giornalisti al seguito? Basta soldi statali al Papa. Chi vuole il Papa finanzi il Papa.

Mi inchino a Rita Pani


Esortando l'italiota

di Rita Pani, da "Informare per Resistere"

Ora, italiota, dimmi come ti senti quando i criminali che hai votato ti annunciano che dovrai fare sacrifici. Non tu italiota medio borghese, che regolarmente evadi il fisco, che sfrutti nella tua azienda l’extracomunitario, che non hai problemi ad andare a fare il pieno alla macchina, tanto te lo paga l’azienda; o tu, italiota che “gli altri” hanno privilegi e tu rubi lo stipendio. Tu, italiota che vorresti essere un piccolo borghese e invece sei uno schiavo, che hai votato i criminali in attesa d’essere almeno un po’ uguale a loro.

Dimmi come ti senti quando il terreno sul quale pensavi di aver ben radicato i piedi, inizia a franare nell’incertezza del domani. Pensa italiota, pensa. Lo so che non è semplice, che non ci sei abituato, che hai difficoltà a discernere a separare la merda dalla nutella, ma prova a fare uno sforzo. Pensa a quando andavi al supermercato e sceglievi i prodotti per il colore della confezione, e guardati oggi, mentre giri tra una corsia e l’altra a gettare lo sguardo sul cartellino del prezzo. Tu, italiota, non sei come il tizio. Tu sei come noi.

Ascolta il tizio che ti parla, italiota. Pensa a tuo padre, a tuo zio, a tuo nonno col cancro, che a mala pena hanno potuto permettersi una visita presso uno di quelli ospedali che hanno i letti anche nei locali caldaie, e poi ricorda che lui, il tizio, forse poteva anche non essere operato “perché ha una grande fiducia in sé stesso”. Ce la puoi fare italiota a comprendere che tu, tre specialisti per un cancro non potrai vederli mai, e ti dovrai accontentare e sperare che il medico che ti prenderà in cura sia uno di quelli che ancora fa il suo mestiere con passione e dedizione.

Guarda alla vita, italiota, alla tua. Ascolta la tua compagna che ti dice quanto le piacerebbe avere un bambino, e ascoltati mentre le rispondi che: “non ce lo possiamo permettere.” Ragiona sul fatto che oggi, per certe donne, avere un figlio è come era un tempo avere una pelliccia. Guardati mentre fotti il tuo collega perché non sai quanto ancora potrà durare il tuo contratto. Poi pensa a quanto sia fondamentale la legge sulle intercettazioni telefoniche perché tu, come me, non dovrai più sapere quanto criminali siano i mafiosi e i piduisti che hai mandato a depredare il paese (e la tua vita).

Coraggio italiota imbecille! Ce la puoi fare un’altra volta ancora ad andare a votare e mettere la tua firma – una croce – sul simbolo (fallico) che tanta speranza ti ha dato, se non altro di non cadere in mano ai comunisti, quelli sporchi e cattivi che forse avrebbero potuto continuare a garantire a tuo padre d’essere curato e a tuo figlio di essere erudito. Hai sentito? C’è la crisi, come in Grecia ma un po’ meno, come nel mondo ma meno che in Portogallo. Anche i partiti prenderanno meno soldi, un euro in meno per ogni cittadino iscritto nelle liste elettorali. Lo sai italiota che votammo un referendum per non dar più nemmeno un centesimo a questa banda di ladri? E poi, tu che dici? In proporzione, toglieranno più dalle tue briciole o dal loro piatto farcito?

Dai italiota, provaci davvero a contare, e se non ce la fai mentalmente, usa le dita delle mani e dei piedi: posto che servono 24 miliardi di euro, quanti ne servirebbero se si potessero recuperare i miliardi che si sono fottuti soltanto negli ultimi due anni, grazie anche al tuo voto da idiota?

Ce la puoi fare a comprendere chi sei,italiota, ne sono convinta.

Rita Pani (APOLIDE)

Nichi e la crisi del centrosinistra


Vendola attacca la manovra

"Grande opera di macelleria sociale"
Il governatore pugliese e leader di Sinistra e libertà risponde alle domande dei navigatori. "Con il taglio agli Enti locali tolgono ai cittadini senza prendersi responsabilità". Polemico con Bersani: "Non si risolvono problemi con le parolacce"

di ANNALISA CUZZOCREA da Repubblica online

ROMA - Una manovra economica che fa macelleria sociale, e contro cui bisogna organizzare una grande rivolta popolare. Un centrosinistra che non sa più parlare al Paese, che cerca la modernità nelle parolacce, e che nonostante questo continua ad apparire antico. Un'alternativa alle destre da costruire facendo una rivoluzione culturale, abbandonando l'ottica spartitoria del potere, riconnettendosi con l'Italia vera e smarrita. Nel videoforum di Repubblica Tv 1 - 380 messaggi in tempo reale - il leader di Sinistra ecologia e libertà e governatore della Puglia Nichi Vendola non fa sconti a nessuno: né al governo, né ai suoi alleati. Non perdona a Bersani la parolaccia contro il ministro dell'Istruzione Gelmini. Non perdona a Tremonti una manovra che colpisce sempre gli stessi, i deboli, i non colpevoli.

Cosa pensa di questa manovra?

"Giungono rumori di guerra da Palazzo Chigi. Hanno giocato a nascondino per due anni, hanno avuto paura di confrontarsi con quello che accadeva nel resto del mondo: l'esplosione di una bolla speculativa che riassumeva la follia di un ventennio di ubriacatura liberista. Hanno giocato a nascondere la crisi, l'Europa si è occupata prevalentemente di risarcire quei soggetti che ne erano stati i protagonisti, coloro che hanno portato il mondo sull'orlo di un precipizio. E oggi questa decisione determina i propri effetti. I giovanotti delle agenzie di rating bocciano la Grecia, la Grecia comincia a tremare, dopo la Grecia è il turno del Portogallo, della Spagna, e ora appaiono nuvole nere anche sul cielo d'Italia. Ma cos'è questa crisi? E' qualcosa che ha a che fare con le viscere della terra e del creato, l'ha portata la cicogna? E' la crisi di un mondo che è stato imprigionato da gruppi sofisticati di rapinatori, da un ceto mondiale di rapinatori travestiti da procacciatori finanziari, da acrobati della finanza internazionale. Ma come si può immaginare di proporre a un lavoratore o a un pensionato il sacrificio - fosse pure di un euro - se prima non si spiega come si intende cambiare questa logica perversa? Se non si pone fine all'allegra finanza degli speculatori e degli squali che attraversano gli oceani dell'economia mondiale producendo questo disastri? Se non si chiede scusa al lavoro che è stato umiliato, offeso e marginalizzato e non si ricostruiscono le regole del gioco a livello planetario?"


Il governo ripete che non metterà le mani nelle tasche degli italiani.

"Mettono le dita negli occhi degli italiani. Siamo a un livello di dramma sociale che viene occultato e nascosto dalla propaganda. Bloccare per anni i contratti dei lavoratori del pubblico impiego, 1100-1200 euro al mese, significa produrre un effetto depressivo sull'economia nazionale, ridurre la platea dei consumi e dei consumatori, stare dentro l'onda della recessione. Pensare di poter bloccare l'andata in pensione di chi l'aveva programmata, pensare di togliere agli enti locali un numero impressionante di risorse, è assurdo. Loro non mettono le mani nelle tasche degli italiani, ma io non avrò più un euro per pagare i servizi sociali o per pagare la viabilità. Quello che fanno è un'operazione di trasferimento a qualcun altro della responsabilità della più grande opera di macelleria sociale della storia italiana."

Chiarissima l'analisi, questa crisi è costretto a pagarla chi non l'ha causata. Ma ora cosa bisogna fare? Napolitano ha auspicato che l'opposizione in Parlamento condivida la manovra.

"Se le misure fossero eque, ma per essere eque bisogna riesumare una parola che è stata maledetta e proibita in Italia: la parola tasse. Al primo punto bisognerebbe mettere la possibilità di colpire i grandi patrimoni, la rendita parassitaria, le transazioni finanziarie. Colpire quegli evasori che avevano portato milioni di euro all'estero. Ma si possono scaricare 24 miliardi di euro per intero sul lavoro dipendente, sui pensionati, sulla povertà, sulla fragilità? Si parla molto dello scandalo dei falsi invalidi, si parla poco dello scandalo dei veri invalidi che devono scalare le alpi della burocrazia per veder riconosciuto il loro diritto all'accompagnamento. Questo è diventato un paese feroce, e con questa manovra finanziaria la ferocia si fa stato. Tremonti ci chiama a condividere cosa? Il suicidio degli enti locali, il suicidio delle regioni, delle province, dei comuni? No io non mi assumo questa responsabilità."

Uno spettatore le chiede la sua opinione sulle ricette di " flexsecurity" del Pd sul lavoro, ricette su cui peraltro il Pd all'ultima assemblea non è riuscito a trovare un accordo.

"La flessibilità è un obiettivo straordinario in una società che realizza la piena occupazione. In un Paese in cui la disoccupazione in gran parte del territorio è a due cifre la flessibilità è un trucco semantico, è soltanto la mafia delle parole che consente di chiamare flessibilità ciò che è precarietà. E la precarietà oggi non è solo una condanna per chi ha contratti atipici, l'intero mondo del lavoro è turbato da questo sentimento di precarietà. Il lavoro è scomparso dalla scena pubblica. I media parlano del lavoro solo nelle rubriche di cronaca nera. Abbiamo di fronte a noi la prima giovane generazione che è compiutamente al di fuori dell'idea del lavoro come prospettiva, come futuro. Una generazione compiutamente precarizzata non solo nella sua proiezione produttiva, ma nella sua immagine di futuro. Questa è una tragedia. Qui c'è il vero problema della sinistra: per contestare questa roba qui bisogna rimettere il lavoro al centro della scena sociale. Ll'economia non c'è se non c'è il lavoro, se non c'è la produzione di beni e servizi c'è un'economia cartacea, quella delle agenzia di rating, dei piccoli gangster travestiti da manager esterofili. Questo è un punto culturale, sociologico e politico che chiama in causa il mestiere della sinistra. La sinistra da troppo tempo non ha un mestiere perché non si occupa più sul serio di questo tema."

Come risponde a chi le chiede di lanciare la sfida al centrodestra, al governo e alle vecchie classi dirigenti del centrosinistra?

"A sinistra non è possibile immaginare ricette taumaturgiche. A sinistra si è consumata una gravissima sconfitta che non è solo quella elettorale, ma è una crisi di cultura, di prospettiva, di narrazione, di egemonia. Berlusconi non ha vinto mica perché è stato un bravo amministratore, ma perché ha dato forza a un racconto strabiliante assolutamente manipolatorio nei confronti della psicologia di massa. La sinistra cosa gli ha contrapposto? Berlusconi è stato la proiezione in politica di quello che è avvenuto nei lunghi pomeriggi televisivi, quando la formazione culturale di un paese è stata surrogata dalle Isole dei famosi, dai Grandi fratelli, da un'ideologia e da un'idea della vita e della società miserabile, meschina, mercantile. Non può pensare la sinistra che basti una parolaccia per recuperare un codice di comunicazione con la realtà, per recuperare l'alfabeto perduto, il vocabolario perduto. La sinistra non sa più parlare alla gente e non sa più capire la gente. Oggi potremmo usare l'occasione drammatica della crisi economica e sociale per provare a recuperare un rapporto di verità con il paese, con le sue sofferenze e le sue aspettative. Lì c'è il cantiere dell'alternativa, l'alternativa non può nascere dalle alchimie di palazzo, sperando che un pezzettino dell'altra parte si possa staccare e venire in soccorso. Di lì non nasce niente. Dobbiamo soprattutto parlare alla società italiana e alle giovani generazioni, essere la sinistra che dà speranza perché organizza le lotte. Una sinistra che fa un mestiere antico ma nelle forme più moderne e più flessibili. Invece riusciamo a usare il peggio della modernità - la parolaccia - continuando a sembrare conservatori. C'è bisogno che tutte le forze del centrosinistra si accorgano della propria inadeguatezza e si lascino aiutare nel rapporto forte con la società civile, con i movimenti e con le associazioni. Provino a costruire un cantiere di autorigenerazione."

E da cosa si parte?

"Ad esempio, l'immigrazione. Noi non possiamo immaginare sull'immigrazione un discorso di contenimento dei danni delle leggi razziali e del razzismo che è insito in questa classe dominante. L'Italia dei roghi di Ponticelli, l'Italia di Rosarno, della mensa negata a un bambino, del bianco Natale cantato perché bisogna fare il Natale dei bianchi, l'Italia di una sommessa e ordinaria pulizia etnica è un'Italia schifosa, melmosa, putrescente. Contro di essa bisogna far vivere l'altra Italia, quella che ha memoria della sua storia, storia di migranti. Non si può essere sceriffi di sinistra, non si può essere un po' meno razzisti perché non vincano i razzisti. Su questo tema il centrosinistra ha bisogno di riscostruire una politica, un racconto di verità."

Lei la questione morale l'ha guardata in faccia cambiando la sua giunta quando sono arrivate le inchieste sulla gestione clientelare della sanità in Puglia. Pensa che il Pd non stia facendo abbastanza?

"Secondo me c'è un'idea così diffusa di politica come cinismo e affarismo e c'è una tale soggezione della politica al mercato che la realtà è questa. Perché la politica è corrotta, perché è debole. Ha ceduto il passo ad altri poteri che prendono decisioni sulla vita di tutti e non in sedi democratiche, non in modo trasparente. La politica - per combattere la corruzione - deve innanzi tutto riprendersi sovranità sulle scelte di un Paese. L'Italia sta uscendo dalla chimica di base: l'ha deciso il parlamento, l'ha deciso il governo, l'ha deciso qualcuno? E dov'è un tavolo su questo. Mentre poi sul versante del nucleare io non ho capito: ho l'impressione che abbiamo fatto due patti, uno con Sarkozy e uno con Putin. La partita la stiamo giocando in due casinò differenti, e questo potrebbe costarci caro anche in tema di relazioni internazionali."

Lei ha definito i partiti ossi di seppia, non è ingeneroso da chi viene da una lunga storia di partito? Cosa sono e cos'hanno le sue fabbriche in più di un partito?

"I partiti sono diventati molto simili a quella metafora che il presidente del Censis De Rita usa per definire l'Italia: mucillagine. Sono la rappresentazione di un'Italia frammentata per interessi di corporazioni, di caste, di lobby o di campanili. Il partito come luogo di costruzione dell'interesse generale, di protezione dei beni comuni, dov'è? Le fabbriche cui ho offerto il mio nome, le fabbriche di Nichi, sono luoghi in cui è abolita la cosa fondamentale che ci ha berlusconizzati tutti: la vita politica fondata sulla competizione. Lì c'è la cooperazione, non si viene eletti a niente. Sono un tentativo di connessione tra la rete e la piazza, e hanno assunto l'idea che si può coniugare la politica alla bellezza. Sono l'idea che la politica dev'essere un principio di ricostruzione della comunità. Per me sono state un osservatorio su quanto è grande la speranza di cambiamento. Nella mia testa il partito è stato sempre un mezzo, non un fine. Io mi sento innamorato dell'idea che si può ancora contribuire a cambiare la vita e a cambiare il mondo. Vediamo gli strumenti utili per il cambiamento."

La sua vittoria è stata percepita come una minaccia, ora si parla di Vendola come colui che sta dando la scalata al Pd, si agita il fantasma di un ticket con Veltroni. Hanno paura di lei?

"Tutto questo è vero ed è molto triste. Per me è triste sentirmi percepito come l'altro gallo che entra nel pollaio, come un uomo in carriera, mi dà molto fastidio. Io mi percepisco come una persona che si sente profondamente sconfitta rispetto alle cose che pensa e che ha sognato tutta la vita, e che si ritrova a gestire un laboratorio importante e controcorrente - come quello pugliese - ma in un Paese che ha smarrito i propri codici civili. Mi sento disperato per le cose che accadono nel mio Paese e vorrei fare qualcosa perché si determinasse non la carriera di qualcuno, o la sostituzione di ceti dirigenti ad altri ceti dirigenti, ma la riforma intellettuale e morale - per dirla alla Gramsci - di questo Paese. E' un paese smarrito, è possibile che la discussione sia su di me, su quello che voglio fare domani o dopodomani? Io voglio dare un contributo nel modo che so offrire, che è quello della mia comunicazione con la gente e della voglia di sparigliare i giochi degli alchimisti del centrosinistra, degli strateghi della tattica che dominano la scena del centrosinistra."

Ma l'alternativa la possono costruire insieme Pd, Sel, Italia dei Valori, magari anche l'Udc o comunque si chiami?

"E' sufficiente la buona volontà o c'è un problema politico? Siamo davanti a elezioni importanti come le comunali di Napoli. Il fatto che il candidato del centrosinistra sia subito diventato assessore nella giunta Caldoro ci dice qualcosa? Il fatto che la contesa non sia sul profilo di una città ma sulla spartizione di posti di potere ci dice qualcosa? Dov'è più la discussione sul governo del territorio, sul risanamento delle aree periferiche, sulla sfida energetica, sulle nuove povertà, sull'inclusione dei bambini, sulle politiche per i migranti? Nel campo nazionale l'alternativa può cominciare subito, a condizione che sappiamo leggere tra le carte di Tremonti, se ci liberiamo dall'illusione di un Tremonti che si presenta come un neutro risanatore delle finanze pubbliche. Tremonti è la copertura migliore di un mondo, di una classe, di una politica e di un'economia che hanno fallito e che hanno fatto male al Paese. Bisogna combatterlo frontalmente."

Il Pd quindi questa manovra non la deve votare?

"Il Pd - insieme al resto del centrosinistra, ai sindacati, al tribunale per i diritti del malato - deve organizzare una grande rivolta popolare contro la manovra economica della destra. Per potersi sedere a quel tavolo e poter dire: " Facciamo una manovra condivisa" le prime carte che bisogna vedere sono quelle che parlano di tasse ai ricchi, altrimenti a quel tavolo non ci si può sedere."

Ci doveva essere una convention a Firenze per lanciare la sua candidatura alle primarie per la guida del centrosinistra nel 2012, oggi non sappiamo neanche se ci saranno quelle primarie. Se ci fossero lei si candiderebbe?

"Io mi batterò fino allo stremo perché ci siano le primarie. La convention a Firenze è saltata perché invece che essere l'inizio di una ricerca sulle parole che ci mancano era diventata una danza della morte dei partiti su questo oggetto misterioso. Per quello che mi riguardava era meglio fermarsi lì, mentre fuori dai partiti ci sono domande, esperienze, un sapere che noi faremmo bene ad accogliere. Le primarie sono il minimo per sopravvivere. L'idea di mettere in discussione l'unica forma che è stata inventata di dissequestro delle scelte politiche fondamentali sequestrate in segreterie di partiti che sono diventati la roba di cui ho parlato è un'idea folle. La sinistra non può vincere se va in un laboratorio di chirurgia estetica a trovare una maschera di Berlusconi di sinistra da mettere in faccia a qualcuno. La sinistra vince se contro Berlusconi è capace di convocare un popolo che si appassiona a un'idea di futuro."

Un grande Robecchi , as usual



Vergogna! Il governo fa il condono senza dirlo: hanno la faccia come il Lupi

- di Alessandro Robecchi -



La crisi è alle spalle, ci ha ripetuto per circa un anno un pensionato di Arcore, certo S. B., contro ogni logica capo del governo italiano. Ora, che avessimo qualcosa alle spalle era sicuro, ma sembrava di più un enorme uccello padulo, e la crisi, invece, era ben visibile lì davanti al naso.

Ora che è alla ricerca affannosa di 25-28 miliardi di euro necessari dopo due anni di disastrosa gestione economica e di un’attività di governo tutta votata ai cazzetti suoi, anche il signor S. B. parla di crisi. Non lui, certo. Ha mandato avanti Gianni Letta a dire che sarà una manovra dolorosa.

Il signor Tremonti (che negli ultimi 9 anni ha gestito l’economia italiana per 7 anni buoni, e i risultati si vedono) prepara alcuni dei suoi scherzetti. Tra questi, il condono edilizio. Cioè una specie di scudo fiscale per circa due milioni di case sfuggite fino ad ora al catasto (e quindi alle tasse) a cui far pagare un balzello. Fin qui tutto normale: la solita rapina e il solito regalo ai furbetti. Non sfugge al solito copione la richiesta di aiuto da parte di opposizione e parti sociali.

Finché si trattava di governare l’immunità del signor S. B. tutti a spalare merda su chi non ci stava, ora che sono col cappello in mano a chiedere soldi, eccoli implorare la collaborazione di tutti. Scommettiamo che quei geni del Pd ci cascano con tutte le scarpe. In questo bello scenario, si inserisce il genio politico di Maurizio Lupi (Pdl, ascendente Cl), che ieri si è inalberato.


Ecco la sua frase tra virgolette: "Bisogna aspettare il testo, altrimenti ci sono commenti e critiche basati su cose che non corrispondono alla realtà come, per esempio, un fantomatico condono edilizio". Ecco, secondo Lupi il condono edilizio non c’è, anzi "è fantomatico". Ah, si? Strano, perché nei documenti che girano sulla manovra c’è scritta una frase che suona così: "Accertamento sulle case non censite". E sapete cosa vuol dire in italiano? Vuol dire condono edilizio.

Ora, noi saremo pure un po’ ingenui, ma fessi col botto no. In più, è incredibile che a darci lezioncine sia questo signor Lupi che secondo molti da giovane faceva l’attore. Come spiegare altrimenti la straordinaria somiglianza con Mariangela, la mostruosa figlia di Fantozzi?

Nella foto, Maurizio Lupi com’era ai tempi in cui recitava nei film di Fantozzi e com’è ora. Era meglio prima, non c’è dubbio.

Alessandro Robecchi - alessandrorobecchi.it

lunedì 24 maggio 2010

Face to face con il caos

"La Strategia del Caos"

In occasione della prossima uscita del quarto numero di COMetA, “La strategia del caos”, la Libreria Rinascita ospita una serata di anticipazioni delle tematiche affrontate sul numero che troverete in libreria dalla seconda metà di giugno.

L'ordine del mondo (ammesso che mai ce ne sia stato uno) è ormai saltato. Forze oscure e potentissime pretendono di avere le mani libere, l'impunità garantita e un lucroso risarcimento per i danni che procurano al pianeta e ai suoi abitanti. E' l'edizione riveduta e (ancor più) scorretta del liberismo selvaggio e del fallimento della globalizzazione. L'obiettivo è seminare il caos e gestire terroristicamente la paura della catastrofe. Per completare il quadro, è bene che si capisca il meno possibile di quanto sta accadendo, perché non si sia attraversati dalla tentazione di protestare e ci si attrezzi alle contromisure di ultima istanza. Serve anche, in Italia, tagliare le lingue a quel che resta dell'informazione e i fili a quella magistratura che non si adegua. Basteranno le briciole di opposizione e le “buone pratiche” di amministrazione che emergono qua e là?

Un rapporto di causa effetto. E la crescente contraddizione tra la complessità raggiunta dalla nostra civiltà e le nostre capacità di garantirne il mantenimento.
Quanto è difficile, per i nostri giorni, accettare che un vulcano dal nome impronunciabile possa causare enormi danni economici ad un’ampia fetta della comunità internazionale? Abbiamo sperimentato che possiamo andare tutti in tilt per un solo vulcano. A quanta parte della nostra complessità siamo pronti a rinunciare? Siamo pronti, ad esempio, ad un black out di internet anche solo per un minuto? Sono questi gli interrogativi che ci portano a riflettere sui segnali che sempre con maggiore intensità si presentano ai nostri occhi. Siamo difronte a “sintomi”, come il vulcano Evjafjallajokull e il disastro ambientale Deepwater orizon, che brutalmente incombono sulla società umana, smascherando falsi equilibri dietro i quali troppo superficialmente ci si nasconde per giustificare manovre contro il corso naturale degli eventi. La natura qui non c’entra, se non per quella sua parte anomala che è l’uomo. Non solo la complessità costa, ma tutto ad un tratto ci rendiamo conto che la stessa complessità ci rende fragili di fronte all’imprevisto e all’imprevedibile.

E’ su questi aspetti che COMetA, in occasione della giornata di presentazione con alcuni autori, vuole accendere i riflettori, invitando ad interpretare i sintomi di un evitabile declino che si presenta sotto forma di turbolenze, a prima vista inspiegabili, ma sempre più intense e numerose.

L’Italia si presenta nel pieno di una crisi di portata storica, che investe insieme le prospettive economiche e politiche, gli equilibri istituzionali, i rapporti dei cittadini con lo stato, la convivenza civile, l’identità culturale e i drammatici problemi ambientali del pianeta su scala globale.

Dalle risposte che l’Italia sarà in grado di fornire, si capirà se il nostro Paese, sarà in grado di presentarsi come Paese libero e civile agli appuntamenti che stanno trasformando il mondo e la nostra vita. Per ora regna la strategia del caos.

Interverranno:
Giulietto Chiesa – direttore COMetA
Glauco Benigni - massmediologo
Vittorio Cogliati Dezza - presidente nazionale Legambiente


Per ulteriori informazioni:

Ufficio stampa COMetA
Roberto Secci
ufficiostampa@lauroracomunicazione.it

Segretaria di Redazione COMetA
Eleonora Galbiati
redazione@cometa-online.it

Dio benedica Don Farinella



Don Farinella: La legge bavaglio sarà frantumata dal “fragore” dei Liberi

di Paolo Farinella, prete


E’ davanti agli occhi di tutti che in questa tragica stagione politica che attanaglia l’Italia, il nostro Paese è governato da un governo e da un parlamento costruttori coscienti di disunione e di frammentazione. Chi si autodefinisce «partito dell’amore» (di prostituzione), irride gli Italiani perché sa di creare divisione, odio e vendetta. Costoro sono la malattia che sta uccidendo il cuore della nazione. Dalla porta accanto, dal versante ecclesiastico non arrivano migliori notizie: mentre il mondo cattolico si trastulla con la sindone, esposta a Torino, succede che a Roma, a Padova, e in Italia si consumano orrori e misfatti degni soltanto di Satana e delle sue legioni. Dico questo anche perché c’è un fatto, progettato dal governo in combutta col Vaticano che mi riguarda personalmente e che riguarda ciascuno di voi. Nessuno, infatti, ne è fuori, tanto meno coloro che ritengono che sono fatti che non li riguardano.

a) La legge bavaglio
Si sta cercando di approvare una legge contro le intercettazioni telefoniche che sarebbe meglio chiamare legge a favore delle mafie e della delinquenza. D’altra parte cosa ci si può aspettare da un capo di governo che è maestro di delinquenza? Anche gli Stati Uniti hanno condannato questa legge liberticida e illiberale che favorisce il malaffare, i corrotti, la malavita, le mafie, cioè tutti gli amici e colleghi del presidente del consiglio e suoi chierichetti. Se passa, noi non possiamo più parlare. Dentro questa ignominia c’è una norma che prevede che non si possono intercettare i preti e i vescovi e se nel corso delle intercettazioni, viene sorpreso un prete, anche a sua insaputa, il giudice deve informare il Vaticano o il vescovo. Questa è la moneta di scambio tra il potere corrotto di questo governo e il potere corrotto del Vaticano, del quale nulla mi cale, se non che vorrei che scomparisse dalla faccia della terra. Ogni volta che prendo il telefono o ricevo telefonate, saluto sempre il maresciallo che ascolta e con lui la sua gentile signora. In nome della Pentecoste che è l’esplosione delle lingue, i cattolici e i cittadini devono opporsi a questo sopruso di libertà perché ci tocca nell’anima e nella nostra dignità. Il governo immorale che non rappresenta più l’Italia e il governo che vive sempre prono, come un prostituta venduta per pochi spiccioli, devono sentire «il fragore che scende dal cielo», il vento di Pentecoste che libera le lingue e non le sigilla, che rafforza la verità, non la nasconde. Pentecoste è la celebrazione della dignità di ciascuno e l’esplosione della libertà che vince contro il sopruso del faraone, contro la schiavitù di un popolo intero. Non possiamo tollerarlo e se sarà necessario, oggi vi annuncio che non voglio questo privilegio e farò di tutto per romperlo e per essere denunciato e condotto in carcere perché non rinuncerò mai alla mia dignità di cittadino e di credente consacrato a Pentecoste come uomo libero. Pentecoste è il dono della Parola a tutti a cui nessuno può rinunciare pena la sua condanna. Non obbedirò a questa legge contro la quale mi dichiaro obiettore di coscienza.

b) La Legge, misura della dignità di un popolo
A Pentecoste Israele riceve la Legge come coscienza della sua dignità di popolo. Senza legge non può esistere convivenza civile e senza convivenza civile non può esistere realizzazione personale. Il governo dell’indecenza e il parlamento servo del padrone e coloro che li hanno votati sono responsabili in solido davanti a Dio e ai loro figli del degrado morale e istituzionale in cui stiamo precipitando: i poveri aumentano, i ricchi diminuiscono, ma diventano sempre più ricchi. Per risanare i bilancio dello Stato che questi esseri immondi si sono spartiti con amici e compagni di delinquenza, sperperando denaro pubblico per fare favori, usando la Protezione civile per favorire parenti e amici e mafia, chiuderanno una o due finestre per chi deve andare in pensione, così chi sperava nella pensione alla fine dell’anno, deve aspettare altri sei mesi. Toglieranno gli assegni agli invalidi civili; taglieranno i trasferimenti ai Comuni, cioè aumenteranno le difficoltà e i disagi per la povera gente perché i Comuni saranno obbligati a tagliare nell’assistenza; mentre la scuola e la sanità diventeranno sempre più a livello da quarto mondo. Il governo ha chiesto alla Sardegna di finanziare la regata velica che si svolgerà alla Maddalena con alcuni milioni di euro, che potevano mantenere gli operai della Sulcis per un anno intero.

c) Condono: un insulto agli onesti
Si prospetta un nuovo devastante e terrificante condono edilizio per circa 2 milioni di case abusive: preparatevi a nuove frane, a dissesti ambientali, terremoti, disgrazie e morti annunciate come a Napoli,come a Messina e Catania perché non si può sventrare la terra e costruire come si vuole senza pagarne un prezzo immane. A chi importa? Domani è un altro giorno, diceva Rossella O’Hara. No, domani è oggi perché domani sono i vostri figli, i vostri nipoti ai quali abbiamo tolto il loro presente perché ci stiamo consumando il nostro futuro. A Pentecoste, il vangelo per tre volte riporta il termine «Paraclito» che significa «consolatore/avvocato/difensore». Pentecoste ci chiede di essere i consolatori delle generazioni che vengono dopo di noi e dovremmo lasciare loro un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto; lasceremo invece un deserto di morte dove vivranno una massa di schiavi. Pentecoste ci chiede di essere orgogliosi di appartenere ad un Paese dove la Legge deve essere Legge per tutti, senza distinzione. Se noi tolleriamo che uno si possa fare le leggi su misura per sé e leggi di schiavitù per gli altri come la legge-bavaglio sulle intercettazioni, il condono edilizio e forse anche quello fiscale, la legge che dichiara reato il fatto di essere immigrato clandestino, noi non abbiamo il diritto di essere figli della Pentecoste e della Pasqua perché scegliamo di essere figli di schiavitù e di prostituzione.

d) L’illegalità come le ciliege
Il giorno 7 giugno un ragazzo del centro storico di Genova, Luca, che io conosco e che alcuni mesi addietro, ho difeso con una testimonianza scritta al giudice, sarà condotto dalla Digos di Genova davanti al tribunale con la richiesta che sia messo «sotto custodia cautelare» (ne parlo nella Repubblica locale di domenica 23 maggio 2010). Ecco, è ritornato il fascismo in piena regola. Questa è la conseguenza della legge sulla sicurezza, quella che molti hanno applaudito sulla quale ha sfolgorato il silenzio anche della gerarchia cattolica, quella gerarchia che fornica con il potere di Satana e rinnega il suo mandato di essere profeta di salvezza per il popolo. Quella legge stabilisce che il cittadino straniero senza documenti compie un reato, cioè lo stato di fragilità di una persona che non ha commesso alcun reato, è reato di per se stesso. Ebbene, Luca, contro gli articoli 16 e 21 della Costituzione, è considerato colpevole perché si dichiara «anarchico». Non ha commesso reati, ma ha esercitato il suo diritto di cittadino di volersi opporre a questo Stato oppressore. Non può farlo perché è colpevole di pensare.

e) Governo e Parlamento ricettacolo di delinquenti
A Pentecoste scende il fuoco dello Spirito che libera, ma da noi presto cominceranno con i roghi per impedire che la gente pensa. Io difenderò l’anarchia di Luca, anzi Pentecoste mi fa scoprire che sono più anarchico di lui e vorrei che il mondo s’incendiasse di anarchici che rifiutano l’ordine costituito, che è l’ordine dei cimiteri, l’ordine delle banche e dei politici di accatto che hanno portato a questa crisi che non è frutto del caso, ma figlia di corruzione, di furto, di corrotti e di delinquenti che al governo sostengono altri delinquenti che a loro volta li sostengono per stare al governo. Dobbiamo spezzare questa catena e noi possiamo farlo, perché siamo più forti di loro: siamo onesti, siamo liberi, siamo credenti, siamo orgogliosi della nostra dignità e nessuno ci può prostituire se noi non vendiamo la nostra libertà.

Prove generali per un golpe fascista
Si pensava che colpire gli immigrati senza permesso di soggiorno (che tra l’altro lo Stato nega) fosse solo un modo per scoraggiare l’immigrazione clandestina; ebbene oggi a Genova, dove il tribunale ha condannato tutta la polizia per i fatti della Diaz del G8 del 2001, perché era una banda di delinquenti insieme a coloro che li hanno mandati e oggi li proteggono, ebbene, oggi a Genova prendiamo atto che quella legge sugli immigrati era solo l’antipasto per instaurare un regime autoritario di stampo fascista: anche Luca che immigrato non è, è colpevole per il semplice fatto di dichiarasi anarchico, come l’immigrato che è colpevole per il semplice fatto di essere immigrato. Pentecoste è il dono della Legge e lo Spirito di Dio si comunica a Israele attraverso le Parole solenni della Legge: non possiamo permettere a pigmei e debosciati di avere la meglio sulla Legge e sulla nostra dignità. Questa è Pentecoste.

I preti adoratori del mercato dello Ior
In un paesino dalle parti del padovano, un prete ha rifiutato una bambina all’asilo perché il padre non ha pagato la retta: guarda caso era una figlia di immigrati. Quando succedono queste cose significa che la religione è un impedimento civile e anche la negazione di Dio. Bisogna abolirla. Questa fatto, sconcio e deprimente, vissuto da un prete che dovrebbe togliersi il pane di bocca come il pellicano per «consolare» gli afflitti, i poveri e i diseredati, si sposa con l’altro: sembra che in tutta la rete di corruttela legata agli appalti vi sia implicato lo Ior, la banca del Vaticano, la cloaca del malaffare e anche persone molto vicine al papa, come un suo cerimoniere che invece di cerimoniare intrallazzava con corrotti e ladri.
E’ la decadenza totale di ogni forma di etica e il rifiuto cosciente del vangelo. Lo Ior è sempre stato al centro di ogni malaffare italiano e straniero perché è il crocevia dove Satana fa i suoi affari al riparo da occhi indiscreti. Dio maledica lo Ior che è la negazione della Chiesa e un peccato contro lo Spirito Santo che non sarà perdonato né in cielo né in terra. Ho sempre pensato che Bertone fosse un cardinale ateo che fa finta di creedere, oggi ne sono definitivamente consapevole e questa gente non è degna di rappresentare la Chiesa di Cristo che vive nei poveri, nella gente che fatica ogni mese per arrivare a sopravvivere, che cerca disperatamente lavoro, che trema per i figli, che non sa come pagare il muto della casa che rischia di perdere dopo anni e ani di sacrifici. La Chiesa di Gesù è la Chiesa di Pentecoste, quella che assume la responsabilità della vita e non tiene conto dei propri interessi, ma si fa serva degli ultimi e lo fa in nome di Dio.

L’antidoto: il «fragore dei poveri»
Tutto questo costituisce il motivo della fondazione dell’Associazione «Ludovica Robotti-San Torpete» che abbiamo appena formata per dare un volto a questa Chiesa vera e umana che sanguina con chi sanguina, muore con chi muore, soffre con chi soffre, ma si sente parte viva di una comunità, dove tutti e singolarmente hanno diritto ad essere felici o almeno ad esserlo ogni tanto. Stanno arrivando adesioni da diverse parti d’Italia e cercheremo di dare una mano, non come capita, ma con un progetto misurato sulla persona, sulla famiglia e sui bambini in difficoltà. Non daremo soldi come capita, ma aiuteremo a venire fuori da un momento di crisi o di difficoltà. Non abbiamo soldi da distribuire e tanto meno da gettare, ma possiamo fare piccoli prestiti che chiediamo di restituire senza interessi secondo le proprie possibilità perché chi è stato aiutato, aiuti gli altri, creando così un circuito di solidarietà che supera il concetto di elemosina, ma si situa nel contesto della giustizia solidale.
Questa è Pentecoste: prendere coscienza di essere parte di un popolo che Dio ha liberato, di una comunità e di sentirsi responsabili di ciascuno, di ogni lingua e nazione, senza distinzione di italiani e stranieri, perché Pentecoste è un cammino di unità verso una sola famiglia perché siamo tutti figli di Dio e lo Spirito di Dio agisce nell’Italiano e nell’Africano, nell’Asiatico e nello Rom, in chiunque ha un cuore e un’anima, un corpo affamato e un desiderio di vita. In fondo alla chiesa vi sono i fogli di adesione, chi vuole lo compili e poi ce l’ho restituisca, diventando socio di questa segno di Pentecoste che trapianta i cuori di pietra in cuori di carne nel nome di una bambina, Ludovica, che ha vissuto solo nove mesi, lasciando ci questa eredità luminosa.
L’altro ieri con un’assistente sociale del Comune di Genova, ho preso l’impegno di assicurare per sei mesi parte dell’affitto ad una signora, malata e con sfratto: sarebbe finita a fare la prostituta, anche per la sua fragilità e debolezza. Non possiamo permetterlo. Se sarà necessario venderò anche il calice con cui celebro la Messa, il tabernacolo e l’organo e anche la cappella Musicale, ma non possiamo permettere che Pentecoste non venga anche per lei.

Siamo più forti
Non abbiate paura di uscire dal vostro silenzio, non temete chi può uccidere i vostri corpi, temete piuttosto colui che può uccidere le vostre anime. Faccio il mio appello a tutte le donne egli uomini liberi e degni di essere liberi: opponiamoci ad un potere protervo che vuole impedire la nostra conoscenza della realtà; protestiamo contro la legge-bavaglio e questo governo corrotto servo di corrotti. Opponiamoci ad un sistema clericale che fa «ammuina» con il potere corrotto dei corrotti e nega il vangelo di Gesù. Celebriamo la Pentecoste, riprendendoci la Parola e le parole, la dignità e la libertà perché senza dignità non vi è rispetto, senza libertà non c’è vita. Per darci lo Spirito, Gesù è morto, non uccidiamolo di nuovo a Pentecoste, nel giorno in cui ci dona la dignità di essere persone e di essere persone in un popolo, restando indifferenti di fronte all’omicidio della libertà di stampa e della conoscenza della verità, o almeno dei fatti come accadono. Noi ne abbiamo diritto. Noi non abdichiamo. Noi moriremo per la libertà. Non passeranno perché noi siamo più forti perché onesti e liberi, liberi e pensanti.

(24 maggio 2010)

http://temi.repubblica.it/micromega-online/don-farinella-la-legge-bavaglio-sara-frantumata-dal-fragore-d

NO ALLA LEGGE BAVAGLIO!






Evviva! Almeno Jacopo è ottimista...

Gioite terrestri! Il capitalismo selvaggio sta per finire

- di Jacopo Fo -

Nel caos di questi giorni, con le borse che precipitano ballando il sirtaki, poco risalto e' stato dato a un evento importante.
Scommetto 4 cammelli contro un asino che siamo a un passo da un momento decisivo di passaggio dal capitalismo speculativo a qualche cosa di completamente diverso.
Ancora e' presto per dire come sara' questo nuovo stadio dello sviluppo dell’attuale sistema economico ma sicuramente sara' qualche cosa di notevolmente diverso.
Ma andiamo con ordine.

Grazie a Obama e' stata approvata la legge sulla sanita' gratuita, che gli ha dato enorme credibilita' presso la parte piu' povera degli statunitensi.
Poi Obama ha deciso di attaccare il grosso boccone dell’economia.
Il suo progetto e' di cambiare il sistema economico internazionale, mica bruscolini.

Il mondo ha disperatamente bisogno di limitare i meccanismi speculativi e instaurare un sistema di controllo.
Non e' possibile permettere a terroristi islamici di speculare sugli attentati dell’11 settembre guadagnandoci (si dice) 7 miliardi di dollari.
Non e' possibile che le banche si mettano a stampare titoli spazzatura e poi li vendano ai risparmiatori.
Non e' possibile che i manager possano complottare per distruggere le aziende per le quali lavorano e poi si premino raddoppiandosi lo stipendio.
E non sta neanche bene che gli speculatori facciano crollare l’economia di intere nazioni.

Dopo l’11 settembre ampi settori della destra Usa avevano chiesto una serie di misure drastiche: chiusura dei paradisi fiscali, trasparenza sull’identita' degli investitori, fine del segreto bancario a livello mondiale.
Poi ci avevano ripensato. Anche i democratici ci avevano ripensato.
Poi arriva Obama, che non aveva nessuna possibilita' di essere eletto e dice: bisogna regolamentare il capitalismo.
Poi scoppia la Grande Balla Speculativa e gli statunitensi si svegliano e dicono: ha ragione Obama.

I repubblicani hanno sempre dichiarato che avrebbero dato battaglia contro il progetto di regolamentazione del sistema finanziario internazionale. Recentemente i repubblicani arrivano a attaccare violentemente Obama dicendo che la regolamentazione dell’economia avrebbe danneggiato i poveri. Pura fantascienza ma che ci volete fare…
Mesi fa i capi di stato europei, riuniti in pittoresco consesso, avevano detto chiaro e tondo a Obama che non intendevano appoggiarlo.
Ma il buon Obama e' uno che dietro ha una rete impressionante di coincidenze. E’ evidente che ormai il cambiamento e' maturo e le leggi della casualita' stanno cooperando.
Non e' quindi tutto merito di Obama ma e' innegabile che lui abbia un naso notevole. Infatti compie una mossa ardita: rompe con l’ala del partito democratico, che preferiva annacquare la riforma economica o rinviarla, e attacca frontalmente i repubblicani.
Li sfida a sostenere che le banche e i gruppi speculatori devono poter continuare a depredare il mondo senza nessuna legge che li punisca.
Poi, con incredibile tempismo, scoppia un’altra bufera economica mondiale e nel giro di una settimana i repubblicani annunciano che NON si opporranno alla riforma della finanza, e la Merkel e Sarkozy dichiarano a gran voce che non se ne puo' piu' della speculazione e che si deve riformare il sistema.
Insomma, un altro grande colpo di culo questa crisi sincronizzata.
Ma a Obama tutto questo non sarebbe infine bastato per tirare un ragno fuori dal buco della finanza speculativa selvaggia.
E allora Dio gli ha mandato in aiuto il disastro del pozzo petrolifero che salta nel Golfo del Messico.
Una scena allucinante con BP che ammette che non hanno la piu' pallida idea di come fermare la fuoriuscita.
Stavano succhiando petrolio a 1.000 metri di profondita'. E lo facevano ben sapendo che a quella profondita' poi nessun essere umano puo' intervenire. E’ la filosofia: “Se la va facciamo i miliardi di dollari, se la spacca sono cavoli acidi per l’umanita'” Ovvero: i guadagni per me, i guai per tutti.
Insomma un’altra fantastica campagna pubblicitaria contro il capitalismo irresponsabile.
Adesso credo che siamo veramente pronti a regolamentare un paio di cose.
Non mi illudo che si arrivi all’abolizione mondiale del segreto bancario e dei paradisi fiscali che darebbe in mano ai governi del pianeta strumenti formidabili contro speculatori e criminali comuni.
Ma qualche cosa di succoso si fara'.

Quindi, signore e signori, preparatevi a godervi lo spettacolo.
Il mondo cambia rapidamente.
Il capitalismo responsabile e' alle porte.
Non che diventeranno buoni e etici. Ma saranno penalmente responsabili dei disastri che combinano.
Non sto dicendo che finiranno fame e guerra.
Ma questo cambiamento e' una premessa indispensabile perche' si attui il grande cambiamento che tutti sogniamo.
Non credo peraltro che succedera' domani. Ma sta iniziando a succedere.

Fonte: http://www.jacopofo.com/capitalismo-selvaggio-sta-per-finire-obama-british-petroleum

domenica 23 maggio 2010

Nuova resistenza




“Se ci volete silenti dovete spararci”

LETTERA APERTA A SILVIO BERLUSCONI

da: INFORMARE PER RESISTERE.




Gentilissimo Presidente

Le scrivo in rappresentanza delle centinaia di testate locali che ogni giorno, nel nostro paese, si battono per la libertà d’espressione. Piccoli “nidi di ragno” innestati in territori spesso difficili o come, nel nostro caso, in terra di mafia, clientelismo e corruzione. Gentilissimo Presidente, ogni giorno “giornalisti per amore” vengono pestati, minacciati, intimiditi per l’unica colpa di volere raccontare la verità, di tentare di rendere onore ai padri costituenti che ci regalarono l’Articolo 21 della Costituzione ed, insieme ad esso, la democrazia e la libertà col costo di migliaia di vite umane.
Siamo carne da macello, signor Presidente, alla mercé di mafiosi, politici corrotti e scagnozzi che vogliono rendersi belli agli occhi dei capi. Spesso soli nelle nostre battaglie, nelle denunce da Trento a Trapani. Siamo anche quelli che conoscono meglio il territorio, perché lo viviamo ogni giorno. Perché col mafioso o col politico corrotto che denunciamo spesso ci tocca dividere il bancone dello stesso bar. Siamo anticorpi democratici di un paese che, anche grazie al suo governo, sta andando in cancrena.
Abbiamo mille volti e mille mezzi. Siamo blogger, speaker, redattori, scriviamo via web, parliamo via etere, raccontiamo su carta. Non siamo giornalisti ma veniamo perseguitati come tali. Abbiamo i nostri eroi, alcuni scolpiti nella storia come Peppino Impastato, altri fortunatamente ancora liberi di esprimere il loro pensiero come Carlo Ruta o Pino Maniaci. Ma soprattutto gentilissimo Presidente abbiamo fatto la nostra scelta: la nostra libertà vale molto di più delle nostra vita.
Dove non hanno potuto i bossoli, le lettere intimidatorie, le minacce, le denuncie, le querele mirate, dove non ha potuto la più potente ed influente famiglia politico/mafiosa della Sicilia, non potrà una legge canaglia come quella sulle intercettazioni.
Lei e il suo fido Alfano v’illudete che una norma moralmente illegale possa diventare prassi solo perché vergata su crismi di burocratica legalità.
Signor Presidente noi continueremo a fare il nostro lavoro, raccontando quello che avviene, anticipando la notizia, veicolando le news e se il caso, scrivendo quello che (secondo voi) non si deve raccontare.
“Disonorare i mascalzoni è cosa giusta, perché, a ben vedere, è onorare gli onesti”.
Sa perché gentilissimo Presidente non potrà mai batterci? Perché giochiamo su un terreno a Lei sconosciuto. Quello della libertà individuale che diventa patrimonio collettivo. Non siamo in vendita e sappiamo “resistere” a tutto.
Siamo liberi e quello che facciamo lo facciamo di tasca nostra, rischiando di nostro. Perché è facile dire per una grande testata “noi resisteremo” dall’alto d’avvocati ben pagati e gruppi editoriali forti ma è ben più difficile farlo quando quel poco che hai in soldi di carta e rabbia ti serve anche per mangiare ogni giorno.
Ma lo facciamo in tutta Italia, da classici signor nessuno, senza enfasi o protagonismi. Perché amiamo il bello del nostro paese e ogni muro amico che ci ha visto piangere o sognare. Perché diciamo ogni giorno di voler mollare ed ogni giorno troviamo la forza di andare avanti. Perché amiamo le nostre donne e ci perdiamo negli occhi dei nostri figli a cui vorremmo consegnare qualcosa di più bello del paese attuale.
Ed abbiamo riferimenti etici alti: Pietro Ingrao, Vittoria Giunti, Luigi Ciotti, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e quel Piero Calamandrei che dei partigiani italiani diceva così:” Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservata la parte più dura e più difficile: quella di morire, di testimoniare con la fede e la morte la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole: quello di tradurre in leggi chiare, stabili ed oneste il loro sogno di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini alleati a debellare il dolore. Assai poco, in verità, chiedono a noi i nostri morti. Non dobbiamo tradirli”.
Non li tradiremo signor Presidente.
“Se ci volete silenti dovete spararci” dicemmo da ragazzini, di un piccolo giornale locale (Ad Est) di un piccolo paese dell’entroterra agrigentino, ad uno scagnozzo mafioso che ci intimava di tacere.
Lo ripetiamo a Lei che con l’aureola della legalità vuole imporci lo stesso mafioso silenzio.
Non taceremo e non molleremo neppure un centimetro. Quindi signor Presidente non ha altra scelta: ritiri la legge o prepari tanti proiettili, perché siamo in molti. Indietro non torniamo…neanche per prendere la rincorsa.

Ad Est - il giornale dei siciliani migranti
http://gaetanoalessi.blogspot.com/

Il Potente ed i Ragazzi
http://gaetanoalessi.blogspot.com/2010/01/il-potente-ed-i-ragazzisette-anni-di.html

Quando Beppe ha ragione



E' uno di quei giorni in cui

di Beppe Grillo


E' uno di quei giorni in cui ti svegli e ti sembra di vivere in una dittatura. E' un'impressione, ma ti disturba. Sarà anche falsa, ma sembra vera come la visione di un ometto che tiene per le palle una nazione insieme ai suoi compari che ha piazzato un po' dovunque e che può ricattare quando vuole con le buone o con le cattive. Anche questa è una sensazione, ma persistente di cui non ti liberi quando rifletti su un'opposizione ridotta a una puttana che non sa neppure il significato della parola resistere. Una che la dà gratis, come le ragazzine un tempo a Porta Romana. Gode nel cedere, opporsi è contro la sua natura. E questo ti turba molto quando guardi Enrico Letta, il nipote di suo zio, che conciona in televisione o il relitto umano Uòlter Veltroni che mendica interviste sui quotidiani (e purtroppo le ottiene) per emettere il ruggito del topo (di Topo Gigio per l'esattezza). Passi le ore in preda a una visione d'altri tempi, del ventennio fascista per essere precisi, che, per quanto ti sforzi, non ti abbandona. Un popolo senza diritti, neppure di votare il suo candidato, di veder discussa in Parlamento una legge popolare come "Parlamento Pulito", di poter votare un referendum come quello sull''informazione libera respinto da Carnevale, l'ammazza processi. E' un giorno un po' così, il problema è che tutto ricomincia il giorno successivo. E allora decidi di riprenderti le 350.000 firme che hai lasciato negli scantinati del Senato. Ed è quello che farò. Quelle firme non meritano di essere abbandonate ai capricci di uno Schifani qualunque. Un uomo troppo impegnato ad assistere a nostre spese alla finale Inter- Bayern per poter discutere una legge di iniziativa popolare. Quelle firme di persone per bene che si sono rotte i coglioni di questa classe politica non possono essere lasciate marcire nei sotterranei di Palazzo Madama. E più ci pensi, più ti incazzi. Gli scatoloni sono lì, fermi dal dicembre del 2007, giorno in cui li consegnai a Marini. Quasi trenta mesi. Oggi quelle richieste sembrano quasi innocenti, la votazione diretta, massimo di due mandati, nessun condannato in via definitiva in Parlamento. Sono passati due anni e mezzo ed è sempre uno di quei giorni che i politici se ne sbattono dei cittadini. E ascolti parole inaudite che sembrano venire dall'oltretomba della democrazia. Non proprio parole, ma stronzate, insulti alla ragione, alla decenza, che non possono essere vere: "L'Europa ha vissuto al di sopra dei propri mezzi", pronunciate da chi è vissuto al di sopra dei nostri mezzi e della nostra pazienza per vent'anni. E' tutto irreale, ma sembra autentico, vero, tangibile. L'Italia dorme, forse sogna un'anima che ha perduto. Verrà l'economia e avrà i suoi occhi.


http://www.beppegrillo.it/2010/05/e_uno_di_quei_g.ht

Santoro broadcast enterprise?





Santoro, sei pronto per un’altra tv?

di Giulietto Chiesa.



Tra le molte cose giuste e vere che Santoro ha detto nella sua autodifesa di fronte al pubblico di Annozero e ai lettori del «Fatto» del 22 maggio, c’è qualche importante “interstizio” su cui riflettere. Interstizi, tuttavia, rivelatori. Credo inoltre di avere titolo per replicare anch’io alle sue parole, nella mia qualità di autore di una lettera (inviata al «Manifesto» e al «Fatto», ma che solo il «Fatto» ha pubblicato) in cui, in sostanza, invitavo Santoro, e tutti coloro che lo hanno sostenuto nella sua battaglia per una televisione migliore, a prendere atto che la battaglia interna alla televisione berlusconiana non era più praticabile e che bisognava dichiarargli guerra dall’esterno, trasformando Raiperunanotte una tantum in Raiperunanotte tutti i giorni.

Ci fu un grande silenzio, a sinistra. Anche Santoro tacque. Infatti la mia proposta era stata già fatta un anno prima, con il lancio di Pandora TV, che era stato ignorato da tutte le forze democratiche, i movimenti, i partiti semidefunti della sinistra.



Adesso Santoro scrive, testualmente, che «Raiperunanotte insegna che, se il contenuto è forte, i contenitori si trovano, e con ascolti da grande tv generalista. Senza che nessuno ti possa bloccare o condizionare. La sfida è trasferire l’esperienza di quella serata unica nelle forme più efficaci per fare di Raiperunanotte qualcosa di non episodico, stabile».

È esattamente la mia proposta. A Santoro dico soltanto una cosa (ma la dico anche a tutti gl’intellettuali, agli uomini di spettacolo che hanno traccheggiato in tutti questi anni, e la dico anch’io, come Santoro, ai direttori dei grandi giornali di opposizione, come «la Repubblica» e «il Manifesto», e non parliamo de «l’Unità» perché altrimenti ci viene da piangere): perché non l’avete detto, e fatto, prima?

E dico a Santoro: per ragioni storiche perfettamente chiare tu sei l’unico che può capitanare questa squadra di combattimento, l’unico che può trascinare ascolti da grande tv generalista, perché sappiamo che anche il pubblico democratico conosce solo questa televisione “progressista” - la tua – tutta interna, come forma, alla tv che manipola, ma (ed è tuo merito), molto esterna come contenuti al mainstream mentitore.

Perché non lo fai?

Hai dichiarato guerra, dagli schermi della televisione del nemico. Non tutta la tua dichiarazione di guerra ci è piaciuta, ma la sostanza sì, ci è piaciuta. Adesso dichiarala tutti i giorni: dal di fuori. Puoi farlo. Ti sosterremo come possiamo. I soldi si troveranno perché milioni di persone, in Italia, vogliono sapere di più e di diverso. Basta chiederglieli e dare loro, in cambio, un pezzo di verità. Naturalmente purché non si continui a stare dentro un teatrino, con gli stessi rituali, le stesse facce della politica della casta, magari esposte sapientemente (come sai ben fare) al ludibrio della loro stessa esibita sconcezza.

Ovvio che l’obiettivo dovrà essere la riconquista democratica della tv pubblica, non la creazione di un nuovo canale privato multimediale.

E qui sono già entrato negl’interstizi cui ho accennato sopra. Sono almeno due. Ti dipingi troppo ingenuo (e ingenuo non sei) quando dici che aspettavi dal Partito Democratico, dai suoi membri nel Consiglio di Amministrazione, dai suoi deputati nella cosiddetta Commissione Parlamentare di Vigilanza, un qualche segnale di soccorso.

Suvvia! Non hai visto tu stesso, in questi anni, come quella gente ha tenuto bordone a Berlusconi, gli ha lasciato tutto in mano?

Hai atteso, certo non invano, perché hai rafforzato la tua posizione di gladiatore isolato dentro un cerchio di nemici. Il pubblico te ne è grato. Io anche. Ma tu ci devi, adesso, una parte della tua popolarità.

Adesso dici che «è il momento di liberarsi dei grandi gruppi editoriali e di fare da soli». Anch’io lo penso. Da anni penso che l’emergenza informativa e democratica si è trasformata in un attacco campale alla democrazia. Fallo, facciamolo. Ci sono decine di giornalisti, di uomini di cultura, direi il fior fiore del giornalismo italiano che ancora resiste, che non aspetterebbero altro; che, se vedessero alzarsi una bandiera, una decente, darebbero non una ma tutte e due le mani per sostenerla.

Solo che, fuori dalla gabbia, il compito è ben più difficile. Questo è l’altro interstizio. Tu parli di “pubblico”. È una parola che non si attaglia al compito. Gli spettatori di Raiperunanotte tutti i giorni, non sono più un “pubblico”, sono cittadini. E lo studio non può essere quello di una tv generalista.

Avrai bisogno di quei cittadini per costruire una piattaforma multimediale capace di raggiungere milioni di occhi e orecchie. Il palcoscenico, lo studio, sarà la democrazia. La ricerca di cui parli, giustamente, prevede che anche tu debba cambiare professione. Il tempo lo richiede. Ma non si tratta di rinunciare al giornalismo, tanto meno al giornalismo di battaglia.

Questo non è ciò che occorre. Occorre capire – e tu lo sai bene – che non c’è più una politica e una democrazia senza la televisione. E un’altra televisione significa un’altra politica.

"The voice" of Barbara Spinelli

CHI AZZOPPA I CUSTODI DELLA DEMOCRAZIA


BARBARA SPINELLI da La Stampa 23/05/2010

Contrariamente a quello che si tende a credere, non è il suffragio universale a sparire per primo, quando la democrazia si spezza. Per primi sono azzoppati i suoi guardiani, che non mutano col cambio delle maggioranze e che sono le leggi, i magistrati, le forze dell’ordine, la stampa che tiene sveglio il cittadino tra un voto e l’altro. Anche le costituzioni esistono per creare attorno alla democrazia un muro, che la protegge dalla degenerazione, dal discredito, soprattutto dal dominio assoluto del popolo elettore.

Quando quest’ultimo regna senza contrappesi, infatti, le virtù della democrazia diventano vizi mortiferi. Nella sua descrizione degli Stati Uniti, Tocqueville chiama i guardiani i «particolari potenti»: sono la stampa, le associazioni, i légistes ovvero i giuristi. In loro assenza «non c'è più nulla tra il sovrano e l’individuo»: sia quando il sovrano è un re, sia quando è il popolo.

Queste mura sono in via di dissoluzione in Italia, da anni. Ma nelle ultime settimane l’erosione ha preso la forma di un concitato giro di vite: un grande allarme s’è creato attorno alla corruzione dilagante, seguito da un grande tentativo di mettere corruzione e malavita al riparo dai custodi della democrazia. È un dramma in tre atti, che vorremmo sottoporre all'attenzione del lettore.

Il primo atto risale al 17 febbraio, quando la Corte dei Conti constata, in apertura dell’anno giudiziario 2010, l’enorme aumento del malaffare. La denuncia del presidente della Corte e del procuratore generale, Tullio Lazzaro e Mario Ristuccia, è grave: «Una sorta di ombra e nebbia sovrasta e avvolge il tessuto più vitale e operoso del Paese», opponendo una «pervicace resistenza a qualsiasi intervento volto ad assicurare la trasparenza e l’integrità» nelle amministrazioni pubbliche. I «necessari anticorpi interni non vengono attivati», ed è la ragione per cui la cura della patologia è «lasciata al solo contrasto giudiziale, per sua natura susseguente e repressivo». Le conseguenze, nefaste, indicate da Lazzaro: «Il Codice Penale non basta più, la denuncia non basta più. Ci vuole un ritorno all'etica da parte di tutti. Che io, purtroppo, non vedo».

Qui cominciano gli atti decisivi del dramma. Quel che va in scena è la controffensiva d’un governo che si sente asserragliato più che responsabilizzato: che a parole annuncia misure anti-corruzione, e nei fatti predispone un’autentica tenda protettiva, tale da coprire il crimine, sottraendolo agli occhi dei cittadini e della legge con tecniche di occultamento sempre più perverse, garantendo a chi lo commette impunità sempre più vaste. Nel secondo e terzo atto del dramma il crimine viene avvolto, ancora una volta, «nella nebbia e nell’ombra».

Il secondo atto fa seguito alla condanna in appello dei capi-poliziotti che la notte del 21 luglio 2001 assalirono la scuola Diaz a Genova, durante un vertice G8, massacrando 60 ragazzi inermi. «Nessuno sa che siamo qua, vi ammazziamo tutti», gridavano i picchiatori, quando invece i superiori sapevano. I fatti erano raccontati nella sentenza di primo grado, ma le condanne non coinvolsero gli alti gradi della polizia. In appello sono condannati anch’essi. Ebbene, cosa fa la politica? Assolve i condannati, li trafuga in una nuvola come gli dei omerici facevano con i propri eroi, e li lascia indisturbati al loro posto. Francesco Gratteri, capo della Direzione generale dell’anticrimine ed ex direttore del Servizio Centrale Operativo, è condannato a 4 anni e resta dov’è in attesa della Cassazione. Lo stesso succede a Giovanni Luperi, oggi capo del Dipartimento analisi dell’Aisi (ex Sisde), condannato a quattro anni. Vincenzo Canterini fu promosso questore nel 2005: aveva guidato la Celere contro la Diaz.

Il terzo e cruciale atto dell’operazione trafugamento del crimine è la legge sulle intercettazioni. Ancor oggi si spera che essa non passi, grazie alla resistenza congiunta di editori, stampa, magistrati, deputati finiani, Quirinale. Grazie anche all’intervento del sottosegretario americano alla Giustizia Breuer, che evocando la lotta antimafia di Falcone ha indirettamente smascherato la natura di una legge che sembra patteggiata con la malavita. Fino all’ultimo tuttavia, e per l’ennesima volta nell’ultimo quindicennio, Berlusconi tenterà di imbavagliare magistrati, mezzi d’informazione. Se la legge sarà approvata, i magistrati faticheranno sempre più a snidare reati, a istruire processi.

Potranno usare le intercettazioni solo in condizioni proibitive, e per una durata non superiore a 75 giorni (se stanno per accertare un reato al settantaquattresimo giorno, peggio per loro). Sarà proibito intercettare politici e preti senza avvisare le loro istituzioni: un privilegio incostituzionale, davanti alla legge. Non meno gravemente è colpita la stampa (quando riferisce su inchieste giudiziarie prima dei processi) per la sanzione che può colpire giornalisti e editori. Questi ultimi, intimiditi da alte multe, diverranno i veri direttori d’ogni cronista. Il direttore responsabile perderà prestigio, peso. Bersaglio dell’operazione è non solo la stampa ma il cittadino. Si dice che il suffragio universale è sacro e al tempo stesso si toglie, a chi vota, l’arma essenziale: la conoscenza, i Lumi indispensabili per capire la politica e dunque esercitare la propria vigile sovranità.

Ci sono eventi storici che solo la letteratura spiega fino in fondo e anche in Italia è così. Proviamo a leggere Il Rinoceronte di Eugène Ionesco e vedremo descritto, limpido, lo strano mondo in cui dai primi Anni 90 anni viviamo: un mondo che tutela il crimine, allontanandolo dalla scena e rendendolo sia invisibile, sia impunibile. Un mondo dove i custodi della democrazia sono neutralizzati e il popolo, bendato perché disinformato, vive e vota dopo esser mutato interiormente. Un regime simile ci trasforma ineluttabilmente nelle bestie a quattro zampe descritte dal drammaturgo. In principio passa un rinoceronte: è bizzarro, ma passa. Poi piano piano tutti si trasformano. Perfino il filosofo diventa prima un po’ verde, poi le mani raggrinziscono, poi sulla fronte gli cresce il corno.

La mutazione genetica di cui ha parlato Sergio Rizzo sul Corriere del 6 maggio avviene quando cadono le categorie umane classiche: il confine fra lecito e illecito, bene e male («il Male! Parola vuota!», dice Dudard a Berenger, nel Rinoceronte). In questione non resta che lo «stato d’animo». Come per Denis Verdini: indagato per concorso in corruzione, il coordinatore del Pdl non si dimette come Scajola perché, assicura, «non ho questa mentalità».

Chi ha desiderio di cedere, nel dramma di Ionesco, lo fa perché il rinoceronte gli appare più naturale dell’uomo, perché «possiede una specie di candore», perché emette un barrito incomprensibile ma sonoro, trascinante. Cedere è attraente, come spiega Dudard a Berenger. È questione di mentalità, appunto: «Io mi limito a constatare i fatti e a prenderne atto. E poi, dal momento che la cosa esiste, ci sarà bene una spiegazione (...) Se ce la prendessimo con tutto quello che succede, non vivremmo più. Dal momento che è così, non può essere altrimenti». E conclude, cercando di convincere l’amico ribelle: «Lei vede tutto nero... Dobbiamo imporci a priori un atteggiamento favorevole o, per lo meno, l’obiettività, l’ampiezza di vedute proprie di una mente scientifica. Tutto ha una logica: comprendere vuol dire giustificare». Chi guarda il notiziario del Tg1 in questi giorni avrà conferma della mutazione genetica. Niente sui capi-poliziotti della Diaz che mantengono la carica disonorando uno dei più importanti corpi dello Stato. Quasi niente sulle intercettazioni controverse. Fortuna che la ribellione non manca. Fortuna che al Tg1 c’è Maria Luisa Busi, che toglie la firma e non vuol essere rinoceronte.

Berenger è l’unico a resistere, a non avere la tollerante «ampiezza di vedute» consigliata dai falsi amici. Alla fine è solo, in una città di rinoceronti. Non ha ceduto alla forza che ti trasforma: la stanchezza infinita che ti può assalire, il «bisogno di lasciarsi andare», il fatale conformismo. Il pragmatismo di chi dice: meglio, se si vuol sopravviver quieti, tenere i due piedi ben piantati in terra. Anzi, i quattro piedi.

sabato 22 maggio 2010

La parola a Rita Pani




La rivoluzione è partecipazione
- di Rita Pani -


Alla fine troveranno il modo, e sarà quello più rapido, consono e conveniente: per il tizio. Il modo per fare cosa? “ … la qualunque”. D’altronde da più di due anni viviamo sotto un regime strenuamente impegnato a risolvere le ultime questioni inerenti l’impunità del capo banda del consiglio, senza nemmeno una reale urgenza, dal momento – è bene ricordarlo – che pure se si arrivasse ad una condanna, data l’età avanzata e i tempi biblici della giustizia italiana, mai farebbe nemmeno un’ora di galera. È triste, ma si può dire che tutto questo immobilismo, la caduta dal precipizio subita dall’Italia e dalle nostre vite, siano dovute al tentativo di conservare la presunta verginità del più losco individuo che la politica italiana, ha avuto negli ultimi 150 anni.

Il decreto sulle intercettazioni, sarà riscritto per l’ultima volta e avrà un finale horror: potrà essere intercettato chiunque non abbia a che fare, in modo diretto, con gli affari del padrino del consiglio, o che si accinga a compiere o abbia compiuto un reato qualunque, ma non in complicità o su mandato dello stesso. In nome dell’urgenza l’italiota si riterrà soddisfatto. Di solito, infatti, in questi frangenti possiamo avere la fortuna di sentire dichiarazioni “italiotiche” del tipo: “ signora mia, in qualche modo si doveva pur risolvere la questione … e allora meglio così che non far nulla.”

Far nulla. Ecco mi viene in mente la crisi economica, per esempio. All’inizio era solo una leggera depressione, ora che è diventata follia psicotica, bisogna correre ai ripari. Il paziente è grave, è pure in pericolo di vita, ma si sa che in questi casi non si deve perdere la speranza. È chiaro che aggiungere del Tavor al Prozac non è sufficiente; e allora vai col litio. Niente nuove tasse, meno soldi ai ricchi, non si toccano le pensioni, non si mettono le mani in tasca agli italiani. Un bel condono edilizio, oltre che i soliti tagli alla sanità e agli enti locali. E quando si dice il caso … il tizio palazzinaro del consiglio, pensa di aggiungere un altro po’ di bungalow abusivi nella sua villa abusiva in Sardegna.

A proposito, sono in Sardegna. Fervono i preparativi per le prossime inutili elezioni provinciali, e proprio ieri notte ho visto una cosa che in Umbria non vedevo più da tempo: gli operai che asfaltano le strade durante la notte, sotto l’occhio vigile di quattro pattuglie di vigili urbani in servizio straordinario notturno. Litio. Immagino la sorpresa di chi questa mattina calda di sole, si sarà ritrovato a percorrere la strada verso il mare, scivolando sereno e senza i sobbalzi provocati dalle buche e dalle voragini. Di contro, immagino anche le bestemmie di tutti coloro che a breve riceveranno le multe per eccesso di velocità, rilevate dagli autovelox che ormai spuntano più in fretta e più rigogliosi dei funghi. (meno tasse) Ma in qualche modo, quell’asfalto, dovrà anche essere pagato, così come lo straordinario lavoro dei vigili.

Nel frattempo noi ci siamo accorti che c’è un problema di limitazione della libertà di stampa, e per fortuna non ci stiamo. Ho visto tanta bella gente partecipare alla rivolta del post it che tappa la bocca. Ho visto tante belle faccette sorridenti nelle gallerie fotografiche dei giornali on line, faccette buffe, simpatiche, ammiccanti, truccate, seducenti …

Una volta una persona mi scrisse che non comprendeva tutto il mio imperituro amore per Che Guevara. Mi disse che oltre tutto era pure un uomo sporco e che puzzava perché non si lavava mai. Oggi ho ricevuto una mail, con la quale una ragazza mi inviava il link della sua foto su Repubblica, rivendicando orgogliosamente la sua partecipazione alla rivolta. E sì, aveva l’aria di aver fatto almeno una doccia prima di apparire sul giornale.

La rivoluzione credo possa attendere ancora, quindi mi perdonerete se io – già che ci sono – me ne andrò al mare. Magari mi porto un post it, perché la rivoluzione, in fondo, è partecipazione.

Rita Pani (APOLIDE)


http://r-esistenza-settimanale.blogspot.com/2010/05/la-rivoluzione-e-partecipazione.html

venerdì 21 maggio 2010

Nichi sta schiscio



VENDOLA RESTA A CASA

da: l'Espresso

Doveva essere l'esordio in grande stile dell'Operazione Nichi. Il lancio del modello Vendola dalla Puglia al palcoscenico nazionale. Erano già fissate la sede, Firenze, la data, sabato 22 maggio, i relatori: l'eurodeputato di Italia dei Valori Luigi De Magistris, il senatore Pd Ignazio Marino, Michele Santoro e naturalmente lui, il governatore pugliese, il più amato a sinistra.

Il primo incontro nazionale delle fabbriche di Nichi, le organizzazioni che stanno nascendo un po' ovunque (284 in Italia e all'estero, a Bruxelles e Berlino), pronte a trasformarsi in comitati per Vendola in caso di primarie per scegliere il candidato premier del centrosinistra. All'ultimo momento, però, è stato tutto rinviato.

Nessun avviso, la convention è stata annullata in sordina. Meglio fare le cose con calma, in autunno. E magari con altri compagni di strada: "Oggi rischiamo di finire in mezzo alle manovre di Di Pietro e alla voglia di ritorno di Veltroni nel Pd", spiegano i Nichi boys. Tramontato il meeting, il governatore si è fatto vedere a Napoli, per sponsorizzare il gruppo di associazioni e intellettuali in cerca di un candidato sindaco per le amministrative di primavera che ripeta l'exploit pugliese. Un Vendola sotto il Vesuvio: De Magistris? (M.D.)

giovedì 20 maggio 2010

A un passo dall'onnipotenza


Ecco la cellula che si auto-riproduce



"E' UN PASSO VERSO LA VITA ARTIFICIALE"

Il Dna artificiale è composto da circa un milione di lettere


L'annuncio choc di Craig Venter: "Siamo a un passo dal traguardo"
Tra le prime applicazioni i batteri che potrebbero assorbire il Co2

Torino, da La Stampa

«Abbiamo progettato, sintetizzato e assemblato» cellule «capaci di autoreplicarsi»: così annuncia su Science la costruzione della prima cellula batterica artificiale il gruppo americano che fa capo a Craig Venter, il genetista dei primati nella lunga corsa alla realizzazione della vita artificiale. Autore della prima mappa del Dna umano e del primo cromosoma sintetico, Venter è ormai a un passo dal traguardo.

«Pensiamo che sia davvero un risultato importante, sia dal punto di vista scientifico sia da quello filosofico. Di sicuro ha cambiato il punto di vista sulla definizione della vita», ha detto Venter. Il punto di arrivo sarà molto probabilmente una forma vivente interamente costruita in laboratorio e programmata per una funzione precisa. «La cellula artificiale - ha detto ancora Venter - è uno strumento davvero potente per progettare tutto quello che vogliamo far fare alla biologia. Abbiamo in mente un grandissimo numero di possibili applicazioni». Tra le prime, potrebbero esserci i batteri salva-ambiente dei quali Venter parla da anni, da utilizzare come fabbriche viventi di biocarburanti o per liberare acque e terreni da sostanze inquinanti, o alghe che assorbono anidride carbonica come spugne, o ancora batteri che producono vaccini.

La prima cellula sintetica, chiamata Mycoplasma mycoides JCVI-syn1.0, è stata costruita nel Craig Venter Institute di Rockville dal gruppo coordinato da Daniel Gibson. La cellula in sè è naturale, ma è completamente controllata da un Dna artificiale. Ottenerla è stato un lavoro ai limiti della fantascienza, ma anche un’opera di bricolage che ancora una volta ha utilizzato i batteri da sempre protagonisti delle ricerche di Venter sulla vita artificiale: il Mycoplasma mycoides e il Mycoplasma capricolum. Nel 2007 i ricercatori avevano ottenuto il primo Dna sintetico, riproducendo artificialmente quello del Mycoplasma mycoides; nel 2009 avevano eseguito il primo trapianto di Dna, trasferendo il genoma (naturale) del Mycoplasma mycoides nel Mycoplasma capricolum. Ora hanno messo insieme i due procedimenti, trapiantando il Dna sintetico e caricandolo, come il programma di un computer, in una cellula batterica privata del suo Dna.

«È la prima cellula sintetica mai costruita», ha osservato Venter. «La chiamiamo sintetica - ha aggiunto - perchè è stata ottenuta a partire da un cromosoma artificiale, costruito utilizzando informazioni elaborate in un computer, composti chimici e un sintetizzatore di Dna». Composto da circa un milione di lettere (quello umano ne comprende 3,2 miliardi), il Dna artificiale è del tutto simile a un Dna naturale, comprese mutazioni acquisite durante il processo di assemblaggio. Solo una sorta di «filigrana molecolare» aiuta a riconoscere che è davvero artificiale.