mercoledì 19 maggio 2010

In attesa del crollo




L’anti-Casta si faccia avanti

- di Paolo Flores d’Arcais, il Fatto Quotidiano -



Berlusconi è stretto all’angolo. Potrebbe uscirne una volta di più, purtroppo, se la dabbenaggine delle opposizioni gli regaleranno anche in questa circostanza il monopolio dell’antipolitica. Ma questa volta il caimano di Arcore ne approfitterebbe non già per consolidare il suo strapotere, bensì per infliggere alla Costituzione il colpo del ko.

“Antipolitica” è in realtà espressione fuorviante, coniata dagli editorialisti della Casta per infangare di aprioristico qualunquismo ogni movimento che metta radicalmente in discussione i privilegi e il malgoverno della Casta stessa. L’anatema contro la pretesa “antipolitica” fu infatti il leitmotiv con cui il giornalismo unico cercò di sbarazzarsi del milione di persone che diede vita al gigantesco “girotondo” di otto anni fa, e più di recente alla piazza san Giovanni del “Popolo viola”. Si tratta in realtà dell’anelito verso una politica nuova, che restituisca nella misura più grande possibile quote di sovranità ai cittadini, sempre più espropriati da una partitocrazia autoreferenziale.

Del resto è dal 1992, quando “Mani Pulite” scoperchiò la fogna di Tangentopoli, tra l’unanime consenso degli italiani che verso la partitocrazia erano arrivati al disgusto e al vomito, che le elezioni le vince chi riesce ad accreditarsi come paladino dell’antipolitica. Da parte di Berlusconi ovviamente si è trattato e si tratta di un’appropriazione indebita, di un gioco delle tre carte demagogico che può riuscire solo grazie alla truffa mediatica permanente del suo monopolio televisivo.

Che con Berlusconi scenda in politica la società civile del “fare”, e dunque un grande imprenditore che la rappresenta al meglio poiché “si è fatto da sé”, è pura e semplice leggenda, visto che senza Craxi e senza P2 Berlusconi sarebbe ancora a Milano 2, e semmai in galera. Ma anche le leggende metropolitane funzionano, se nessuno prova a smascherarle e a proporre la versione autentica di una esigenza diffusa.

E la sinistra non ci provò la prima volta nel 1994, quando preferì candidare Occhetto (ultimo segretario comunista) con la sua patetica “gioiosa macchina da guerra”, anziché un indipendente di sinistra scelto nella società civile. Sappiamo come è andata. Bastò addirittura una forma soft, molto soft, quasi omeopatica, di “antipolitica” e di società civile (la candidatura Prodi) per vincere due volte. Ma quella forma già neghittosa, anziché segnare l’inizio di una svolta, fu subito ulteriormente annacquata da un centrosinistra di nuovo in balia della nomenklatura di apparato e della faida D’Alema, Veltroni e altri cloni.

Ora Berlusconi, assediato dagli scandali dei suoi feudatari (che pretendono – come dar loro torto? – di imitarlo nel diritto all’impunità), ci riprova. Reciterà l’anticasta, ha fatto sapere che alle prossime elezioni ricandiderà al massimo una dozzina dei suoi parlamentari. Del resto sono SUOI, come i vassalli e i lacchè. Tutti gli altri a casa, e il popolo grato lo plebisciterà. Le cose andranno esattamente così, se ad andare a casa non saranno anche le nomenklature di opposizione.

Perché un’opposizione raramente, anzi mai, ha avuto in Italia una situazione più facile: le cricche di governo invise fino all’odio per le grassazioni sfacciate e sistematiche, mentre lavoratori alla fame, come disperata forma di protesta sono costretti all’autoreclusione all’Asinara o al suicidio. Basterebbe un minimo di coerenza politica e di credibilità personale dei suoi dirigenti, e il centrosinistra vincerebbe in carrozza. Ma latitano entrambe. Perciò, se non si vuole che il regime di Berlusconi passi al nuovo fascio-feudalesimo di una vera e propria “dittatura proprietaria”, resta solo la strada – statisticamente vincente – di una politica anti-Casta, nei contenuti e nei candidati.

In Germania “die Linke” ha cambiato l’intero gruppo dirigente in una sola giornata di congresso. Qui da noi, il dramma dei democratici, intesi come cittadini, è la palude irredimibile e la paralisi definitiva dei democratici intesi come nomenklatura del Pd. Non basta un “Papa straniero”, ormai, come pure autorevolmente suggerito, vanno pensionati anche tutti i vescovi.

Se la base del Pd non è in grado di compiere l’operazione, bisognerà che la “antipolitica democratica” cominci a ragionare su come dotarsi direttamente e in prima persona degli strumenti elettorali per evitare il baratro. Ormai sta diventando una questione di pura e semplice responsabilità verso la Repubblica, la sua Costituzione, la Resistenza che l’ha fatta nascere.

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