venerdì 13 gennaio 2012

Una classe politica disgustosa


Cosentino e “porcellum”, un amaro ma necessario risveglio

DI ANGELO D'ORSI,da Micromega,13 gennaio 2011

Posso dirlo? Non sono affatto arrabbiato per le due notizie piovute sulle nostre teste in data 12 01 12 (magari i numerologi qualcosa architetteranno al riguardo). Anzi: sono quasi contento. Ci stavamo convincendo, passin passino, giorno dopo giorno, con una rassicurazione che seguiva all’altra, ci stavamo convincendo che l’Italia un po’ alla volta stava uscendo dal pelago, e stava diventando (quasi) un “paese normale”. Che, alla fin fine, la “tenuta democratica” funziona; che le “capacità di reagire” sono intatte, anche se magari un po’ provate dalle vicende storiche degli ultimi decenni. Stavamo – anche per stanchezza spirituale – accarezzando l’idea di essere più o meno come gli altri paesi occidentali. E in non poche bocche abbiamo percepito parole tra l’accettazione e l’apprezzamento di provvedimenti o di politiche: in fondo non tutto della “riforma” Gelmini è da buttare; su, dài, le Ferrovie funzionano “abbastanza”; il treno alta velocità in Val di Susa si deve fare, è il progresso; mica ci si può ritirare “così” dall’Afghanistan…

Del resto io stesso in questo spazio e altrove, ho sostenuto che il Ministero Monti era il ritorno alla normalità, in certo senso; precisando tuttavia che da una cricca di malaffare impadronitasi della cosa pubblica si era “finalmente” approdati a un canonico governo “comitato d’affari della borghesia”. E non rimpiangiamo certo, insieme con il despota caduto, i miserabili personaggi iscritti sui suoi capaci registri clientelari. Anzi, un altro giorno 12, di novembre 2011, rimarrà data capitale negli Annali della Repubblica.
E tuttavia, da qui a farsi illusioni che grazie al gentiluomo Monti, si possa ritornare ad acquisire un’etica pubblica nel parlamento, nelle istituzioni tutte, nei consigli comunali provinciali e regionali, nelle imprese, nelle associazioni imprenditoriali, in certi sindacati, persino…, ce ne passa… Eppure ci siamo cullati in questo genere di generose illusioni.

Ebbene l’uno-due assestato al Paese, con la decisione della Corte costituzionale di respingere i quesiti referendari per abrogare in tutto o in parte la più oscena delle leggi elettorali dell’intera storia italiana (compreso il Ventennio mussoliniano, beninteso), e quella della Camera dei deputati di rifiutare la richiesta dei giudici di arresto per il l’on. Nicola Cosentino, ci servono come un necessario, nerissimo caffè (senza zucchero) dopo una lunga dormita. Ci aiuta a risvegliarci. Ci dà nuova energia per la lotta. Ci sprona ad agire. E, soprattutto, ci rivela che il potere si auto-protegge e si auto-perpetua. La Corte probabilmente ha fatto il suo lavoro in modo tecnicamente ineccepibile (ma togliamoci dalla testa che la politica non c’entri nelle sue decisionI: c’entra sempre), e seguiranno ora le sue vive raccomandazioni, già peraltro espresse dal capo dello Stato, di rivedere, riformare, correggere la legge elettorale vigente. Non ricadiamo nello stesso benefico torpore attendista. Questo Parlamento non cambierà – non nel senso sostanziale, come gli italiani e le italiane vorrebbero nella loro stragrande maggioranza – il “Porcellum”.

E dal canto suo, il signor Cosentino, rimarrà a piede libero, libero anche di continuare a frequentare gli amici casalesi, e sarà deputato fino al termine della Legislatura. Maturando, ovviamente, anche la sua onesta pensione di deputato, cumulabile con quella da “normale cittadino lavoratore”.
Ecco, è proprio la normalità che ci manca. Nel senso che in Italia è normale ciò che in tutti i Paesi occidentali sarebbe scandaloso, o eccezionale: sarebbe normale rispettare la volontà della cittadinanza, prodigatasi nello scorso anno, in un gigantesco esercizio di democrazia diretta, in difesa dei beni comuni, o contro questa legge elettorale, o contro l’energia nucleare; invece, quella volontà, già messa a dura prova da decisioni “amministrative” di sindaci e presidenti di regione, viene ora violata. Da noi non fa scandalo andare contro la volontà popolare.

E allora, non aspettiamoci nulla dal ceto politico, non da questo ceto politico, squalificato, corrotto, incompetente. Certo, non “sono tutti uguali”; e ogni volta che sento La Russa alla radio o vedo la sua facies fascistica alla tv, me ne persuado ulteriormente. Non sono tutti uguali, ma spesso le differenze sono minime. E il fatto che eletti nell’attuale schieramento di Centrosinistra – a cominciare dagli infami Radicali, ormai penose caricature di se stessi – abbiano impedito l’arresto di un tale, contro cui ben tre diverse istanze della magistratura hanno emesso mandato di arresto, per gravi e comprovati motivi, ci fanno toccare con mano che le differenze si sono assottigliate nel corso degli anni, e che l’anestetizzazione della nostra vita pubblica è andata avanti, molto avanti. E che, forse per stanchezza, abbiamo preferito pensare che le cose si stessero comunque un po’ alla volta “aggiustando”, come l’economia (ma non per i disoccupati, non per i cassitengrati, non per i lavoratori in nero, non per i precari, non per gli immigrati, non per i pensionati a 600 euro mensili).

Ebbene, questo doppio rifiuto, di due diversi organi dello Stato, ci dà la sveglia. Ora dobbiamo renderci conto che non a “loro” spetta la salvezza del Paese, ma a “noi”. Riprendiamo nelle nostre mani la Politica, la nobile arte. L’arte necessaria, perché insostituibile. La politica “siamo noi”, non “sono loro”. E a loro diciamo grazie per averci offerto un caffè, amaro, ma provvidenziale, spero, per il nostro risveglio.

Angelo d’Orsi

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