sabato 4 giugno 2011

Tornano le bombe? Molti amici "picciotti" potrebbero...


Se B. finisce col 'botto'

Marco Damilano DALL'Espresso.

Non bisogna illudersi che la nomina di Alfano esaurisca le strategie del premier. Nelle istituzioni si parla chiaramente di un uomo ormai capace di tutto: «Non stupitevi se tra un mese succederà qualcosa di serio...»

(03 giugno 2011) Il Grande Sconfitto è lì, a un passo, circondato da babbione e prefetti in pensione che Gianni Letta gli presenta indefessamente per evitare che si senta solo. Nei giardini del Quirinale, festa della Repubblica, Giorgio Napolitano, Re Giorgio, riceve seduto l'omaggio di alte cariche e vip, una fila interminabile di ambasciatori, giornalisti, attori, accanto a lui Silvio Berlusconi appare isolato e irrequieto. Un uomo delle istituzioni, una vita al servizio dello Stato e un'onorata carriera politica alle spalle, osserva la scena. Conosce bene Berlusconi e non trattiene l'inquietudine: «Quell'uomo non mollerà ed è capace di tutto. Temo che nelle prossime settimane possa perfino succedere qualcosa di brutto».

Cos'è ancora in grado di fare un premier che ha perso le elezioni amministrative in casa, a Milano e ad Arcore, a Napoli e in Sardegna, e che nell'ultimo vertice internazionale, al G8 di Deauville, si è coperto di ridicolo informando Barack Obama dell'esistenza in Italia di una dittatura dei giudici di sinistra? «Non sia superficiale: quell'orrenda figuraccia in favore di telecamera non si spiega, in effetti. A meno che...».

A meno che? Il servitore dello Stato esita un istante. E' abituato a pesare bene le parole. Passano Matteo Renzi con la moglie, il ministro Raffaele Fitto e Mariastella Gelmini con le ballerine ai piedi, Cesare Geronzi e Umberto Vattani. Il tono si abbassa ancora di più: «A meno che quella scena non serva a dire al presidente degli Stati Uniti e al mondo intero: guardate, in Italia siamo in una condizione di anomalia democratica, non vi stupite se tra un mese succederà qualcosa di serio. Uno scossone, un botto». Sì, c'è anche questo da registrare nel crepuscolo del berlusconismo. Presagi. Pensieri oscuri. Scenari drammatici che si accavallano sui prati del Quirinale in una festa della Repubblica con pochi precedenti.

Se chiedi cosa succederà ora ai massimi esponenti di maggioranza e opposizione la risposta è la stessa: chissà. E' l'incertezza che avvolge tutti gli interpreti di questo psicodramma, paragonabile solo alla stagione '92-'93, la fine traumatica della Prima Repubblica. Il protagonista numero uno, Berlusconi. E gli antagonisti, il campo dell'opposizione che appare sorpreso più che preparato, diviso tra chi si aggrappa ai vecchi schemi tattici e chi vorrebbe cavalcare l'onda. Per evitare che la personale e politica via Crucis di Silvio Berlusconi si trasformi in un Calvario per il Paese. Che ancora una volta la questione privata del Cavaliere finisca per coinvolgere tutti.

La prima stazione che Silvio deve affrontare è il Pdl in implosione. Il primo partito italiano è balcanizzato. L'Imperatore vacilla, valvassori e valvassini ricontrattano le loro rendite. Gianni Alemanno vorrebbe un cambio del nome; Ignazio La Russa un congresso; Franco Frattini un direttorio; Roberto Formigoni evoca le primarie: e Giuliano Ferrara ha già pubblicato sul "Foglio" il regolamento della corsa, da tenersi il 2 ottobre, con tanto di versamento di 5 euro. Macché, si infuria il direttore del "Giornale" Alessandro Sallusti, «il berlusconismo non si può ridurre a norme rigide e statutarie, primarie, riti pazzeschi, assemblee interminabili». «La verità è che Berlusconi non può fare nulla, è bloccato dagli ex fascisti alla La Russa: da quando ce li siamo messi in casa abbiamo perso», riassume il capo dei peones Mario Pepe. «Ognuno difende se stesso, cambiare significa rinunciare ai privilegi», scuote la testa il sottosegretario Guido Crosetto.

Il berlusconismo non più vincente si impantana negli organigrammi: Angelino Alfano al partito, Lupi o Cicchitto al governo, Claudio Scajola da recuperare, perché altrimenti l'incidente diventa inevitabile. Perfino le deputate Papi Girls, vista la mala parata, cercano nuovi protettori per tornare in Parlamento. Berlusconi, da solo, non garantisce più. La seconda stazione della via Crucis è il rapporto tra Silvio e la Lega. Pesa il passato: il ricordo del 1994, rottura e ribaltone, ha condizionato le mosse di Berlusconi e di Bossi in tutti questi anni. E pesa anche il futuro: se si apre il dopo- Berlusconi comincia anche il dopo-Bossi e nessuno meglio del Senatur lo sa. Ma non si può più fermare il distacco tra l'uomo di Arcore e la Lega, ferita dalle amministrative. Il 19 giugno il Carroccio si riunirà sul pratone di Pontida, alla vigilia del voto parlamentare sulla verifica di governo. In assenza di fatti nuovi il Senatur potrebbe decidersi a staccare la spina, sulla spinta della base.

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