venerdì 17 giugno 2011

Qualcosa di sinistra


Vendola: 'Così vince la sinistra'
di Denise Pardo da Espresso

Le amministrative e i referendum hanno parlato chiaro: primarie sempre, dialogo con tutti, consultazioni dalla base per decidere il programma. E basta negoziati tra i leader nei corridoi. Parla il leader di Sinistra Ecologia e Libertà

(16 giugno 2011)

Quando l'antropologia politica studierà miracoli e colpi di scena - le amministrative, i referendum - al tempo del berlusconismo ma al di fuori da esso, Nichi Vendola, leader di Sel, governatore di Puglia per ben due volte fuori ortodossia, vate delle primarie sempre, sarà al primo posto. Dopo di lui, Giuliano Pisapia sindaco - stesse radici - e il botto referendario. Vittorie sulle quali Nichi ha molto puntato e si è molto speso, a volte nel timore di tanti. "Potere al popolo", per lui è più che mai vero, nel senso di consultarlo, per andare oltre il vecchio modello di partito. Vendola parla di questo, del programma del centrosinistra da dare in outsourcing, dei rapporti con Bersani e Di Pietro, della possibile interlocuzione con Pier Ferdinando Casini.

Il successo delle amministrative. I referendum ben oltre il quorum. Improvvisamente, in Italia, la svolta.
"Bisogna considerare lo scenario globale e guardare con molta attenzione le novità dei segni che dalla piazza Puerta del Sol alla piazza Tahrir raccontano un network planetario, una rete della libertà e un linguaggio che declina l'alfabeto dei diritti, l'espressione dell'indignazione. E' la fine di un'epoca e di un'egemonia della destra che ha cucito insieme integrazione economica e disintegrazione socio-culturale usando un vocabolario cinico e maschilista, mercantile e predatorio che va dalla saga dei petrolieri texani a quella di Arcore con Apicella. Questo per ricordare in che mondo è capitato quello che è capitato in Italia".

Bene. Allora cosa ha determinato la svolta?
"Non il centrosinistra. Non i partiti. Ma i tanti movimenti che hanno lavorato alla semina, dissodato una terra molto pietrosa e inquinata dal berlusconismo".

Quali?
"In primis le donne che a febbraio, manifestando, hanno messo a fuoco la natura del berlusconismo: non una malattia ma una fisiologia, in qualche modo, l'autobiografia della nazione. I giovani, quelli dello slogan del "futuro è adesso", assillati da una gigantesca crisi sociale, dall'urgenza della precarietà del lavoro, della dequalificazione degli apparati formativi. Fiom e Cgil. I piccoli comitati territoriali, migliaia, l'associazionismo, il volontariato, la mobilitazione frontale del mondo cattolico. E l'impegno di due grandi cattedre: quella di papa Ratzinger e quella del papa laico, Mario Draghi. Ambedue hanno colto nella precarietà un dato di crisi globale della nostra società. Il mondo mette in movimento tanti mondi. Tanti mondi mettono in movimento il mondo".

Un patrimonio. Come capitalizzarlo?
"Un centrosinistra che lascia alle spalle l'immobilismo e la conservazione, è un centrosinistra che torna a vincere. Attenzione: torna a vincere perché è sospinto da un formidabile processo di critica verso le oligarchie. Vince perché ha vinto l'ingerenza democratica. Abbiamo assistito a una bella lezione sul modo di dirimere le controversie più incandescenti, no? Se avessimo convocato gli stati maggiori del centrosinistra per assumere una linea comune sull'acqua bene comune, non ci saremmo mai riusciti. Come abbiamo risolto, allora? Con la democrazia, con la partecipazione e la discussione collettiva. Sono stati i referendum a riscrivere un pezzo del programma del centrosinistra".

Ultimamente, lei ha prefigurato la nascita di un unico partito con Pd e Sel.
"Sarebbe un errore riprendere l'ordinario cammino dei partiti. Considero i partiti necessari ma non esaustivi, inadeguati per certi versi a rappresentare le domande di cambiamento. Su ciascun problema, continuiamo ad esibire le nostre magliette: io sono un radicale, tu sei un riformista, quello è un antagonista e tu sei un moderato. Vale solo il posizionamento simbolico. Ma poi la discussione come la facciamo? Mettiamola così: è cambiato il mondo. Lo so è una dichiarazione apodittica. Ma oggi il mio radicalismo consiste davvero soltanto nella considerazione che è finito il Novecento, a Fukushima, al Cairo, a Tripoli. Risolvere i problemi di oggi con gli occhiali di ieri, rischia di farci parlare con codici diventati arcaici. "

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