giovedì 5 luglio 2012

"La rottura dell'euro non è più una ipotesi da scartare". intervista a Sergio Cesaratto, dal blog Controlacrisi.org .
Non ti sembra che la Germania esca comunque in modo positivo da questa vicenda visti anche i numeri che vanta sui fondamentali dell’economia? Non mi sembra plausibile sostenere che la Germania abbia a posto i fondamentali e possa affrontare qualsiasi scenario che a questo punto si prospetta, ovvero una rottura dell’euro o, in alternativa, un sistema che preveda anche l’eurobond. La Germania scommette che in qualche modo i paesi della periferia possono assorbire questo momento di grande difficoltà senza fallire o senza saltare del tutto. Se questo dovesse accadere bisogna ricordare che la Germania ha crediti fondamentali che non rivedrebbe indietro. La Germania teoricamente potrebbe avere un disegno che preveda una Europa di serie B che in qualche modo restituisce i debiti. Ma sinceramente a questo punto della situazione il rischio che i debiti non tornino indietro si fa sempre più alto. La Spagna ha le banche piene di mutui che non verranno onorati. L’Italia con questi livelli di spread rischia di avvitarsi su se stessa. Tanto più che si va avanti a manovre che di fatto abbattono il Pil. Se in Italia gli spread esplodono e non si possono sostenere tassi di interesse troppo alti vuol dire solo l’ uscita dall'euro perché lo Stato italiano dovrà riemettere moneta. Siamo davanti a un passaggio storico. Non è azzardato dire che se ci fosse nei pressi un paese messo meglio di noi potremmo assistere a barconi carichi di italiani alla ricerca di un approdo. Quale alternativa potrebbe praticare la Germania? Sostanzialmente la Germania dovrebbe come alternativa seria alla rottura dell’euro consentire l’intervento della Bce per riequilibrare la competività tra paesi. La Germania dovrebbe accettare di lanciare in maniera forte la domanda interna e con un po' di inflazione consentire la ripresa delle economie degli altri paesi. E’ chiaro che i tedeschi non accetteranno mai. Non accetteranno mai di smettere di essere un paese mercantilista, vendere e non comprare. Non credi si sia fatta troppa retorica di regime sul vertice Ue di fine giugno a proposito del ruolo di Monti? Monti tornando dal vertice di fine luglio ha continuato a vendere come positivo l'ennesimo insuccesso. Niente è risolutivo. Questa manovra salva spread dell’Europa alla fine si riduce a 500 miliardi già in parte destinati ai vari paesi. Tutto sommato è un miseria rispetto all’entità della posta in gioco. E poi c’è da dire che quello messo in piedi non è un meccanismo tempestivo. E la tempestività sui mercati è tutto. Non è come la Bce comprasse direttamente sui mercati. La procedura prevede prima una specie di umiliazione politica da parte del paese che si trova in difficoltà. L'Italia, o chi per lei, deve firmare un memorandum prima di poter avere lo scudo anti-spread. Già qualche economista ha fatto notare che una volta che il Governo italiano dovesse dichiarare di voler ricorrere a questo strumento ecco che per i mercati diventerebbe una dichiarazione di debolezza. E’ chiaro che sarebbe servita una maggiore operativtivà della Bce che invece è stata fermata dalla Germania. L'intervento della Bce è l'unico intervento auspicabile. Se vuole può portare lo spread al livello giusto. Quando il franco svizzero si stava rivalutando la Svizzera disse di no perché metteva nei guai le esportazioni. E imediametamente il franco ha subito una battuta d’arresto. Nessuno sfida la banca centrale perché può stampare all'infinto. Che giudizio dai della spending review? Che ci siano da colpire gli sprechi siamo tutti d'accordo ma questo va fatto per destinare i risparmi a spese sociali utili. Non è possibile introdurre assolutamente nessun altro taglio. Noi già stiamo vedendo gli effetti delle manovre precedenti con caduta di entrate fiscali, aumento della disoccupazione, peggioramento dei conti pubblici. Questa ennesima manovra che è di tagli è una assurdità. Ripeto, se si trattassee di fare una spending review per togliere gli sprechi va benissimo, ma qui stiamo parlando di un’altra cosa. La spesa non deve diminuiire ma aumentare. Non è difficile prevedere che la situazione continuerà a peggiorare. La risposta dei sindacati non è che sia stata così all’altezza. La sinistra tende a dire manovra iniqua. Ma prima va detto che è controproducente sui conti pubblici. L'iniquità è aggiuntiva. I tagli vanno bene a parità di spesa. Stante il livello della spesa pubblica che non va toccato poi si può redistribuire. Perfino se fosse equa sarebbe da rifiutare a meno che non tolga davero dagli sprechi. In un momento di crisi come questo si avverte una certa distanza tra la condizione reale della gente e la classe dirigente Syriza in Grecia ha chiamato gli economisti a discutere e a proporre elementi per affrontare il confronto con l’Europa. La sinistra italiana niente. Chiamare gli economisti sarebbe sinominmo di cominciare a costruire le proposte concrete e aprire una finestra sulla realtà concreta del Paese. Diventiamo una sinistra concreta che parla dei prolblemi della gente. E questo confrontandoci anche su proposte radicali come l'uscita dall'euro. A questo punto è sempre più concreta? Con un gruppo di economisti sta per uscire su Micromega on line un e-book che tratta anche di qeusto. Tutti sono portati a dire che l'unica via di uscita è, appunto, l'uscita dall'euro. Se esce solo l'Italia è fattibile. Ci saranno due tre settimane di passione e poi si entra in un nuovo scenario. Le nostre esportazioni riprenderebbero alla grande. E' chiaro che non è che posssamo aspettarci che la situazione cambi dall'oggi al domani. Il grande pericolo è che riprenda l'inflazione, ma se il prezzo del petrolio si dovesse mantenere basso potrebbe non succedere. Certo, dopo dccenni di repressione salariale dovremmo mettere nel conto una richiesta generalizzata di aumento da parte dei lavoratori. E dei segnali in quella direzione vanno dati. Ci vorrebbe, insomma, una potilica dei redditi. Con la ripresa della produttività, però, ci sarebbero i margini per la ripresa dei salari reali. Sergio Cesaratto è professore ordinario di Economia politica all'Università di Siena.

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