domenica 1 luglio 2012

Il fumo di Bruxelles.

Anti-spread: è presto per cantare vittoria.di Fabio Scacciavillani(Chief Economist Fondo d'investimenti dell'Oman), da Il Fatto Quotidiano. Quell’immancabile dose di puerilità che permea le italiche analisi economiche ha trovato sublimazione nei paralleli tra la vittoria (reale) a calcio e quella (immaginaria) in Europa. Il tripudio mediatico per il “successo” del Mario a torso scoperto si intreccia ai toni tronfi della Triade ABC, inebriata al pensiero degli euro che copiosi fluiscono dalle lande renane verso le cricche dello Stivale. Con il voto alle porte le clientele (atterrite e oltraggiate da ventilate spending review e dismissioni) minacciano sfracelli se i capibastone non provvedono alle elargizioni pre-elettorali.    Il Te Deum a reti unificate, (che evoca quelli intonati nella Roma papalina per celebrare la “vittoria” a Marengo contro Napoleone) è un messaggio subliminale al generone parassitario sull’imminente arrivo della pastura. Ma gli accordi siglati nell’alba livida di Bruxelles vanno letti in una chiave più complessa. Il contenzioso tra paesi eurodeboli ed euroforti sin dall’innesco della crisi ha riguardato la governance di Eurolandia, ovvero come evitare che dopo l’iniezione di fondi le cricche dei Pigs si tenessero lontane dal trogolo. Su questo i tedeschi è difficile che cedano.    In sostanza Merkel & Co. hanno preteso il vincolo costituzionale sul bilancio in pareggio e un pervasivo controllo europeo ex ante sulle spese degli stati con debiti sovrani a rischio. Quando si parla di Europa federale la beata ingenuità agogna al “volemose bene” con conto spese a carico di Berlino. Invece ABC e i loro sottopancia avranno un’amara sorpresa perché un sistema federale implica un trasferimento di poteri nazionali, soprattutto in materia di finanza pubblica. E siccome il bilancio dello stato viene redatto in base alle leggi di spesa (pensioni, sussidi, trasferimenti agli enti locali, impiego pubblico, ecc.), un sistema federale implica un intervento drastico su tali leggi e pertanto un vincolo stringente per i Parlamenti nazionali. Questo è il nocciolo del federalismo europeo, per chi non avesse compreso. La Francia si era finora opposta a questo passo, ora sembra aver ceduto, ma la definizione del processo verso l’unione federale, di cui si sono poste le basi a Bruxelles, è appena agli inizi e i dettagli si inizieranno a discutere dal prossimo Eurogruppo il 9 luglio. Monti esprime soddisfazione perché l’attivazione del meccanismo anti spread (ancora tutto da definire) non sarebbe soggetta a “condizioni capestro” come strombazzano i telegiornali. Da cosa derivi questa sicurezza è un mistero. Bce e la Commissione Europea non avranno remore a mostrarsi severe anche senza il coinvolgimento del Fmi. Si dice che degli interventi beneficerebbero solo i paesi che “abbiano fatto i compiti a casa”, cioè abbiano adottato misure adeguate per fronteggiare la crisi. L’Italia dai tempi di Berlusconi alla gestione Monti non ha fatto molti compiti, anzi ha marinato la scuola due giorni su tre. Inoltre se un paese adotta “misure adeguate” a cosa servirebbero gli interventi straordinari? Il supporto del fondo salva stati serve proprio per dare tempo ai governi inetti di preparare l’esame di riparazione. Per di più le risorse per far fronte ad una richiesta di supporto dell’Italia sono nell’ordine di 500 miliardi di euro a fronte di un debito di 2 trilioni. Un’argine di cartapesta contro l’eventuale onda di piena.  Insomma il veni vidi vici del condottiero in loden (con i cori della casta) è intriso di improvvido ottimismo autocongratulatorio. Lo stesso ottimismo esibito sulle misure per la crescita, limitate in pratica a vaghi progetti sulle infrastrutture. Tra riforme, emissione di project bonds, ricapitalizzazione della Bei, progettazione, gare d’ appalto e apertura dei cantieri nel migliore dei casi vedremo gli effetti tra due anni (se le popolazioni locali non si ribellano).    Nella gestione di crisi virulente quasi mai si verificano eventi risolutivi. Faticosamente si compiono passi più o meno lunghi (ed errori) in una prosaica ricerca di soluzioni che si dipana per anni. Siamo ancora a metà del guado tra i gorghi di un fiume limaccioso.  *************************************************************  ************************************************************************************* ************************************************************************************* ************************************************************************************* Misure anti-spread: più fumo che arrosto. di Lavoce.info, da Il Fatto Quotidiano. Il risultato ottenuto dal governo italiano sul meccanismo anti-spread è più apparente che reale: lo Esm (Fondo europeo di stabilità finanziaria) continuerà a operare secondo le regole già previste. La Bce è il vero vincitore della partita giocata al vertice di Bruxelles: ottiene la supervisione bancaria ed evita qualsiasi coinvolgimento nel meccanismo anti-spread. L’intervento diretto dello Esm nel capitale delle banche ci sarà, ma la Spagna dovrà attendere per poterlo usare.
di Angelo Baglioni* (lavoce.info) Le conclusioni del vertice del 28-29 giugno prevedono, per quanto riguarda i meccanismi di stabilizzazione finanziaria nella zona euro, quanto segue: 1) La supervisione sulle banche passerà dalle autorità nazionali alla Banca Centrale Europea. 2) Solo dopo che tale trasferimento di sovranità sarà attuato, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Esm) potrà intervenire direttamente nelle operazioni di salvataggio e ricapitalizzazione delle banche. “Questa procedura si baserà su un’appropriata condizionalità… che sarà formalizzata in un memorandum d’intesa”. 3) Il fondo europeo Esm potrà intervenire sul mercato dei titoli di stato per stabilizzarne i rendimenti, a patto che i paesi interessati “rispettino le raccomandazioni specifiche per paese e gli altri impegni, tra cui i rispettivi calendari, nell’ambito del semestre europeo, del patto di stabilità e crescita e delle procedure per gli squilibri eccessivi. Tali condizioni dovranno figurare in un memorandum d’intesa”. Due novità sostanziali I primi due punti rappresentano vere novità, di cui forse si potranno già avvalere Spagna e Irlanda per gestire le rispettive crisi bancarie. Il terzo punto, meglio noto come “meccanismo anti-spread”, non comporta invece nessun sostanziale passo avanti, essendo già tutto previsto nello Statuto dello Esm: l’Italia quindi porta a casa ben poco. Il trasferimento della supervisione bancaria alla Bce è un tassello importante del cammino verso la “unione bancaria”. Potrà essere effettuato in tempi relativamente rapidi per gli standard europei. Si potrà infatti sfruttare un articolo (127) del Trattato Ue, che dà al Consiglio europeo il potere di conferire poteri di supervisione bancaria alla Bce, previa consultazione della Commissione e del Parlamento europeo. Dovrebbe essere un iter più veloce di quello previsto per gli altri tasselli dell’unione bancaria: assicurazione europea dei depositi e fondo europeo per la gestione delle crisi bancarie. Questi altri elementi, se mai vedranno la luce, dovranno passare per il solito rito delle proposte formulate dalla Commissione e successiva approvazione del Consiglio e del Parlamento: un processo che può richiedere anni, come è stato per la recente proposta di direttiva in materia (che abbiamo già avuto modo di commentare). L’intervento diretto dello Esm nelle operazioni di ricapitalizzazione delle banche in crisi ha un duplice vantaggio: 1) evita che il passaggio dei fondi europei tramite il governo nazionale del paese interessato faccia salire il debito pubblico di quel paese; 2) consente allo Esm di porre precise condizioni alle banche interessate per l’accesso ai fondi europei. La speranza è che per questa via l’accesso ai fondi sia condizionato all’imposizione di costi ai quei soggetti che hanno deciso di incorrere in rischi elevati facendo affidamento sul salvataggio pubblico: manager, azionisti, creditori (esclusi i depositanti al dettaglio). Germania vs Italia La Germania ha però ottenuto che questo accesso diretto ai fondi dello Esm possa avvenire solo dopo che sarà entrata in vigore la supervisione da parte della Bce, in omaggio al principio più volte ribadito dalla cancelliera Merkel: prima si trasferisce la sovranità, poi si ha accesso alle risorse comuni. Di conseguenza, l’operazione in corso a favore della banche spagnole avverrà secondo le regole attuali, cioè passando per il governo spagnolo, salvo aggiustamenti successivi. La Spagna ha però ottenuto quello che voleva, cioè che lo Esm non sia creditore privilegiato: la seniority dello Esm avrebbe fatto salire il rendimento dei titoli di stato spagnoli. Chi ha ottenuto di meno è stata l’Italia, nonostante lo sforzo diplomatico del nostro premier. Il nostro governo era partito con l’idea che l’Esm dovesse essere dotato della flessibilità e delle risorse necessarie per intervenire sul mercato dei titoli di stato, al fine di stabilizzare i famosi spread per quei paesi che, come l’Italia, sono in regola con gli accordi europei relativi ai piani di aggiustamento fiscale. Questo comporterebbe che l’Esm possa finanziarsi presso la Bce e possa agire al di fuori della normale procedura di richiesta di aiuto da parte di un governo e successiva firma di un Memorandum, con relativo monitoraggio della Troika. Viceversa, il risultato del vertice prevede proprio che per usufruire dell’intervento dello Esm, anche nella forma di acquisto di titoli sul mercato, si passi tramite la solita trattativa che porti alla firma del Memorandum: quindi non c’è nulla di più di quanto già previsto dallo statuto dello Esm. In parole povere, sul meccanismo anti-spread la signora Merkel non ha concesso nulla. And the winner is… Il vero vincitore della partita è la Bce, o meglio la Bundesbank. Da un lato, la Bce ottiene la supervisione bancaria, che le consente di estendere il suo ruolo istituzionale. Dall’altro, riesce ad evitare che le sia conferito il ruolo di prestatore di ultima istanza nei confronti degli stati della zona euro, ruolo sempre fortemente osteggiato dalla banca centrale tedesca, che ha sempre rumoreggiato contro il Securities Market Program della Bce, fino ad ottenere che fosse abbandonato. Questo atteggiamento della banca centrale rappresenta un ostacolo formidabile verso l’unico meccanismo anti-spread veramente efficace: la fissazione di un target sugli spread da parte della Bce, con l’impegno ad intervenire sul mercato per farlo rispettare. La banca centrale è l’unica istituzione dotata delle risorse e della flessibilità per mettere un freno agli spread. Tale compito rientra nella sua responsabilità di assicurare condizioni monetarie uniformi nell’area euro. Il problema dell’azzardo morale può essere risolto rendendo gli interventi condizionali al rispetto degli impegni presi dai governi nell’ambito del fiscal compact e del semestre europeo. Gli interventi non avrebbero necessariamente un impatto inflazionistico: la base monetaria creata non si tradurrebbe automaticamente in un aumento della moneta, e potrebbe essere ritirata successivamente; in ogni caso l’inflazione non è certo il problema più urgente dell’Europa in questo momento storico. *Angelo Baglioni insegna Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano, Facoltà di Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative. Ha recentemente insegnato anche al Master in Economia e Banca presso la Facoltà di Economia R.M.Goodwin dell’Università di Siena. E’ membro del Comitato direttivo e scientifico del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica di Milano e Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa). Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo), come responsabile della Sezione Intermediari Finanziari. I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto libri e articoli pubblicati su riviste internazionali. E’ laureato in Università Bocconi e ha conseguito il Master in Economics presso la University of Pennsylvania.

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