mercoledì 17 agosto 2011

Parla Nichi


Vendola: «Italia alla deriva, serve una svolta»

giovedì 18 agosto 2011 | Leonardo Molinelli

Il Corriere Canadese intervista il Presidente di Sinistra Ecologia Libertà. Una rivoluzione culturale. Elezioni al più presto, primarie e misure che tassino chi ha più soldi per alleviare le sofferenze di chi ne ha meno. Non è il programma di Robin Hood, ma quello di Nichi Vendola, presidente della regione Puglia oltre che del partito SEL, per il futuro dell’Italia.

«Il Canada chiama e io rispondo…» esordisce Vendola prima di parlare con il Corriere Canadese sui problemi economici del Belpaese, su quelle che secondo lui sono le soluzioni migliori ma anche sul Vendola possibile candidato premier.

Presidente Vendola, com’è la situazione in Italia in questo momento?«L’unica cosa assolutamente stabile in Italia è il sentimento di totale instabilità. Instabilità sociale, economica e politica. È un Paese alla deriva, con una classe dirigente travolta dagli scandali e da una questione morale che non appare più l’espressione di una patologia ma sembra diventata la fisiologia della vita pubblica. Sono così giunti al pettine tutti i nodi di un quindicennio di chiacchiere demagogiche e populiste mescolate a feroci politiche che hanno colpito al cuore il ceto medio, i pensionati, il mondo del lavoro subordinato e soprattutto le giovani generazioni».

Qual è secondo lei la soluzione?«Credo che la via maestra sia quella indicata dalla Spagna. Rompere gli indugi, tornare alle urne e costruire nel Paese la svolta sociale e culturale che è ormai matura. Berlusconi è assoluta minoranza nel Paese e il Berlusconismo ha devastato la fisioniomia civile ed economica dell’Italia. Oggi occorre un governo di alternativa, non servono i pasticci».

Quindi nessun governo tecnico?
«Esattamente, i governi tecnici istituzionali sono un rimedio peggiore del male. Non c’è nulla di tecnico ed istituzionale nella scelta che è di fronte a noi: dobbiamo salvare milioni di famiglie e chiedere sacrifici, questa volta per la prima volta, alla grande proprietà, alla ricchezza, alla rendita finanziaria, alle forze della speculazione. In un Paese in cui l’evasione fiscale gira tra i 130 e i 300 miliardi di euro all’anno non è possibile immaginare che sia un pensionato che guadagna 500 euro al mese o un giovane che sta invecchiando senza lavoro a doversi fare carico del tema del contenimento del debito pubblico. Loro devono già fronteggiare i loro debiti privati».

Un progetto piuttosto ambizioso in questa Italia.«L’ambizione non è mia. Credo che la domanda di svolta radicale sia matura nel Paese, come si è visto nelle ultime elezioni amministrative e nella tornata referendaria».

Tutto ciò passerebbe dalle primarie?«Credo che il centrosinistra abbia imparato che le primarie rappresentano sempre un valore aggiunto, la possibilità di costruire non soltanto un’alleanza tra Stati maggiori dei partiti ma di mettere in campo un grande processo di partecipazione popolare».

Conoscendo la storia del centrosinistra italiano, in caso di vittoria alle primarie e poi alle politiche, non teme di finire come Romano Prodi, per due volte generale senza esercito?«Il punto è tutto politico e riguarda la volontà di mettere entrambi i piedi in un’epoca storica nuova in cui non è più il caso di accontentarsi di collocare bandierine ideologiche sul terreno che si occupa. Noi siamo nell’epoca segnata da grandi catastrofi, e penso a Fukushima, segnata dal bisogno di rispondere con coscienza ecologica alla domanda di sviluppo, di lavoro, di benessere, di reddito delle giovani generazioni. In Italia abbiamo la prima gioventù che è compiutamente orfana di lavoro, di reddito e di previdenza e questo non crea soltanto una gigantesca ingiustizia sociale. Crea perfino un corto circuito antropologico».

Nella prospettiva di candidarsi l’essere presidente della Regione Puglia è un aiuto o può diventare un intralcio?«L’essere presidente di Regione intanto è un osservatorio particolarmente denso di occasioni di crescita, anche umana. È il luogo in cui si impara, vicino ai cittadini e ai territori, a padroneggiare la complessità delle procedure e dei problemi. Io poi sono presidente di una grande regione del Sud, governo una coalizione complessa e tuttavia penso, nonostante errori e inciampi, di aver messo in piedi un’idea differente di Sud. Non il Sud lamentoso e maledetto, ma un Sud orgoglioso, capace oggi di presentarsi sulla scena internazionale come oggetto di fascino e di tendenza. Il brand Puglia è oggi un elemento di qualità».

Quindi aiuta a capire i meccanismi del gioco.«Un conto è cantare il dolore del mondo, un conto è avere l’opportunità di curare il dolore del mondo».

Chi sono i tre personaggi che metterebbe in un pantheon ideale che rappresenti le sue idee?«L’idea di organizzazione delle reti sociali che ho costruito negli anni, l’ho costruita in relazione ad un sacerdote molto particolare che è don Luigi Ciotti, fondatore dell’univeristà Abele e oggi capo di Libera l’associazione delle associazioni anti-mafia. La mia simpatia dal punto di vista di un modo specifico di abitare la zona internazionale va ovviamente ad Emergency e a Gino Strada. La mia idea di economia, coniugata al rispetto delle storie, delle identità, delle tradizioni, dei diritti umani è molto affezionata, direi innamorata, a Carlo Petrini di Slow Food. Ci sono poi molti nomi al femminile che vorrei fare, perché credo che la parità di genere sia la cartina di tornasole per rendere credibile il cambiamento. Piuttosto che citare una donna però, dico il pensiero della differenza, la cultura delle donne, la libertà delle donne, la voce delle donne. Tutto ciò deve essere al centro di tutta l’azione di governo e deve attraversare tutti i territori della pubblica amministrazione».

Quindi la donna in quanto genere.
«Le donne e le loro battaglie di libertà».

Pugliese, omosessuale, comunista e cattolico. Lei fonde in sé caratteristiche che per un Paese come l’Italia sono spesso inconciliabili. In cosa questo suo modo di essere l’ha aiutata e in cosa l’ha frenata?«Mi aiuta il fatto di non aver mai praticato l’ipocrisia e mi danneggia il fatto di non aver mai praticato l’ipocrisia».

Una delle istanze che più la caratterizzano è la sua militanza nel Partito comunista, un fattore che può spaventare molti elettori in Italia e all’estero. Cosa le ha dato di positivo questa sua militanza e cosa di negativo?«Il Comunismo è stato forse il più grande sogno dell’umanità. Quando poi nel ’900 si è strutturato in forma di Stato si è trasformato in un gigantesco incubo. Le domande da cui è sorto, la liberazione umana, l’uguaglianza, la libertà dalla miseria, la libertà dalla superstizione sono attualissime, diciamo che sono state sbagliate le risposte»

Crede si possa fare?
«Analizziamo criticamente le risposte e facciamo i conti con gli errori e con gli orrori del Ventesimo secolo dal lato delle bandiere rosse. Dobbiamo evitare però di seppellire anche le domande, perché queste restano intatte oggi più che mai. Dobbiamo saperle coniugare nelle forme nuove. Per questo per me il nome del mio partito, Sinistra ecologia e libertà, sono tre parole che hanno pari dignità: Sinistra è sempre il tema dell’uguaglianza e della giustizia sociale, ecologia è centrale immaginare la conversione ecologica del modello di sviluppo. Libertà è una parola che va oggi intesa a partire dalle nuove soggettività, dalle loro battaglie, dall’inviolabilità di ogni essere umano».

Che segnale è allora quando il Parlamento boccia la legge sull’omofobia?
«È il segnale di una classe dirigente immorale e moralista. Una classe dirigente che non capisce cosa c’è fuori dal Palazzo. La condanna dell’omofobia oggi appartiene a un sentimento assai diffuso. Purtroppo abbiamo una classe dirigente omofoba e anche abbastanza ipocrita da questo punto di vista perché è un’omofobia esplicita che serve come nascondiglio per identità sparpagliate».

L’ipocrisia di cui parlava prima.
«E certo».

Leonardo Molinelli

Fonte: http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=111273

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