mercoledì 25 aprile 2012

ROSSANDA SUL RISULTATO FRANCESE


La Francia che cambia

di Rossana Rossanda, dal Manifesto

25.04.2012

Non considero così irrilevante il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali francesi come lo giudicano Marco d'Eramo e Daniela Preziosi. Certo è l'opposto della marmellata parlamentare italiana, dove tutti, salvo la Lega, accettano Monti e Fornero dopo qualche flebile tentativo di divincolarsene. La Francia è invece divisa almeno in due, destra e sinistra, e fortemente radicalizzata da una parte e dall'altra. Ma mentre i socialisti di Hollande e il Front de gauche di Mélenchon vanno uniti al secondo turno, le destre di Sarkozy e di Marine Le Pen sono aspramente divise.
Il Front National, al livello più alto mai ottenuto in una presidenziale - la figlia ha superato il genitore -, mira ad assai più che a portare sangue a Sarkozy, nonostante la corte sfrenata che egli ha fatto al suo elettorato e accentua da due giorni, «a destra tutta». La bionda e virulenta Marine non nasconde che punta a spaccare il partito del presidente e diventare la sola forte destra, e non ha cessato di impallinare Sarkozy, che è l'Europa di Bruxelles e il gemello di Angela Merkel, cioè il nemico principale. Darà la consegna di voto il primo maggio, quando i suoi si riuniscono tradizionalmente sotto il monumento di Giovanna d'Arco ma sembra che lascerà libertà di voto con un accento sull'astensione. Fra due mesi ci sono le legislative e ad esse punta.
Anche per Sarkozy sarà più facile tentare di demolire Hollande sulla spesa pubblica e la sicurezza che giocare la carta del protezionismo, che di Marine Le Pen è l'asso di cuori, quella che le ha permesso di pescare il voto operaio nel diluvio di delocalizzazioni, anche sfondando le sue roccaforti tradizionali a nord e sud. Sarkozy ha già ricevuto un ammonimento da Bruxelles preoccupata dalla crescita delle destre estreme; neanche la Merkel è entusiasta, sono entrate in comprensibile fibrillazione le associazioni ebraiche. I Le Pen, padre e figlia, sono poco digeribili per quella abbondante metà del paese che ha ancora sullo stomaco il petainismo. Insomma la libertà di movimento di Sarkozy ha dei limiti. Intanto si è inventato per il primo maggio una «festa del vero lavoro» che si contrapporrà al corteo dei sindacati.
Hollande non ha certo il temperamento di un rivoluzionario, ma è tenace, si è preparato, ha scelto come Mitterand la force tranquille ed ha ribadito fino all'ultimo il punto che allarma i mercati: non accetta il «fiscal compact» e rimetterà in causa l'adesione del passato governo. CONTINUA | PAGINA 3
Una cosa gli è chiara, che su quella linea alla Francia, che ha un deficit molto superiore al nostro (più basso in relazione al Pil) non resterebbe un quattrino per la crescita, e crescita e tagliare le unghie alla finanza sono i suoi argomenti più forti.
Sui quali sarà incalzato da Mélenchon, che rappresenta la vera novità: dai minimi cui era arrivato il Pcf è salito in poche settimane di calorose manifestazioni, affollate di giovani e operai, al 16 per cento nei sondaggi. Ne ha realizzato soltanto 11 e rotti, ma è un risultato senza pari per una sinistra radicale, che ha con sé anche il Pcf senza avergli concesso nulla.
Benché i media abbiano fatto di tutto per appaiare in antieuropeismo Mélenchon e la figlia di Le Pen, essi non si somigliano in nulla se non nel rifiuto del rigore. Mélenchon non è protezionista, non è xenofobo, il 1 maggio sfilerà con i sindacati. È insomma riapparso il fantasma di una sinistra radicale non gruppuscolare, che non entrerà al governo ma appoggia la candidatura di Hollande e si conterà nelle elezioni legislative che seguiranno a giugno. La nuova Assemblée Nationale sarà non poco diversa dall'attuale.
In verità il duo franco-tedesco che ha diretto quest'anno l'Europa senza alcuna legittimità sta subendo un fiero colpo. Se passa Hollande, se si considera che anche Angela Merkel è già meno forte, dell'Italia non si occupa nessuno, e che la apparentemente inossidabile Olanda è entrata in questi giorni in apnea, l'ipotesi più verosimile è che si incrina in Europa il fronte dell'austerità.
Farebbero bene a pensarci Bersani e D'Alema, dopo lo scacco dell'incontro con il Ps e la Spd. Le carte europee possono essere ridistribuite, e se non lo fa Bersani lo farà qualcun altro.

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