mercoledì 25 aprile 2012

Capire il successo del FN in Francia


Marine Le Pen, la signora in nero

Ritratto della donna che ha cambiato il volto dell'estrema destra francese e che annuncia la trasformazione del populismo europeo da fenomeno antisistema in sfida aperta per l'egemonia politica e culturale, in nome della difesa delle identità nazionali e dei settori più deboli della società, a partire dal mondo del lavoro.

di Guido Caldiron, da Micromega

"Hollande e Sarkozy? Per me rappresentano e hanno sempre rappresentato la stessa cosa. Siamo noi del Front National l'unica vera opposizione al sistema". Grazie alla sua clamorosa affermazione al primo turno delle elezioni presidenziali francesi, ha raccolto circa il 18% dei voti, Marine Le Pen ha raggiunto più di un risultato.

Da un lato, a circa un anno dal passaggio di testimone con il padre per la guida del partito, avvenuto all'inizio del 2011 a Tours in occasione del XIV congresso nazionale del Fn, ha dimostrato di poter far crescere ancora il consenso per le tesi dell'estrema destra, dall'altro, forte dei voti raccolti, si è posta nella condizione di poter giocare il ruolo dell'arbitro per il ballottaggio delle presidenziali, fissato per il 6 maggio, da cui uscirà il nome del futuro inquilino dell'Eliseo. Non a caso, i media francesi più che celebrare il successo registrato fin qui dal socialista François Hollande, hanno lanciato l'allarme proprio per lo score raggiunto da Marine Le Pen. Anche perché la candidata del Front National, che scioglierà la riserva sulla sua indicazione di voto per il ballottaggio solo il 1 maggio in occasione della tradizionale manifestazione parigina del Fn - in onore di Giovanna d'Arco e del "lavoro francese" -, non fa mistero di considerarsi già oggi come l'unica vera leader dell'opposizione futura e di scommettere su una sconfitta di Sarkozy, e su un'implosione del partito di centro-destra Ump, proprio per poter costruire un nuovo rassemblement di tutta la destra, stavolta riunita intorno al suo partito. Con le elezioni legislative, le nostre politiche, fissate per giugno, gli auspici di Marine Le Pen suscitano non poche inquietudini oltralpe: stavolta il vecchio partito xenofobo fondato nel 1972 da Jean Marie Le Pen come federazione di gruppi neofascisti sotto la guida degli uomini di “Ordre Nouveau”, non sembra trovarsi più ai margini della politica francese, per occuparne invece un ruolo centrale.

Nel corso della sua lunga esistenza il Front National aveva già raccolto significative affermazioni, su tutte la vittoria al primo turno delle presidenziali del 2002 di Le Pen sul candidato della sinistra Lionel Jospin e il successivo ballottaggio tra l'ex parà della guerra d'Algeria e il presidente gollista Jacques Chirac. Mai però c'era stata la sensazione che le idee dell'estrema destra potessero costruire una sorta di egemonia nella società francese. A conclusione del decennio segnato dalla figura di Nicolas Sarkozy, comunque vada la sua sfida con Hollande tra 15 giorni, che ha costruito le proprie fortune elettorali proprio pescando apertamente nel repertorio identitario e xenofobo del Front National, e perciò rendendo in qualche modo legittimo ciò che prima appariva come un tabù della democrazia, con l'arrivo di Marine Le Pen alla guida del partito razzista, il peggiore dei fantasmi che ossessionano la Francia della Quinta repubblica, sembra ora poter diventare realtà. E' quell'"effetto Marine", quella "normalizzazione" del Front e delle sue idee, che in molti avevano paventato quando la figlia del vecchio capo dell'estrema destra transalpina aveva annunciato di voler prendere le redini dell'"impresa di famiglia".

Nata nel 1968 a Parigi, avvocato, tre figli, già eletta nelle fila frontiste al Parlamento europeo e nel consiglio regionale del dipartimento del Nord Pas de Calais, Marine Le Pen ha definito un proprio percorso personale in seno al Front National, non ha esitato a criticare le intemperanze verbali di suo padre, a prendere le distanze dal suo negazionismo – «Io non metterò mai in dubbio l’esistenza delle camere a gas», dichiarava già nel 2004 – e a segnalare di voler consegnare definitivamente, almeno in apparenza, al passato la Storia del Novecento. Non solo, si è allontanata anche da alcuni cliché dell’estrema destra: parla senza tabù di aborto e famiglia e si presenta come una donna che lavora, con “i piedi per terra”. E ha posto al centro della sua azione politica “la questione sociale”, anche se declinata in termini di difesa degli interessi nazionali, e la minaccia dell’“islamizzazione” del paese, sorta di versione popolare del tema dello “scontro di civiltà”. Quando, nel 2006, ha tracciato in un libro, A contre flots, a metà strada tra l’autobiografia e il manifesto politico, il suo orizzonte e annunciato, tra le righe, la sua futura candidatura ai vertici del Fn, Marine Le Pen è stata del resto molto chiara: «Penso che se il Front National è stato in passato un partito di estrema destra, sia oggi diventato un grande partito popolare. E che a questo titolo si debba preparare ad accogliere al suo interno milioni di francesi. Per fare questo ci si deve volgere risolutamente verso il futuro e, senza dimenticare il passato, smetterla di litigare sulle guerre del passato. Fedele alle sue idee, il Fn deve però tenere conto fino in fondo della società attuale, per convincere tutti della sua attitudine a governare».

Con questo profilo, accompagnato da uno sguardo triste e da un sorriso misurato che la rende simile ai “piccoli bianchi” che intende rappresentare, Marine Le Pen è subito riuscita gradita al pubblico televisivo ed è diventata negli ultimi anni, e ancora di più negli ultimi mesi, una presenza fissa nei maggiori talk-show del paese, al punto che la giornalista di Le Monde Christiane Chombeau la definisce come «una nuova stella mediatica» nella sua inchiesta Le Pen fille & père. «Con lei – spiegano Caroline Monnot e Abel Mestre in Le Système Le Pen – si gira definitivamente una pagina della storia del Front National. Nata sei anni dopo la fine della guerra d’Algeria e ventiquattro dopo la fine della Liberazione, i suoi riferimenti e le sue riflessioni non sono radicate nel passato. Lei non è certo, come suo padre e altri fondatori del Front, “la figlia” di una sconfitta. Ciò che l’ha davvero segnata sono gli attentati dell’11 settembre e la crescita dell’islamismo». Marine Le Pen, aggiungono, «appare come una donna moderna. Lontana dall’immagine che ci si può fare dell’estrema destra. Una modernità che si rivela anche nel modo che ha di affrontare alcuni temi della società e su cui arriva, dolcemente, a modificare la linea stessa del suo partito. Come è accaduto con l’aborto – lei non vuole modificare la legge Veil che regola l’interruzione volontaria della gravidanza, pur difendendo una politica basata sull’aumento della natalità – o esprimendo grande tolleranza verso l’omosessualità».

Ma se Marine Le Pen si rivolge esplicitamente a quella parte dell’elettorato che stenta a riconoscersi in una visione troppo stretta e arcaica della cultura dell’estrema destra, per capirsi alla “Dio, patria e famiglia”, la prima novità rappresentata dalla sua leadership risiede proprio nel fatto che sia una donna a guidare per la prima volta una famiglia politica, che ha sempre amato dare di sé un’immagine virile e machista. Eppure, suggeriscono le giornaliste studiose Caroline Fourest e Fiammetta Venner, nella loro opera più recente, Marine Le Pen, proprio il Front National dovrebbe sapere bene quanto possa contare questo elemento di genere presso i suoi elettori. «Quando il Fn presenta una donna come candidato a una qualunque elezione – spiegano –, riceve mediamente più voti di quando il candidato è un uomo. È l’effetto “correttivo” femminile: nell’inconscio di molti francesi, specie i più tradizionalisti, una donna è naturalmente “più dolce” di un uomo. Votare per una candidata del Fn rappresenterebbe perciò una scelta meno “radicale”, ma senza attenuare per nulla il carattere protestatorio del proprio voto».

Prima di affermarsi sulla scena nazionale come nuova leader del Front, Marine Le Pen si è inoltre fatta conoscere sul terreno, impegnandosi per quasi un decennio in una regione francese particolarmente toccata dalla crisi sociale. È a Hénin-Beaumont, un comune di 26mila abitanti nella 14a circoscrizione elettorale della regione del Nord Pas de Calais, una ex zona industriale e comunista al confine con il Belgio devastata dalla delocalizzazione delle fabbriche e dalla crisi economica da più di vent’anni, che si è “fatta le ossa”. Ed è qui che si è costruita la fama di interprete del malessere e delle preoccupazioni dei francesi “dimenticati dalla politica”.

Un successo costruito passo dopo passo, elezione dopo elezione che ha fatto raddoppiare i voti frontisti nell’area. «Ho sempre detto a Marine che avrebbe avuto più chance di essere eletta in questa zona popolare piuttosto che tra i bobo dell’Ile de France, dove il Front National non gode di grande seguito», ha raccontato al giornalista di origine ungherese Laszlo Listai nel suo Marine Le Pen. Un nouveau Front National?, Bruno Bilde, uno dei responsabili della campagna della nuova leader frontista. E così, a partire da 2002, anno della sua prima candidatura nella zona, Marine Le Pen ha fatto di questo pezzo di Francia invisibile “la sua seconda casa”: attraverso un continuo porta a porta, la frequentazione dei mercati e la costruzione di una rete di rapporti con gli abitanti, ma anche con lo stanziamento di importanti risorse per le campagne elettorali: per le municipali del 2008 il Front ha inviato oltre 11mila dvd di propaganda agli abitanti: più o meno uno per ogni famiglia. «Sui suoi manifesti elettorali – segnala ancora Liszkai – c’era scritto semplicemente “Marine à l’Assemblée”. E lei spiegava a tutti: “Sarò il vostro avvocato difensore, combatterò per i grandi cambiamenti di cui avete bisogno”». E durante la campagna per le regionali del 2010, davanti alla fabbrica Psa Citroen di Trith Saint Léger, una delle poche a essere sopravvissute in questa zona un tempo piena di industrie e miniere, l’erede di casa Le Pen distruisce un volantino dal titolo “Crisi dell’industria: gli operai francesi traditi dal sistema”.

Di fronte a questa trasformazione dell'estrema destra, ammonivano già prima delle elezioni di questi giorni Monnot e Mestre, «denunciare il rischio di una “lepenizzazione delle coscienze”, tema evocato negli anni Novanta per segnalare come le idee del Front National rischiassero di sedurre la Francia ben al di là delle percentuali di voto raccolte da questo partito, non sembra più sufficiente davanti all’emergenza politica e mediatica di Marine Le Pen. Si è infatti perso il conto delle personalità che, se anche non integrano le fila del suo partito, ne banalizzano però le tesi e ne legittimano, nei fatti, la corsa verso le presidenziali. Questa battaglia “culturale”, preambolo necessario alla vittoria politica, è sul punto di essere vinta da parte della presidente del Fn».

(24 aprile 2012)

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