venerdì 10 febbraio 2012

Rutelli, perchè non sei rimasto alle Maldive? Forse nun te ce vonno...


Rutelli: anche i Ds hanno molti soldi.Polemica con il Pd

Mariolina Sesto, da il Sole XXIV Ore



ROMA
Francesco Rutelli passa al contrattacco. Dopo aver ammesso di non essersi accorto delle operazioni dell'ex tesoriere della Margherita finite nel mirino della magistratura, l'ex leader Dl consiglia di allargare lo sguardo oltre il suo partito. Come a voler suggerire: le magagne stanno anche altrove.
E tira in causa direttamente gli ex Ds. «Ci sono tanti partiti che hanno un sacco di soldi» pur non essendo più "in attività" – ricorda il leader Api – perché non chiedete ai Ds perché non si vendono le migliaia di immobili che hanno?». Dichiarazioni che non suscitano repliche ufficiali ma molti mugugni: «Gli immobili dei Ds sono a garanzia dei debiti che si decise di non far confluire nel bilancio del Pd. Le dichiarazioni di Rutelli sono pretestuose» dicono i Democratici in Transatlantico.
Rutelli non si ferma ai Ds ma sembra mettere sul banco degli imputati anche il Pd: «Lusi ha avuto la fiducia piena mia ma anche di tutto il Pd». «La decisione di affidargli la tesoreria era stata ben meritata – ricostruisce –, aveva dimostrato di saper fare bene il suo lavoro. Tanto che la stessa sede del Pd di largo del Nazareno, è frutto del suo lavoro. «È lui che ha stipulato il favorevole contratto d'affitto dove aveva sede prima la Margherita e dove ha sede ora il Pd». E ancora: «Lusi è un autorevole senatore del Pd e non sono mica io che lo ho nominato rappresentante nella Giunta delle immunità».
E il Pd non è tenero con Rutelli. Una nota congiunta di due senatori democrat – Roberto Della Seta e Francesco Ferrante – definisce «inquietante» la lettera del leader Api e di Enzo Bianco ai magistrati in cui si chiede di tutelare la «riservatezza» delle informazioni: «È del tutto inaccettabile che si rivendichi una sorta di diritto alla riservatezza dei dati e delle informazioni sul modo in cui sono stati utilizzati i rimborsi elettorali alla Margherita – scrivono i due senatori Pd –. Di tutto c'è bisogno nell'Italia di oggi, investita dalla marea montante dell'antipolitica che si alimenta della diffusissima malapolitica, tranne di affermazioni che sembrano qualificare come inconfessabili i criteri e le modalità di utilizzo di soldi che la Margherita, come ogni altro partito vivo o defunto, ha ricevuto dallo Stato e dunque dai contribuenti».
Il leader Api, nella conferenza stampa appositamente convocata al Senato, ha illustrato poi una norma scritta a tambur battente per evitare che «un nuovo caso Lusi possa ripetersi». E ha chiesto di accelerarne l'iter trasformandolo in emendamento al decreto liberalizzazioni: la norma modifica l'articolo 8 della legge 2 gennaio 1997 sulla regolamentazione della contribuzione ai partiti politici, stabilendo che «la relazione dei revisori dei conti deve contenere la dettagliata certificazione della rispondenza di tutte le risultanze riportate a rendiconto» e che i bilanci dei partiti «devono essere certificati da una società di certificazione indipendente». Secondo tale proposta, inoltre, il collegio dei revisori dovrebbe essere composto da 5 membri «nominati d'intesa tra i presidenti delle due Camere all'inizio di ciascuna legislatura» di cui «almeno due scelti tra i presidenti di sezione della Corte dei conti ed almeno uno tra i dirigenti di prima fascia del ministero dell'Economia e delle finanze».
Quanto a lui, Rutelli torna a giurare: «Io non ho mai preso una lira ma ho contribuito a tirare su un patrimonio di consensi che hanno portato in cassa un giro di oltre 240 milioni spesi per fare politica, perché la Margherita è un partito e quello faceva e fa, politica».
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