martedì 14 febbraio 2012

IL FANGO MORALE CHE HA SEPPELLITO IL PD


«È il fango morale che ha seppellito il Pd»
Don Andrea Gallo, sostenitore dell’indipendente Doria: «I partiti del centrosinistra lontani dai cittadini»
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«L’ho saputo direttamente da Marco, al telefono... È qui la politica finalmente!». Don Andrea Gallo, genovese, fondatore della comunità di San Benedetto al Porto, non nasconde l’entusiasmo per la vittoria del candidato indipendente Doria alle primarie del centrosinistra.

Perché ha sostenuto pubblicamente Marco Doria?
«È un candidato che interpreta la politica come servizio. Un professore universitario stimato e amato dai suoi studenti, che la mattina dopo le primarie era in classe a tenere regolarmente le sue lezioni».

Dopo Napoli e Milano, il Partito democratico non riesce a esprimere un suo candidato sindaco neppure a Genova. Che cosa sta succedendo?

«Nella nostra città c’è una grande voglia di cambiamento e di partecipazione democratica. Trasversale. Come dimostra l’affermazione di Doria sia nel centro storico che nei quartieri di periferia. I nomi proposti dal Pd, invece - Marta Vincenzi e Roberta Pinotti -, erano espressione del vecchio, della nomenclatura».

Quanto pesa sulla sconfitta del sindaco uscente Vincenzi la criticata gestione dell’alluvione di novembre?
«In quei giorni difesi la Vincenzi perché sono contrario alla logica del capro espiatorio. Ma ognuno ha le sue responsabilità, che certo hanno influito. In ogni caso, a seppellire il Pd è stato soprattutto il fango morale, la corruzione e la lontananza dagli elettori di un partito che non sa stare in mezzo alla gente, capire i bisogni reali di precari, disoccupati, cassintegrati. Stessa lontananza mostrata da Rifondazione comunista, che alle primarie ha persino scelto di non appoggiare alcun candidato. All’opposto di Sinistra, ecologia e libertà, più calata tra gli elettori e che, non a caso, ha chiesto di poter appoggiare Doria».


Su Twitter Marta Vincenzi si è paragonata a Ipazia, martire per la libertà di pensiero, e l’ha attaccata (guarda il video)
. Cosa risponde?
«Di recente ho assistito a uno spettacolo teatrale dedicato alla filosofa e matematica dell’antica Grecia. Alla fine ho abbracciato l’attrice che la interpretava. Oggi abbraccerei anche Marta Vincenzi, ma ricordandole quello che penso. Ovvero che già qualche tempo fa le avevo consigliato di non ricandidarsi e di uscire di scena con dignità».


Doria potrà diventare un nuovo Pisapia?

«Forse a Milano il vento del cambiamento era più forte. La stesura del programma di Doria comincia adesso. Vincerà se da qui ad aprile saprà scriverlo continuando a coinvolgere e ad ascoltare i cittadini. Anche a Genova si sta levando una leggera brezza, con una maggiore partecipazione tra i giovani. Glielo garantisco io che sono stato un marinaio».


La vittoria del candidato di Sel, Marco Doria, terremota il Pd. Il segretario regionale e quello provinciale si dimettono. Marta Vincenzi: io come Ipazia. Roberta Pinotti: forse lascio la politica


Alessandro Dal Lago, da Il manifesto

Non si sa se ridere o se piangere davanti alle dichiarazioni a caldo del sindaco Marta Vincenzi dopo la vittoria di Marco Doria alle primarie genovesi. Passi per le frecciate al Pd, che non l'ha sostenuta e ha realizzato il capolavoro di perdere in una sua storica roccaforte mettendo l'uno contro l'altro quattro candidati. Passi per le ironie sul popolo dei «beni comuni», dei «predicatori» e degli «intellettuali» che si sono schierati contro di lei. Ma paragonarsi a Ipazia, martire della scienza nell'Alessandria del quarto secolo, vittima di fanatici cristiani, sembra davvero la reazione emotiva di chi, invece di calarsi nelle ragioni della sua città, ha vissuto per troppo tempo sulle nuvole.
No, sindaco Vincenzi, il voto per Doria non è stato contro le donne, lei e la sua principale antagonista Pinotti, ma contro un sistema di potere e un modo di amministrare che i suoi elettori, persino gran parte di quelli del Pd, non sopportavano più. Votando per l'outsider o restandosene a casa, gelo o non gelo. E soprattutto, non si è trattato soltanto di un voto di protesta, ma di un segnale per un nuovo rapporto tra cittadini e amministratori. Il messaggio è cristallino. Gli interessi della città sono più importanti del ruolo supponente e altero di decisori che i dirigenti del Pd si sono attribuiti da almeno vent'anni. La voce dei cittadini conta più di quelli che dovrebbero servirli e invece pretendono, come severe maestre, di educarli.
Su tutte le questioni di pubblico interesse i cittadini di Genova si sono convinti, anno dopo anno, che la loro voce non contasse nulla. La gronda di ponente, e cioè l'autostrada o bretella, contro cui si erano schierati i municipi, gli ambientalisti e i comitati di cittadini. La cementificazione inarrestabile delle vecchie aree industriali. I progetti faraonici di risistemazione del porto. Le iniziative tutte legge e ordine a opera dell'assessore dell'Italia dei valori, un partito che a Genova, più che altrove, insegue i fantasmi e i proclami sicuritari. La strombazzata bonifica dei vicoli, come se il problema del centro antico fossero le prostitute. La caccia agli homeless. Il «braccialetto antistupro», una bizzarria di cui, oltretutto, dopo la propaganda iniziale, nessuno ha più sentito parlare. Il taglio dei servizi assistenziali ed educativi, in una città piena di anziani, poveri e disoccupati. E non parliamo dell'alluvione. E così via.
Certo, anche l'avversione per un partito che va cocciutamente al centro, in una città storicamente di sinistra, conta. L'angoscia per la disoccupazione, giovanile e no, in un panorama di de-industrializzazione più grave che nel resto del nord, ha avuto un ruolo determinante nel voto. E questo non vale solo per Marta Vincenzi, ma per la sua concorrente Roberta Pinotti, nota soprattutto per aver difeso sempre le spese militari e per aver cercato i voti tra i benpensanti che non vogliono la moschea. Queste cose a Genova si pagano, come nel resto di un paese in cui la sinistra non è morta, mentre invece i cosiddetti politici di centrosinistra si sono schierati con Monti, con Fornero e con Marchionne.
Ora, non per questo il cammino di Doria è meno impervio. In una città in cui il Pd è saldamente radicato tra i poteri forti, si tratterà di vedere se il candidato sindaco sarà capace di mobilitare un elettorato che in gran parte non si è espresso alle primarie. E se il Pd sceglierà di appoggiarlo lealmente (in tutta questa vicenda il governatore Burlando si è ben guardato dal prendere posizione). E se Doria sarà capace di sconfiggere una destra obiettivamente indebolita, ma vogliosa di rivalse. E se, nel caso fosse eletto, riuscirà a sfuggire ai mille condizionamenti dei poteri pesanti, in primo luogo il partito trasversale del mattone, che gli presenteranno inevitabilmente il conto.
Ma, per il momento, questo voto è un segnale di cambiamento analogo a quello di Milano e quindi godiamocelo in attesa degli eventi. C'è poco da ironizzare sul popolo dei beni comuni, cara Marta Vincenzi. Perché un sindaco non è il maestro che bacchetta una città, come è successo nei giorni dell'alluvione, ma qualcuno che dovrebbe ascoltare la sua voce e operare modestamente per il bene comune.

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