martedì 6 dicembre 2011

Obama, dove sei?





Due attivisti di Greenpeace con la maschera del Presidente della Commissione Europea



05/12/2011 - SULL'OCEANO INDIANO INIZIA IL SUMMIT SULL'AMBIENTE

Clima, il veto degli Stati Uniti:l'intesa a Durban resta un miraggio

Il vertice rischia di concludersi con un niente di fatto mentre il Co2 raggiunge livelli da record

ROBERTO GIOVANNINI
inviato a Durban (Sudafrica)DA LA STAMPA

Tra stasera e domani qui nella città che si affaccia sull’Oceano Indiano cominciano ad arrivare i leader nazionali e i ministri dell’Ambiente dei paesi che partecipano alla COP17, la Conferenza promosso dalle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Se nel fine settimana si era aperto un piccolo spiraglio di speranza sulla possibilità di raggiungere un’intesa generale che potesse concretamente trasformare le parole in impegni concreti, purtroppo la giornata di lunedì ha segnato un brutto passo indietro. Nei giorni scorsi la Cina aveva confermato la sua (importante, seppure generica, e vincolata) disponibilità a concordare in qualche modo impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas serra per tutti i paesi, compresi quelli «emergenti». Sempre nel weekend l’Europa (cui stavolta va dato atto di una fortissima volontà e un notevole e coraggioso ruolo propulsivo), aveva proposto una sorta di roadmap, tutto sommato realistica, per avviare un negoziato che porti a definire un’intesa legalmente vincolante per tutti i paesi per tagliar le emissioni entro il 2015, ma che entrerebbe in vigore solo dal 2020.

Aperture e disponibilità che sono state frustrate dalla posizione rigidissima degli Stati Uniti. Che non solo chiedono di congelare qualunque piano di riduzione delle emissioni fino al 2020, ma hanno anche fatto eliminare dalla bozza di accordo preparata dalla presidenza della Conferenza un testo sugli interventi di mitigazione che avrebbe offerto una concreta protezione a coloro che stanno per essere colpiti nel modo più duro e più rapido dai cambiamenti climatici, che sono già una realtà. Un ostruzionismo che nasce dalla oggettiva debolezza della Presidenza Obama, che deve fare i conti con un Congresso controllato dai repubblicani, e soprattutto è restia a prendere impegni vincolanti legalmente senza che paesi come la Cina e l’India facciano altrettanto. Il risultato è che allo stato c’è il rischio concreto che la COP possa concludersi con un totale nulla di fatto.

Niente accordo sul finanziamento del Fondo Verde per il Clima, deciso a Copenhagen nel 2009, che sulla carta dovrebbe disporre di 100 miliardi di dollari dal 2020, ma di fatto non esiste. Niente accordo nemmeno sulla possibile proroga sotto varie forme del protocollo di Kyoto per i paesi industrializzati, che resta l’unico strumento efficace e concreto in vigore per tagliare le emissioni, e che scadrà a fine 2011.

Di qui il grido di allarme lanciato ieri dalle principali associazioni ambientaliste e umanitarie presenti alla COP, Oxfam, WWF, Greenpeace e la Confederazione Sindacale Internazionale. Che chiedono agli Stati Uniti, se non altro, di mettersi da parte per non ostacolare i progressi del negoziato. Intanto, uno studio del Global Carbon Project pubblicato su «Nature Climate Change» ha calcolato che la quantità di CO2 ha toccato il record di oltre 10 miliardi di tonnellate, minacciando così l'obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi. Lo studio rivela che la crescita di CO2 è stata del 5,9% nel 2010 e del 49% negli ultimi 20 anni, un record storico nelle emissioni, che minaccia di innalzare la temperatura media mondiale oltre la soglia dei 2 gradi centigradi. In pratica, nonostante la crisi economica, e nonostante alla fine il Protocollo di Kyoto abbia sostanzialmente centrato i suoi obiettivi, dopo un breve periodo di riduzioine, le emissioni mondiali di CO2 sono tornate a aumentare a un livello record. Infatti, dopo una brusca diminuzione nel biennio 2008-2009, le emissioni legate alla crisi finanziaria globale nel 2010 hanno raggiunto per la prima volta le 10 miliardi di tonnellate.

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