lunedì 12 dicembre 2011

Ciao Nichi, il tuo destino è fare il reggicoda di D'Alema?


Monti celebra il divorzio definitivo tra Nichi e Bertinotti
Peppino Caldarola - 12 dicembre 2011

Parricidio versus infanticidio. Con due interviste contrapposte oggi Nichi Vendola “ammazza” il padre Fausto Bertinotti e quest’ultimo soffoca il suo pargolo preferito. Non ci poteva essere prova più lampante di come si stia scomponendo il campo della sinistra nei tempi bui dello spread e del capitalismo ferito a morte. Nichi sul “Giorno” critica le misure di Monti, affianca il sindacato ma non considera l’avvento dei tecnici come un colpo di stato. In primo luogo, dice, perché comprende le ragioni di Napolitano, in secondo luogo per non perdere il contatto con il Pd. Su questo ultimo punto si differenzia in modo clamoroso da Di Pietro essendo la sua intervista piena di buone parole verso il Pd e il suo segretario Bersani contrapposto all’estremismo neo-liberista di Veltroni. Vendola non considera chiusi gli spazi della politica e si preoccupa di rinnovare il patto a sinistra inaugurato a Vasto. Bertinotti, sul “Mattino”, invece dichiara affetto verso il suo allievo un tempo prediletto ma crede che Vendola stia sbagliando perché Monti è l’espressione della svolta autoritaria del capitalismo finanziario e rappresenta il “dictator” democratico che cancella la politica e, per quanto riguarda la prospettiva, invita a non illudersi su alleanze parlamentari mentre investe solo nella forza dei nuovi movimenti. È singolare che sia Vendola sia Bertinotti sentano la necessità di citare due uomini dell’impresa e della finanza per sostenere le loro ragioni. Vendola cita la proposta di Pietro Modiano sulla patrimoniale per dire che una linea di opposizione responsabile trova alleanze anche in territori lontani dal sindacalismo, mentre Bertinotti rivela che un imprecisato grande imprenditore, di cui non vuol fare il nome, gli avrebbe confidato che le proteste sociali sono sacrosante.

Nichi Vendola e Fausto Bertinotti

Come l’89 terremotò per la prima volta il campo della sinistra, così l’89 capitalistico sta producendo scosse altrettanto robuste. La rottura fra Vendola e Bertinotti, perché di questo si tratta, può produrre diverse conseguenze. Da un lato può aiutare il Pd a uscire dalla gabbia in cui vogliono rinchiuderlo i montiani estremisti che ci sono in quel partito. Vendola non si propone di far concorrenza a Bersani, anzi vuole condividere con lui la battaglia per modificare gli equilibri instabili dell’attuale situazione politica. Bertinotti invece vuole battezzare una nuova sinistra antagonista che dovrà vedersela però con il grillismo dilagante e con la prospettiva di una discesa in campo della coppia De Magistris-Emiliano. Sia per Vendola sia per Bertinotti si tratta di un nuovo inizio pericoloso. Bertinotti, ancora una volta, ha messo la sordina ai suoi appelli alla non violenza e rischia di essere travolto dalla componente più estremista degli oppositori di Monti. Vendola si trova a scommettere sulla resistenza di Bersani alle sirene dell’ala liberal ed è costretto a immaginare un esito politico in cui il suo partito e quello di Bersani, o ciò che resterà se i liberisti andranno per conto loro, potranno confluire in un nuovo soggetto finalmente socialdemocratico all’europea. Tutti e due lontani ormai dalla rifondazione del comunismo. Una cosa ormai appare chiara. Quando Beppe Pisanu dice che Monti sarà a capo di una nuova maggioranza di “responsabili”, anche se questo termine dopo Scilipoti è da dimenticare, corre troppo in avanti con il suo sogno ma ha ragione nel sostenere che nelle prossime elezioni forse non ci saranno gli stessi partiti oggi sulla scena.

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