venerdì 21 settembre 2012

Roma capoccia dell'orlo del baratro.

"I FESTINI A ROMA? COSI' DA DUEMILA ANNI". di Angelo Mellone, per Il Tempo.
Guarda gli scherzi del destino. A luglio Marcello Veneziani ha organizzato un raduno per rifondare la cultura di destra, chiamando a convegno molti di quelli che nel 1994, ben più giovani e con qualche capello bianco in meno, avevano vissuto anni di gloria intellettuale. Quel convegno si chiamava "Ritorno a Itaca". Vai tu a immaginare che manco due mesi dopo un altro Ulisse, questa volta vestito non di idee ma di tuniche modello Cinecittà, facesse ben altro scalpore. Ecco, giocando di connessioni, si potrebbe dire che il passaggio tra la prima e l'ultima stagione del centrodestra italiano sta tutta qui, in questa distanza che separa idee e pose sideralmente distanti anche se confuse sotto lo stesso nome evocativo. Può essere Ulisse, nel caso, e può essere il PdL, in circostanze più generali, imbarcato in un'odissea non proprio eroica. E però, siccome qui nessuno è bacchettone, ma armato di decenza sì, e siccome questo Ulisse de noantri, foto di scena sulla scalinata di Valle Giulia (quella dei sanpietrini, del Sessantotto e dei poliziotti pasoliniani) e feste in maschera storica al Foro Italico, è un Ulisse de Roma e non a caso pure De Romanis, assonante con la sua appartenenza, e di quella Roma particolare abbarbicata alle spalle dello stadio Olimpico e di Ponte Milvio, accucciata sopra i circoli canottieri, quella Roma che da via Bertoloni scendi a piazza Euclide e risali a piazza Minzoni, ovvero quella Roma che viene definita sbrigativamente "Roma Nord" e che dagli altri romani viene criticata per il suo ostentato benessere nel momento in cui la critica diviene un malcelato riconoscimento di invidia... Insomma, siccome succedono tutte queste cose, ai non romani - e ancora di più ai concittadini che giocano all'indignazione - va spiegato che nella Capitale siamo, e non in una cittadina svizzera o in qualche paese del Nord di rito luterano. E che a Roma da sempre si tengono per mano l'alto e il basso, lo spirito e il meretricio, l'ascesi e il bagarinaggio, la raffinatezza e il kitsch peggiore, gli intrighi e la buona fede, la ricchezza e la cialtroneria, la santità e il mignottume, la sòla e l'ardimento, con la grande, decisiva, e a suo modo fantastica peculiarità, che a Roma gli opposti convivono spesso sotto lo stesso tetto, attovagliati al medesimo tavolo, sdraiati nello stesso salotto, sdruciti delle stesse pezze, in un festival continuo del trash postmoderno che fa quotidianamente mostra di sé. E infatti, mi ha raccontato una volta quel brigante di Umberto Pizzi, tutte le volte che lui e il profeta della Roma lookata postmoderna, Dago, hanno provato a sguinzagliare la penna e l'obiettivo mastino di Dagospia dalle parti di Milano - essendo eccezioni la storia Formigoni-Daccò o la Minetti disamorata di Corona e pronta alla sfilata - hanno sempre trovato poco materiale adatto ai loro ritratti di esagerazioni antropologiche, gonfiate e grottesche, che invece a Roma attecchiscono perché trovano, da sempre, da prima ancora di Fellini e Flaiano e della Dolce Vita, il terreno migliore per esplodere. E venire apprezzate. E quindi, lasciamo l'indignazione e il senso di scandalo, del ‘‘non si deve, non si fa'', all'accertamento della provenienza del denaro che il giovane De Romanis, ometto PdL arrivato alla Regione Lazio in quota Tajani e - pare - esperto organizzatore di feste in maschera su e giù tra Roma e Bruxelles. Se fossero soldi del gruppo regionale, il senso di nausea potrebbe e dovrebbe salire oltre i livelli di contenimento, e allora daje con l'antipolitica e il "questi so' tutti malandrini". Se invece non fosse così, se il giovane De Romanis avesse scucito i denari di tasca sua per permettere la vestizione nei panni di Briseide, Adone, Zeus, Vulcano, Medusa o il Minotauro, a polli e rampolli della Roma bene e della Roma benino, a convenuti e convenienti, sarebbero fatti suoi, del cattivo gusto suo e di quei duemila para-guadenti che ammazza quanto se semo divertiti - così scrivono, deve essere stato proprio un gran festone, insomma, peccato non essere stati omaggiati di invito e tunica e grappoli d'uva per sentirsi er Bacco der Foro (Italico). E, nel secondo caso, quello lecito e gaudente, il De Romanis non è altro che un tipo medio di romano, solo col portafoglio più foderato di denaro, e magari il tempo di prendere l'aperitivo a Freggene aspettando il gong al tramonto o nuotare in qualche circolo teverino. Questa è Roma, oggi. Perché la politica postideologica questo ha prodotto. Perché da tempo nella Capitale le barriere di quartiere sono cadute, e l'antropologia romana - chirurgia estetica compresa - marcia progressivamente verso una decisa omologazione di gusti, consumi, mode. Modi di parlare o di vestire che magari vengono pescati in borgata e riproposti in forma chicchissima in qualche negozio di Prati o di Parioli. O viceversa. In un flusso estetico che rende oggi il ragazzino pariolino e quello di periferia difficilmente distinguibili. Nella quasi totale commistione tra centro e periferia, tra coatteria di borgata e coatteria dei quartieri residenziali, tra le terrazze intellettuali e i costosi ristorante di pesce, il pecoreccio dei figli della Roma-bene che giocano ai Greci e ai Romani sfoderando competenze mitologiche inusuali, è solo il capitolo più evidente, e a suo modo esilarante, del trionfo del trash in tutta Roma. Senza scampo. Da una parte il monopolio dei Suv e delle rifattone neo-mantenute, dall'altra la trasformazione del romano del popolo nel Cesarone, ovvero un romano amendolizzato e, dunque, un poco più truce, con in mano lo stesso I-Phone del borghese del quartiere accanto. Da una parte la trasformazione del centro storico in un parco giochi per turisti e forestieri danarosi, dall'altra l'occupazione dei colli belli da parte di un'aristocrazia del denaro facile che è sempre oligarchia precaria. E così, a Roma oggi esistono quartieri per gente danarosa, non per gente nobile di costumi. E poi, non sono i Parioli il posto dove si è celebrata, nel famoso anzi famigerato caso di Lande, simil-Madoff che prometteva guadagni stellari a creduloni ingordi e perfettamente trasversali per censo e appartenenza politica, la monumentalizzazione del Tira-Sòle? E su, dai. Di che parliamo. Ogni volta che i Vanzina devono trovare uno dei loro improbabili soggetti, a Roma Nord vanno girando, tra quelle faccine biondine e carine e abbronzatine tacco 12 che adesso fanno bella posa su tutti i giornali, e non al Trullo. È tanto romano, De Romanis, più di quanto i nostri facili indignados vogliono ammettere. E dunque si rida, ma in silenzio. CHAMPAGNE E MASCHERE GRECO-ROMANE: «PAGÒ DE ROMANIS» Quelli della festa con le ancelle «Non facciamo i puritani».L'invitato con la testa di toro: «Imbarazzo? Nessuno». Ancelle che baciano maiali, ritratto della festa Pdl organizzata dal consigliere regionale De Romanis
ROMA - Era la sua notte, lo sentiva. Nel riverbero delle torce, risalì lentamente la scalinata di marmo del Foro Italico (nonostante i sandaloni di cuoio e la tunica celeste ricamata, era piuttosto disinvolto). Il dj abbassò il volume, scese un gran silenzio. Fu a quel punto che Carlo De Romanis, 30 anni, neo-eletto alla Regione Lazio, ex fidato portaborse di Antonio Tajani a Bruxelles e rampollo (termine che suona male ma rende bene l'idea) di una famiglia d'albergatori, afferrò il microfono e, con tono grave, disse: «Ecco, sono tornato... Sono tornato come Ulisse...». Ebbe un lieve momento di incertezza. Fu fatale. Dalla platea, un suo amico pariolino dei bei tempi di scuola (andavano al «Villa Flaminia») urlò: «A Carlè, facce Tarzan!» (cit. film di Alberto Sordi). Risate. Applausi. Grida di evviva (ma poi per chi?). Carlo De Romanis non si scompose (del resto non si è mai scomposto anche in questi terribili giorni di faide politiche) e, poco dopo, concluse il suo discorso di ringraziamento. Perché quella era la festa del ringraziamento per i suoi amici ed elettori: 10 settembre 2010, «Ulisse torna a casa e sfida i nemici» c'era scritto sugli inviti. Obbligatoria la maschera. La maggior parte prese in affitto, bellissime. Giove, Zeus, Minosse, Adone. Una ragazza aveva però azzardato un baby-doll bianco. Un ragazzo s'era confuso, ed era arrivato vestito da legionario romano (con tanto di tatuaggio fascistoide della X Mas sul braccio). Poi comparvero quelli con la testa di maiale. E cominciarono a sbaciucchiarsi qualche ragazza (ma non immaginatevi un target da Olgettina: quasi tutte erano scese da via Cassia, dalla collina Fleming, con capelli biondo Roma Nord, alcune non avevano rinunciato a tacchi Sergio Rossi, al polso Rolex d'oro sconosciuti nella Grecia antica, più che figlie degli dei, figlie del generone romano; a parte, si capisce, una decina di ragazze «immagine», ingaggiate per mettersi in posa con grappoli d'uva pendenti sulle labbra voluttuose e, per questo, pure abbastanza scocciate). Le feste del Pdl Annagrazia Calabria, oggi 30 anni, la più giovane deputata del Pdl e responsabile dei giovani forzisti, era vestita da Briseide, patronimico usato da Omero nell'Iliade per Ippodamia, sacerdotessa troiana di Apollo. ( Onorevole, fu più un festone o un festino? «Non capisco...». Ci furono situazioni che... «Non capisco: che situazioni?». L'atmosfera, raccontano, ad un certo punto divenne un po' osé. «Posso risponderle più tardi?»). I camerieri stappavano champagne Philipponnat (bollicine non pazzesche ma di buon livello: 50 euro a bottiglia; non desti quindi stupore che il costo finale della festa si aggirò intorno ai 30 mila euro) ma andarono forte anche i superalcolici (mojito, gin-tonic, vodka-lemon). Atmosfera che da allegra divenne eccitata. Gran voglia di divertirsi. Quelle teste di maiale sempre a caccia di ragazze. Mi piace questo contenutoNon mi piace questo contenuto234712Link: Giovanni Andrea Panebianco, ex Club della Libertà berlusconiani, oggi 33 anni, è uno dei migliori amici di De Romanis e, quella notte, si aggirava con la testa di un toro. ( Non si sentiva ridicolo? «No, era una festa in maschera, una roba goliardica...». Però quelli travestiti da maiali allungavano anche le mani... «Vuol fare il puritano?». No: rilevo che era la festa di un consigliere regionale, un rappresentante delle istituzioni. «Era una festa privata. Certo, non circolava acqua minerale, è chiaro... Però non c'erano squillo...». Il clima, ad un certo punto, si surriscaldò un po'. «Mah, sì... forse qualche situazione un po' osé si creò... parliamoci chiaro: la gente, a certe feste, va per divertirsi... e allora magari osa un po' di più, arriva quella un po' succinta... Ma, ripeto, Carlo ha pagato con i soldi suoi e...». I 13 mila euro netti che il suo amico De Romanis prende di stipendio come consigliere regionale, se permette, sono anche un po' soldi nostri. «Carlo è ricco di suo...»). Carlo, quella sera, era ricco e felice. Duemila persone ai suoi piedi (letteralmente), alcuni cognomi eccellenti (il figlio di Bruno Vespa, Alessandro; la principessina Olimpia Colonna vestita da Medusa), giovani forzisti rampanti (Emanuel Cristadoro e Alvise Angelini), giovani giornalisti come Riccardo Monaco, portavoce del senatore Pasquale Viespoli. ( Monaco, tu eri a tuo agio? «Ero alla festa di un mio caro amico, punto». Permettimi di insistere. «Senti, è tutta una montatura grossolana, lo sai anche tu! Perché no, dico: uno non può organizzare una festa privata? Carlo ha invitato i suoi amici più cari, gente come Annagrazia Calabria... sono cresciuti insieme... sì, c'era tutta Roma Nord... dov'è il peccato?»). Ad un certo punto arrivò anche Stefano Cetica, potente assessore al Bilancio, ex sindacalista dell'Ugl, un uomo ruvido che, scoprendo d'essere l'unico in abito scuro e scambiato per il padre di una invitata, andò via disgustato. Per trattenerlo, gli assicurarono che stava per giungere la Polverini, ma lui sbuffò e, scuotendo la testa, sparì. Il festone volgeva al termine. Renata Polverini arrivò giusto in tempo per la foto di gruppo. Una foto memorabile, tragica, definitiva. Fabrizio Roncone, dal Corsera. 21 settembre 2012

Nessun commento:

Posta un commento