sabato 4 agosto 2012

May you rest in peace, Renato.

Un saluto a Renato Nicolini .Un amico a sinistra. da:il manifesto.
Si è spento questa notte Renato Nicolini dopo una difficile malattia. Per lungo tempo protagonista delle amministrazioni capitoline della sinistra. Pubblichiamo il suo ultimo intervento sul nostro giornale.
Cambiamo Roma, sono pronto.di Renato Nicolini (il manifesto 28/06/2012). Confesso di restarci un po' male quando vedo che nessun giornale o gruppo associa a sinistra il mio nome alle ormai prossime elezioni per il sindaco di Roma. Oltre a Nicola Zingaretti ed all'incredibile Patrizia Prestipino (per me sarà sempre la Presidente del XII Municipio che, inseguendo il miraggio dei soldi delle opere di urbanizzazione per interrare la Cristoforo Colombo nel tratto monumentale dell'Eur, ha retto il sacco ad Eur Spa, condannando alla dinamite il Velodromo ed alla chiusura le Torri di Cesare Ligini), circolano i nomi di Sandro Medici, Paolo Berdini, persino dell'ex ministro Alessandro Bianchi che ha presentato un Progetto Roma. Eppure il trentennale della morte di Luigi Petroselli (nonostante il Pd romano abbia pensato bene di farlo commemorare dall'ex Dc Nicola Signorello - detto Pennacchione - quello che sconfisse Ugo Vetere nell' '85 ponendo fine all'esperienza delle Giunte Rosse) ci ha ricordato prepotentemente l'attualità politica della sua esperienza di sindaco. Due concetti erano alla base dell'idea per Roma di Petroselli. L'importanza della cultura, della risorsa immateriale per eccellenza, per il governo della la città. Qualcosa di complesso, che passa per il sentimento di cittadinanza e di appartenenza (piuttosto che d'immobile identità) messo in moto dall'estate romana; ma anche per il valore economico-politico-simbolico della competizione sul terreno culturale nell'epoca del mondo globale. Non ci sono solo le squadre di calcio e le Olimpiadi; si compete anche con il significato residuo dei luoghi e delle città, con i musei e i monumenti, con il paesaggio e con la storia, con la formazione la ricerca e la creatività, con l'immaginazione, con il piacere di vivere. L'autonomia della cultura, in un mondo sempre più servile ed etero diretto, è un valore inestimabile, ed a Roma c'è ancora cinema, teatro, televisione, arte, produzione di immaginario più che in qualsiasi altra parte d'Italia. Il secondo concetto è la necessità di rompere con un'idea che associava invece la crescita economica di Roma soprattutto all'edilizia, tradizionale volano. Se questo fosse mai stato vero, in questi tempi duri per il keynesismo primitivo non lo è più. Non bastano più i lavori inutili. C'è un nuovo campo per l'impresa edilizia, che non è quello della costruzione di immobili di lusso destinati a rimanere invenduti; ma è quello della rottamazione e del risanamento, della ristrutturazione e del restauro, del recupero del paesaggio e dei valori immateriali, della capacità di dare consistenza di sistema aperto all'offerta culturale, dai Musei d'arte contemporanea, alla Festa del Cinema, al Sistema delle biblioteche, ai teatri ed agli spazi di spettacolo. C'è necessità di restituire regole e possibilità di controllo a ciò che è stato incautamente liberalizzato a partire da Rutelli finendo per trasformare la zona più delicata di Roma, il suo centro storico, in uno shopping mall a cielo aperto. Occorre recuperare in ogni direzione la capacità di progetto. Apprezzo particolarmente in questo senso il tono dell'appello di Paolo Berdini. È vero, non è più possibile tacere. Non è possibile non dire che il piano regolatore di Morassut e Veltroni è il peggiore piano regolatore della storia di Roma capitale, che le ha appeso nel cielo giganteschi cubi di cemento non localizzati pronti a bombardarla con violenza. Se non vogliamo che l'economia romana sia a breve travolta dal prevedibile scoppio di una gigantesca bolla immobiliare, bisogna fare macchina indietro e piazza pulita. Roma non ha bisogno di illusioni. Di immaginazione sì, ma l'immaginazione è innanzi tutto riconquista di autonomia intellettuale, senza subordinazione ai declinanti miti della finanza... Sarebbe paradossale restare subordinati a quelli caserecci della banda dei quattro interna al Pci al tornante degli anni '70, contro i quali l'Isveur e Petroselli cominciarono ad intervenire. Strano! Oggi si tenta di esercitare la damnatio memoriae contro Corviale e Torbellamonaca, non contro la speculazione di Caltagirone, Toti, Mezzaroma. Se vogliamo che Roma esca dal nauseante pantano di Alemanno, non basta un sindaco di un segno politico diverso, occorre un sindaco che rompa con le cause del male, che affronti la sfida del suo mandato per la via giusta del programma, e non quella sbagliata degli accordicchi elettorali. Essendo nato il primo marzo del 1942, dieci anni esatti dopo Petroselli, ho sempre pensato con una parte di me di essere destinato a succedergli. Per questo anche mi candidai a sindaco nel '93 contro Rutelli (forse sarei dovuto uscire allo scoperto subito dopo la morte di Luigi). Non ho avuto occasione di pentirmene, al contrario. Ma proprio l'esperienza di allora mi ha insegnato che non si vince da soli, ma con gli alleati e con gli alleati giusti. Il mio obiettivo, per essere chiaro, non è il Campidoglio, ma la convinzione della necessità di una svolta nel progetto politico per amministrarlo. Non basta vincere: occorre cambiare, e per questo bisogna dichiarare di voler cambiare anche rispetto ai quindici anni di Rutelli e Veltroni. Sono disponibile a partecipare a ogni squadra che si proponga quest'obiettivo, ragioniamone insieme. *Chi era Nicolini: Laureato in architettura, divenne noto in qualità di assessore alla Cultura del Comune di Roma nel periodo 1976 – 1985, nelle Amministrazioni di sinistra di Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli ed Ugo Vetere. Si impegnò infatti in una politica culturale detta dell'"effimero", il cui prodotto più noto fu l'Estate Romana, macchina politico-culturale che produsse polemiche, ma che definì anche nuovi orizzonti relativamente alle potenzialità delle città. A partire dall'83, per tre legislature fu deputato prima nelle file del Prc e nel 1992 come esponente del Pds. Nel 1993 si candida come sindaco di Roma per la coalizione formata dal Prc e dalla lista "Liberare Roma" ottenendo oltre l'8% dei consensi. Nel '94 conclude la sua esperienza parlamentare. In tale periodo iniziò inoltre a pubblicare opere teatrali. Nel 85 venne nominato dal ministro francese Jack Lang, "Officer de l'Ordre des Arts et des Lettres de la République française". È stato professore ordinario di Composizione Architettonica presso l'Università Mediterraneo di Reggio Calabria. Nel luglio 2009 annuncia la sua candidatura a segretario del Partito Democratico, non presentando però le firme necessarie alla partecipazione alle primarie.[Nel 2011 pubblica la nuova edizione di " Estate Romana " con la prefazione di Jack Lang; "Per amare Napoli", una riflessione sulla città di cui é stato assessore dal 1994 al 1997. Nei primi giorni di gennaio 2010 ha pubblicamente sostenuto la necessità delle primarie per la scelta del candidato presidente del centro sinistra per la regione Lazio, dichiarando di voler partecipare alle stesse. E' morto questa notte dopo aver manifestato problemi respiratori; soffriva da tempo di una terribile malattia.
STEFANO DISEGNI,per Il Fatto (inserto Misfatto). La settimana scorsa, quando l'ho saputo, avevamo già chiuso il numero e non mi è stato possibile raccontare quello che voglio raccontare. Lo racconto ora, mi scuserete se la notizia non è di giornata. Renato Nicolini era un mio amico. Frequentazione non giornaliera, ma molto affettiva in ogni occasione d'incontro. Uno di quelli simpatici nel DNA, che non li vedi per un anno, poi quando li rivedi sembra che li hai salutati ieri. S'è già detto di quando, con la Sinistra che aveva vinto le elezioni a Roma, io, Nicolini, Mannelli e Vauro, tutti vestiti con le divise dell'armata rossa (Vauro, da vecchio comunista trinariciuto qual è - la definizione è sua, altrimenti non mi permetterei - ne ha una collezione a casa) siamo andati, commandos di 'Cuore', ad abbeverare i motorini nelle fontane di Piazza San Pietro. Finimmo tutti al commissariato vestiti da cosacchi, con un poliziotto che mi parlava in russo (e poi denigrano le nostre forze dell'ordine) mentre gli ripetevo 'So' de San Giovanni'. Memorabile il ritorno a casa, a piedi sfilando in quattro per via dei Fori Imperiali, così conciati e con Nicolini in testa, coi turisti che fotografavano la scena pittoresca. No, quello che vorrei raccontare è qualcosa che forse pennella con maggiore chiarezza chi fosse Renato Nicolini. Io sono stato uno degli autori di 'Scherzi a parte'. Ecco, l'ho detto. Venduto a Berlusconi per almeno tre mesi. La televisione paga il triplo della carta stampata, specie della carta stampata militante che a volte non paga proprio per niente, ricordo dei fantastici furfanti molto impegnati, solidali e di sinistra coi cassetti che tracimavano vertenze sindacali di gente che non pagavano da mesi né avevano intenzione di pagare, ma questa è un'altra storia, restiamo al tema. In quel periodo Nicolini era molto Nicolini, l'estate romana era ormai un trionfo consolidato di cui era stato artefice e promotore, e Renato era divenuto un personaggio molto popolare. Un comunista, o meglio ex-comunista famoso. Inventammo, io e altri venduti al bieco imprenditore, uno scherzo su misura per la sua fisionomia. Un tizio che voleva buttarsi dal sesto piano di un palazzone nel quartiere periferico di Prima Porta perché il Comunismo era fallito (questo a Vauro non gli è mai venuto in mente, il ragazzo in fondo è sano). L'unica condizione che poneva per non compiere l'insano gesto era...parlare con Renato Nicolini, il suo mito. E Renato abboccò. Arrivò prelevato da una finta macchina della polizia nel cortile del palazzone dove comparse si sbracciavano e gridavano, tenute a freno da poliziotti finti, indicando un forsennato in canottiera che cantava Bandiera Rossa a cavalcioni di un balcone. Il fintissimo commissario chiese a Nicolini 'Se la sente?' e Nicolini se la sentì. Salirono in tre, Renato, il commissario e un vero psichiatra che faceva finta...di essere uno psichiatra che avrebbe assistito al dialogo col matto. Entrato nell'appartamento che traboccava di telecamere nascoste, Renato fu abbracciato e sbaciucchiato dal matto (un bravissimo attore) che lo prese per mano e lo portò nientemeno che davanti a un altarino con le candele accese sotto le foto di Togliatti e Berlinguer, dove intonarono insieme l'Internazionale, dopo una tacita occhiata dello psichiatra che invitava ad assecondare lo squilibrato. Seguirono lunghe dissertazioni ideologiche con Renato che dimostrò una pazienza e un coraggio non da poco (il 'matto' ogni tanto si ricordava di Gorbacev e della Perestroika e dava in escandescenze). Nicolini visitò le stanze dell'appartamento, tutte arredate in stile sovietico, sempre parlando col militante impazzito, sempre blandendolo, sempre invitandolo a calmarsi e a rinunciare al suo proposito. Tacque solo quando il matto parlò istericamente della nuova dirigenza. La gentilezza, l'umanità, la partecipazione di Renato Nicolini in quel frangente così assurdo, la sua disponibilità verso l'altro trasformarono lo scherzo in qualcosa che colpì tutti noi nascosti in regia. 'E' un grande' ci dicemmo l'un l'altro ed era vero. Riportò giù il matto, uscì dal portone tra le acclamazioni dei condomini (finti) sorridendo e quando gli rivelammo che era tutto uno scherzo, rispose, con quella sorridente, bellissima, eterea flemma che gli era universalmente riconosciuta 'L'avevo capito, ma era troppo divertente'. Ciao, Renato.     PERCHE' NICOLINI HA ROVESCIATO LA NOSTRA VITA.RICORDO DI ROBERTO D'AGOSTINO.
Se una notte dell'estate '78 un viaggiatore si avventurava nel parco di Villa Ada gli sarebbe capitato di imbattersi in uno scenario somigliante tantissimo a un bordello di colpi d'anca, un fortilizio foderato di alberi costeggiante un laghetto, un "Paradiso pedestre", fuori dal quale il Tempo, la Società, il Destino, potevano tendere i loro legittimi agguati e la Vita ritirare le sue promesse. "Fuori", il dolore; "dentro", il piacere. "Alla ricerca del ballo perduto" fu una manifestazione all'interno dell'Estate Romana di Renato Nicolini che curai come disc-jockey e conduttore per vari anni fino all''82. E dal palco di Villa Ada, ripescando i grandi successi popolari degli anni Sessanta, saltando drasticamente, la musica del decennio successivo, partecipavo all'universo che aveva dato vita Renato Nicolini. Una Roma che non voleva più credere nella violenza, cariche di poliziotti e sfoghi di studenti, katanghesi autonomi e pariolini autosufficienti, Lotta Continua e "da oggi prendo la spranga", cantautore stonato e complessino scordato, eskimo e Inti Illimani, picchettaggio e volantinaggio, sballi e scazzi, la frittatina al topo nell'osteria alternativa, militanza-a-tempo-pieno, "il privato è politico", "vogliamo tutto", "checcazzo!", viva l'ago, camuffarsi da proletari o da ragazzo di riformatorio, immaginazione al potere e Parco Lambro, 'radio libere' in modulazione di frequenza, Moro tra errore e terrore. Altro che ballare: c'è di che correre a Lourdes. ("Dieci undici anni di lotte / Discorsi, dibattiti, discussioni / Attentati, ferimenti, uccisioni / Per mandar Castellina e Capanna / All'assemblea di Strasburgo". 1968-1978 secondo Alberto Arbasino). Così, in quei complicati, violenti, tragici, oscuri, alla fine senza speranza anni Settanta, quelle canzonette spensierate e formidabili ("Da "Il ballo di Simone" a "La Bamba", passando per i primi Beatles e Beach Boys) hanno rappresentato il segnale dell'inizio di un decennio che rovescerà la vita di tutti. L'Effimero messo in campo da Nicolini ha davvero ribaltato culturalmente la nostre vite. Gli Ottanta hanno incorniciato una festevolezza un po' irresponsabile, destinata a una gioventù che gettava con tutte le forze alle proprie spalle centinaia di morti ammazzati, Aldo Moro compreso, della guerriglia politica degli anni Settanta. Aria! Aria! la guerra è finita e la bella epoque è qui, sembrava dire quel popolo che si rovesciava a Massenzio, a Castelporziano, a Villa Ada. Nessuno voleva più portare il lutto di nulla ben consapevoli che si era chiuso il ciclo "Settanta" della politicizzazione, del protagonismo collettivo e della ricerca della felicità sociale, secondo l'espressione coniata dal sociologo Albert Hirschmann, autore appunto del libro "Felicità privata e felicità pubblica" (che spiega come i pendolarismi della storia derivino dall'oscillazione dei gusti del pubblico fra questi due poli). Mescolare le carte, dunque. Dal sinistrismo al narcisismo, dal Noi all'Io, dalla sommossa delle Bierre alla mossa delle Pierre, da Lotta Continua al successo di breve durata, dai furgoni cellulari al telefonino cellulare, dal significato al significante, dalle fratte ai frattali, dal ciclostile al fax, dalla rivolta a Travolta. E' stato un Pediluvio universale. "Impara l'arte e mettila nei party" (Achille Bonito Oliva). Peperoncino dall'inizio alla fine. Alè, conciliare l'alto e il basso. L'est e l'ovest. La Storia e la scoria. La qualità e la quantità. Lo snob e il Blob. I Dik Dik e i Duran Duran. Le Botteghe Oscure e le boutique lucenti. Lo scavalcamento dei ruoli, la sapienza combinatoria, il desiderio di sedurre, era ben rappresentato e legittimato dalle culture emergenti degli anni Ottanta: il Post-moderno nell'architettura, la Transavanguardia nella pittura, il "pensiero debole" nella filosofia, l'Effimero dell'Estate Romana, la New Wave nella musica giovane, il miraggio del look nelle tribù giovanili, il computer come memoria istantanea, il video come operazione di smontaggio e rimontaggio della realtà. Se non si può opporre l'avanguardia alla tradizione, né l'avvenire al passato, contro gli opposti estremismi, il "doppio-gioco" è allora un tentativo positivo di mettersi in comunicazione con l'astuzia del tempo e l'ambivalenza del presente. E non è singolare che sia toccato proprio a Umberto Eco, uno dei più raffinati ed elitari intellettuali nostrani, di diventare con l'intercontinentale e incontinente trionfo popolare del "Nome della rosa" il garante dello slittamento, della doppia identità. Renato mio, che la terra ti sia lieve. Come tutto quello che ci hai donato.

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