lunedì 6 agosto 2012

Elefantino vs mainstream.

I CANI DA GUARDIA DEL POTERE. di Giuliano Ferrara, per "Il Foglio"
Non ho niente contro Alberto Nagel o Renato Pagliaro, i capi di Mediobanca. Enrico Cuccia era un bel tipo di italiano, piuttosto disinvolto con i "pisquani" (come li chiamava) e non particolarmente rispettoso dei canoni del perbenismo economico (che non si sa quali siano): simpatico, strano, lontano e portatore sano di errori bestiali per il bene della causa (la famiglia, anche in senso capitalistico). Il suo delfino Vincenzo Maranghi, un giornalista nemico delle notizie e delle interviste, mi era anche vicino come tipo umano e professionale (e il figlio Piero è un genio elegante della musica classica in divulgazione televisiva e documentaria). Cesare Geronzi, banchiere e amico, avrebbe fatto meglio a restare lì dove la sua avventurosa e interessante carriera lo aveva portato, a Piazzetta Cuccia o a via Filodrammatici (ma tutto sarà spiegato da lui stesso nel libro feltrinelliano con Massimo Mucchetti, eroe bazoliano, da cui molto ci aspettiamo). La combriccola, fino ai discendenti, sa di potere, di denaro, di Milano e Roma (con puntate in Sicilia, più o meno felici), e alla fine va detto che Mediobanca è la regina della zona grigia, l'interstizio famigerato ma sempre benedetto dalla storia delle nazioni in cui si fanno affari e si fa politica con riguardo lasco e losco verso le regole. Qui siamo da sempre difensori della zona grigia, senza la quale non si fanno frittate commestibili, e con la quale non c'è pane per puritani, in tempo di carestia. Insomma, non sono così atrocemente scandalizzato quando sento che fu firmato da Nagel un "accordo" con il costruttore e assicuratore Salvatore Ligresti in via di fallimento finanziario, e che quell'accordo contra legem (contro i desiderata ovvii delle autorità di controllo sulla Borsa, che devono proteggere gli azionisti innocenti dalle manovre dei grandi della finanza appunto grigia) fu strappato con minacce, dice Nagel, di suicidio seduta stante, e poi ricoverato in una cassaforte di un grande avvocato di Mediobanca, Cristina Rossello, e poi negato davanti ai magistrati, e poi rinvenuto per via di una spiata organizzata da una Ligresti che registrava una conversazione privata. Scandalizzato magari sì, ma non così atrocemente, appunto in nome della zona grigia. Però ci sono giornali in Italia che vogliono sapere tutto del valore immobiliare di una villa sul lago di Como, quel ramo del lago di Como che guarda a Dell'Utri e Berlusconi, e non sono parchi, in nome di una trasparenza che non conosce zone grigie, di indiscrezioni sulla vita privata di certe ragazze alloggiate in modo munificente a via dell'Olgettina, e questi giornali affidano spesso ai loro commentatori, analisti e cronisti non sempre attendibilissime, ma sempre sugose, al sangue, ricostruzioni ex cathedra giudiziaria. Parlo del Corriere della Sera, di Repubblica, della Stampa e del Fatto. Ecco, questi giornali più o meno raccontano quel che è successo a Mediobanca, ma c'è modo e modo. Noi abbiamo usato ieri un titolo un po' forzato, e del tutto volontario, come ci succede quando qualcosa ci irrita, parlando di uno "scandalo degradante" in prima pagina. Ce ne scusiamo con i lettori, così per burla, visto che alla fine è bello vedere che accusa e difesa (Ligresti e Nagel) ora sono sullo stesso piano. Dovevamo capire che il garantismo avrebbe fatto finalmente la sua comparsa nei grandi giornali più o meno legati al patto di sindacato di Mediobanca, che ha qualche parentela con altri patti di sindacato e altre galassie, anche le più insospettabili. Tutti sanno che quello "scandalo degradante" (e dàgli) è materia scabrosa per noi pennivendoli. Da Berlusconi a Doris a tutto il grande padronato finanziario di establishment, di cui il gruppo Ligresti è stato parte costitutiva e decisiva per volontà di Cuccia, tanti anni fa, il circuito di Mediobanca è di quelli che non devono andare mai in corto. Bisogna recuperare un miliardo e mezzo di sofferenze, c'è un'operazione da fare, Unipol non ha una banca, per dirla con le "ignobili" registrazioni di conversazioni tra capi del Pd e il buon Consorte, ma può ben avere - finalmente! - il secondo gruppo assicurativo italiano. E se Generali non ci sta, Generali può ben avere un diverso amministratore delegato eccetera. La quadriglia prevede vari e inversi movimenti di ballo, e tu che eri lì adesso sei qui, in geometrie variabili che se ne fottono di destra, sinistra, centro, moralismo, immoralismo: l'importante è il ritmo, che non deve cedere mai. Ecco. A forza di minimizzazioni oneste (il Fatto ha incaricato un giornalista economico impeccabile, Giorgio Meletti, di dire la verità del degrado, ma lo ha consegnato a uno spazio angusto, che non fa il paio con il blasone scandalistico del mezzo, da sempre reverente verso certi patti e patteggiatori); a forza di eufemismi (Mucchetti è il re dell'analisi eufemistica, quando vuole; e Ferrarella sa essere il principe del garantismo corrierista anche lui, quando le informazioni di procura riguardano i signori); a forza di pistolotti e soffietti, e molte altre cose ancora, ieri il giornalismo italiano (la Stampa in front page si dedicò al caldo, a Mediobanca c'è l'aria condizionata) era un'esemplificazione di come si possa essere equilibrati, seri, distaccati, pensosi, di fronte a una zona grigia degli affari colpita dal fulmine di una storiaccia che ha del losco. Lunga vita a Mediobanca, alle galassie finanziarie del nord, e ai giornali che le raccontano con un fair play verso gli amministratori e firmatari di papelli che speriamo sia dedicato in futuro alle altre molte caste, piccoli assessori di provincia, outsider dell'economia e della politica, di questo paese in cui la stampa è tanto coraggiosa e perbene. Tanto rispettosa della zona grigia.

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