mercoledì 9 novembre 2011

Pagine ingloriose


La fine della Seconda Repubblica

dal blog di Beppe Grillo


Il Cavalier Silvio Berlusconi è stato ricevuto al Quirinale dalla controfigura di Umberto II, l'ultimo re d'Italia. La scena nei modi e nella sua rappresentazione è la medesima del 1943, quando a Villa Savoia Vittorio Emanuele III comunicò al Cavalier Benito Mussolini il suo licenziamento. In entrambi i casi il successore venne scelto dal regnante. Ieri fu Badoglio, adesso è Monti. La caduta del fascismo avvenne per una guerra mondiale persa. Quella del berlusconismo per un disastro economico di livello europeo. I liquidatori furono allora gli angloamericani, oggi i tedeschi e i francesi. Lo spread sopra i 500 punti ha cacciato queste caricature di governanti, di ministri e ministresse, non l'opposizione. Se fosse stato per il Pdmenoelle, questo governo sarebbe durato per sempre.
Un fantasma si aggira per l'Europa, quello del fallimento dell'euro. Il detonatore è l'Italia e il suo debito pubblico che vanno messi sotto tutela prima che sia troppo tardi. Ma è già troppo tardi... Nel frattempo però, come quando un'azienda fallisce, i creditori vogliono recuperare il massimo possibile prima del default italiano. Il Governo Monti ridurrà l'esposizione internazionale del nostro debito. La patrimoniale è cosa già fatta, insieme all'introduzione dell'Ici sulla prima casa e al taglio dei dipendenti pubblici.
Berlusconi è un vecchio zombie, era già morto politicamente nel 2008. Lo resuscitò Waterloo Veltroni, e le opposizioni, per tre anni che sono sembrati lunghissimi, lo hanno protetto in innumerevoli voti di fiducia e regalandogli deputati a piene mani, da Calearo a Razzi, per tacer di Scilipoti. La Seconda Repubblica volge al termine. Ci ha fatto largamente rimpiangere la Prima. I partiti si sono impadroniti dello Stato e se ne sono nutriti. Chi grida "Elezioni, elezioni!", non sa di cosa parla, o forse pensa solo alle poltrone. La data delle elezioni è già stata decisa a Washington, Parigi e Londra, con tutta probabilità sarà il 2013. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale siamo un Paese a libertà limitata con basi americane che presidiano tutta la penisola. Ora siamo stati messi anche ai domiciliari. La politica economica non è più di nostra competenza, ma del FMI e della BCE. Riceviamo lettere dalla UE che sono l'equivalente di ordini, ultimatum. Mussolini, all'uscita del colloquio con il re, fu caricato su un'ambulanza. Gli venne detto che era per proteggerlo. In realtà, il mezzo era pieno di Carabinieri che lo arrestarono. Ieri sera l'ambulanza non c'era davanti al Palazzo del Quirinale e neppure i Carabinieri. Peccato. Sarebbe stata una degna e appropriata uscita di scena. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.



Che cosa ci aspetta

di Norma Rangeri dal Manifesto

Il momento che la maggioranza del paese aspettava ormai da troppo tempo, le dimissioni di Silvio Berlusconi, è arrivato verso sera con una secca e drammatica nota del Quirinale. Ma la sconfitta di un presidente del consiglio ormai al capolinea, ha un retrogusto amaro, amarissimo. Ci trascina, come in molti avevano previsto e paventato, nell'incubo greco. Berlusconi infatti se ne andrà solo dopo aver portato a termine l'approvazione della legge di stabilità, che ora, alla luce di una nuova lettera dell'Europa (rivelata da Repubblica), assume i contorni di una manovra pesantissima. E lo scenario più probabile è quello di elezioni anticipate in un clima sociale terribile.
E' il Quirinale ad annunciare che Berlusconi si dimetterà «una volta compiuto il suo adempimento», cioè dopo aver approvato la legge di stabilità «emendata alla luce del più recente contributo di osservazioni e proposte della Commissione europea». E' il capo dello stato a indicare tempi e tappe della fine di questa lunga agonia berlusconiana. Non saranno consentite tattiche dilatorie, la manovra economica andrà approvata entro un paio di settimane e rispettando le indicazioni contenute nella lettera, finora segreta, inviata cinque giorni fa.
Il comunicato del Quirinale sigla il drammatico show-down con il presidente del consiglio, costretto a salire al Colle dopo una seduta della Camera dove il voto sul Rendiconto dello Stato regalava alle cronache la plateale testimonianza di una maggioranza svaporata a quota 308. Ma si apre ora la battaglia più difficile, quando si avvicina il momento di portare a termine i comandamenti della Bce. Questo «adempimento» se lo intesteranno l'attuale governo e il parlamento. Vuol dire che assisteremo a una replica delle manovre di luglio e agosto quando, in pochi giorni, raccogliendo le pressanti raccomandazioni del capo dello stato e abdicando al proprio ruolo, l'opposizione consentì la fulminea approvazione delle pesanti e inutili manovre finanziarie dell'estate. Perseverare sarebbe diabolico.
Una volta fatte a pezzi le istituzioni del welfare (nella lettera dell'Europa si entra nei minimi dettagli di ogni aspetto del nostro assetto economico-sociale: sanità, scuola, pensioni, privatizzazioni...) si apriranno le urne. L'esercizio della democrazia potrà essere consentito quando sarà stato svuotato di ogni reale potere. Berlusconi lascia un paese commissariato dal Fondo monetario e dalla Banca europea, istituzioni al di là e al di sopra della sovranità parlamentare. Con il rischio, sempre più reale e vicino, che non saranno più i 139 articoli della nostra Costituzione a guidare la ricostruzione dalle macerie del ventennio berlusconiano, ma i 39 paragrafi della lettera firmata dalla Commissione europea.

Dimissioni, aspettando la vendetta del Caimano

di Peter Gomez, da Il Fatto Quotidiano

Avviso ai naviganti. Non è ancora finita. Prima che Silvio Berlusconi se ne vada ne vedremo delle belle. Anzi delle brutte. Il premier, raccontano i suoi, si sta preparando al colpo di coda. Da assestare alla prima occasione. Che, in questo caso, si chiama legge di stabilità. È in quella legge, destinata in teoria a soddisfare i mercati, che i suoi uomini tenteranno di inserire un pezzo della buonuscita del Cavaliere.

Il capo del governo, del resto, è stato chiaro. Le dimissioni scatteranno solo dopo l’approvazione della nuova manovra, nella quale verrà aggiunto al Senato un maxi-emendamento contenente parte delle misure riportate nella sua lettera d’intenti inviata la scorsa settimana in Europa. Interventi che, proprio dopo il voto alla Camera, il commissario europeo agli affari economici Olli Rehn ha giudicato “insufficienti”.

Ora il punto è che nessuno conosce il contenuto del maxi-emendamento. Mentre si conoscono (e bene) alcune bozze dei lavori preparativi al Consiglio dei ministri del 24 ottobre che avrebbe dovuto licenziare il decreto sviluppo.

Qualcuno se le ricorderà: s’introduceva una legge ad personam post mortem per favorire i figli di primo letto del Cavaliere dopo la dipartita del loro illustre genitore, si parlava di condoni, di militarizzazione della Val Susa. E quello era solo l’antipasto. Perché se si pensa ai conti dello Stato con un certo disagio viene in mente che con (inesistenti) ragioni economiche sono state in passato motivate dal Pdl pure le norme sulla prescrizione breve e quelle sulle intercettazioni.

Insomma il dibattito al Senato sarà l’occasione giusta per provare a far passare molto di ciò che davvero interessa a Berlusconi, assieme a norme draconiane sul mercato del lavoro e, probabilmente, le pensioni.

Una medicina amarissima che il futuro ex presidente del Consiglio vuole fare trangugiare a tutti in un colpo solo. Contando sulla spinta di uno spread sempre più alle stelle, sulle richieste dell’Unione Europea e sulle opposizioni costrette già oggi, e a scatola chiusa, a promettere che la legge di stabilità verrà votata celermente.

Allora e solo allora, si potrà capire se andremo a elezioni o se nascerà un nuovo governo. E Berlusconi, anche nella sconfitta, potrà ancora una volta pensare di aver vinto. Sarà la vendetta del Caimano. Gli italiani, c’è da giurarlo, la ricorderanno a lungo.

Ps: alle 14.26 dopo una matinata in cui l’interesse sui nostri titoli è schizzato oltre il 7 per cento e lo spread ha toccato i 575 punti, Giulio Tremonti e Gianni Letta sono rientrati da un incontro con il presidente Giorgio Napolitano. I rumors dicono che il maxi-emendamento sia stato scritto al Colle. Forse almeno le leggi ad personam nella finanziaria ce le siamo risparmiate. Non però le lacrime e il sangue. Grazie Silvio!

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