venerdì 3 settembre 2010

La putredine al potere



Il silenzio è d'oro, la parola è d'argento: l'immoralità di Dell'Utri

di Alessio Quinto Bernardi

"È difficilissimo parlare senza dire qualcosa di troppo", ne era convinto anche Luigi XIV. Meglio tacere e perseguire la via del silenzio, quando essa è conveniente. Magari annodando alla nuca un bavaglio con le proprie mani per eccesso di sicurezza. Lo sa bene anche il sen. Marcello Dell'Utri (PdL), un eletto dal popolo sovrano o un nominato da Berlusconi (a seconda della scuola di pensiero), ma anche un "condannato per concorso in associazione mafiosa", già sostenitore dell'eroismo di Mangano. La Carta prevede che "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione"; lascio alla fantasia dei lettori stabilire quale parte della Nazione Dell'Utri possa degnamente rappresentare. Egli ci dà un consiglio per l'eventuale interpretazione « Io sono politico per legittima difesa. A me delle politica non frega niente. Mi difendo con la politica, sono costretto. Mi candidai nel 1996 per proteggermi. Infatti subito dopo mi arrivò il mandato di arresto [...] Mi difendo anche fuori [dal Parlamento], ma non sono mica cretino. Quelli mi arrestano». "La libertà di parola vale per tutti", a meno che non si debba parlare di qualcosa che sarebbe preferibile evitare: in tal caso avvelersi della facoltà di non rispondere! L'omertà paga con l'oro del silenzio. Difatti il senatore, memore di quanto era stato a Palermo, tace quando gli si chiede conto della P3. E nonostante il primo dei coordinatori pidiellini, Denis Verdini, dichiarasse che «Fece tutto lui (Dell'Utri, nda), mi disse: devi fidarti di Carboni», Dell'Utri coglieva l'occasione per esternare la sua morale: "E' una mia regola fissa, non avendo parlato con i procuratori, non mi sembra il caso di farlo con la stampa. E' una regola fondamentale per chi e' indagato, la consiglio a tutti". E' un consiglio che va diffuso il più possibile, anche al premier lo diede in tempi non sospetti "“fui io a dire a Berlusconi di stare zitto e di non andare in aula a testimoniare”.





Arriva il giorno in cui Dell'Utri deve parlare durante un "pubblico dibattito" in quel di Como dei "Diari" mussoliniani di "dubbia autenticità". Il senatore viene contestato dal pubblico ed è costretto ad abbandonare l'incontro. Scoppia il caso mediatico. Nel solco di Voltaire e della sua massima "Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perchè tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente", molti ne prendono le difese, invocando la "libertà di parola". Pierluigi Battista se ne fa carico dalle colonne del Corriere e, pur incassando le proteste dei lettori, spiega "Ho difeso un principio di libertà che dovrebbe valere per tutti, erga omnes, e non solo per chi con decreto arrogante, riteniamo meritevole di dire la propria opinione". E a chi gli fa presente che anche protestare è un diritto risponde che "il dissenso si manifesta sulle cose che uno dice, non su quelle che non ha nemmeno il tempo di dire, preventivamente zittito dalla folla urlante". Ritengo che la libertà di espressione sia un qualcosa di tanto vasto da accogliere in sè sia Dell'Utri che i suoi contestatori. Risulterebbe stancante valutare quali diritti prevalgano. Tuttavia si può riflettere su quali motivazioni vi siano alla base delle contestazione. Ed il curriculum del senatore mi sembra alquanto esaustivo al riguardo. Quando il senatore ha scelto di partecipare, penso che fosse consapevole del carattere pubblico dell'evento e, dunque, che vi potesse essere la presenza di contestatori ed un'eventuale interazione con questi. Si è mai visto andare qualcuno ad un dibattito pubblico senza pubblico? Non è che il contestatore stabilisce "unilateralmente che chi è condannato in un Stato di diritto non possa partecipare ad un dibatto pubblico". Accade più semplicemente che quando un politico decide di ad andare ad un pubblico dibattito, si crei l'occasione per i cittadini di potergli esprimere pubblicamente il proprio dissenso. Anche questo concorrere a fare una società civile con cittadini responsabili. Aggiunge pure Battista che " la libertà di parola, infine, non stia a cuore all'associazione dei partigiani è motivo di grande tristezza". Dell'Utri li vuole solo cancellare dalla storia, perchè protestano illiberalmente? Non è forse vero che, per il senatore, siamo «ancora oggi condizionati dalla retorica della Resistenza». Nella "Metafisica dei costumi" Kant riconosce nella dignitas (dignità della persona, nda) la ragione del riconoscimento universale dei diritti dell'uomo e ricorda che “il rispetto che ho per gli altri è il riconoscimento della dignità che è negli altri”. A questo punto mi chiedo quale sia la dignità di Dell'Utri? Quale rispetto merita? Ha ancora un senso la parola vergogna?

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