sabato 10 settembre 2011

GRANDE PINO CORRIAS SULLE CHIAVICHE AL POTERE. GRANDE COME SEMPRE DON GALLO.



La (in)cultura dei frustrati al potere

di Pino Corrias, da Il Fatto Quotidiano

All’inizio pensi che il problema sia fisico: l’altezza, la pancia, l’età. Tutto moltiplicato dal potere. Il quale – specie nei frustrati – funziona come un popper stordente, bollicine di eccitazione nella testa, vertigine, senza più nemmeno gli schiaffi della mamma: tieni la lingua a posto, stupido.

Ma quando vedi che un Sacconi, un Brunetta e naturalmente il Capo biascicano barzellette sconce, per anni, e insulti contro le donne, contro i precari, contro i magistrati, stavolta persino contro le suore, sempre gonfiando il petto, ma senza rischi, circondati come sono dalla bambagia dei guardaspalle, dei servi e protetti dalla incommensurabile ottusità del denaro, ti chiedi se sia davvero il contesto ad allestire loro il testo. Se bastino le insufficienze dei loro corpi a giustificare questo surplus di deiezioni verbali che una infinità di altri maschi adulti nelle loro condizioni – uomini di Stato o Finanza o Impresa – mai si sognerebbero di pronunciare. E dunque ne concludi che la loro pubblica esibizione corrisponda a una voluttà, a un godimento per queste impudicizie che viene proprio da dentro. Da quell’indole ammaestrata dall’esperienza che gli antropologi chiamano cultura.

Il Fatto Quotidiano, 10 settembre 2011



Don Gallo e le parole che dicono qualcosa

sempre da In Fatto Quotidiano

Quella di Sacconi, con la sua arroganza e prepotenza, è una barzelletta che non fa ridere, ma piangere. E’ tragica. Non è umorismo. E’ una farsa volgare e insopportabile”. Così don Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto a Genova, ha commentat0 l’intervento del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, alla festa dei giovani del Pdl.

Per spiegare le modifiche all’articolo 8 sulla contrattazione territoriale Sacconi infatti aveva sfoggiato una barzelletta-metafora degna del leader del suo partito. “Faccio un esempio un po’ blasfemo – aveva esordito -, quello che disse una suora in un convento del ’600 dove entrarono dei briganti. Le violentarono tutte tranne una. Il Santo Uffizio la interrogò e le chiese: Ma come mai non è stata violentata? Lei rispose: Perché ho detto no. Ecco – ha proseguito Sacconi -, come le suore stuprate, i sindacati possono dire di no”. Ma don Gallo non ha risparmiato dure critiche anche al segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni seduto accanto a Sacconi. Alle parole del ministro “come minimo, avrebbe dovuto alzarsi e andarsene. E’ gravissimo – ha detto Don Gallo – che non l’abbia fatto: la Cisl è in ginocchio davanti al capitale”. E ha aggiunto: “A me piace l’umorismo, ho sempre vissuto di umorismo. Quella barzelletta non è solo volgare, ma è il segnale che davvero la ‘tragicomica’ in Italia continua. Mi ricorda l’avanspettacolo di quando ero ragazzo, quando la gente fischiava e se ne andava. Adesso, poi – ha proseguito – vien fuori che la Minetti era vestita da suora alle feste di Arcore. E il giro della Padania, che buffonata! Siamo arrivati ad un livello in cui, quando il Governo si raduna per discutere della manovra, il più elevato culturalmente è Calderoli”. Poi don Gallo ha sottolineato come “in passato essere parlamentare era motivo di orgoglio. Ora uno se ne guarda bene. Tra poco i parlamentari dovranno vivere in clandestinità, per la vergogna. Tutti giocano in questa situazione mostruosa in cui sanno che Berlusconi è al tramonto e che quindi l’ufficiale pagatore sta per andarsene. Tutti pensano alla successione”. Di fronte a tutto questo, “quello che a me preoccupa ancora di più – perché io amo la mia Chiesa – è che la gerarchia cattolica fa solo esortazioni generiche – ha detto il fondatore della Comunità di San Benedetto – ma non dice chiaramente che questi individui sono contro il bene popolo, contro la morale e contro la democrazia”. E l’opposizione? “Non ridono – ha risposto Don Gallo – e non piangono. Sono spompati. Tentennano su tutto”. Secondo Don Gallo, però, non mancano anche i segnali di speranza: “Ieri sera a Mantova ho trovato 1500 persone ad ascoltarmi. C’è ancora attenzione. Si deve partire da una presa di coscienza forte, per ricostruire la democrazia e la società civile. Ci sono minoranze consistenti che stanno tirando su la testa. La crisi che stiamo attraversando non è una crisi politica ma di sistema e di lunga durata. Ora non rimane che incontrarsi – ha concluso – e andare in piazza, con senso di responsabilità”.

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