sabato 10 aprile 2010





Intervista a Vendola: “Non sarò il Berlusconi della sinistra”
- di Ritanna Armeni -

Sospettato di un populismo speculare a quello del capo del Pdl, Nichi reagisce dicendo che non è così, che il populismo è manipolazione dei sentimenti viscerali, mantre chi parla per la sinistra vuole ottenere dalle persone una reazione attiva.
E ora cosa vuol fare Nichi Vendola? La domanda questa volta non circola solo nei palazzi della politica. La vittoria della sinistra in Puglia all’interno di un quadro nazionale devastante ha impressionato tutti. E ha colpito il costruttore tenace di quella vittoria, quel Nichi Vendola che il PD ha cercato – senza riuscirci – di emarginare dalla scena politica e che la base dello stesso partito ha voluto, ha votato alle primarie e poi alla presidenza della Regione.

E allora – la domanda è ovvia fra i professionisti della politica – ora che farà Nichi Vendola? Forte della sua affermazione si lancerà nell’agone nazionale? O entrerà nel Pd per contendere una leadership oggi così malmessa? Oppure approfitterà della sua affermazione per costruire un’altra formazione politica certamente, ma che può dar fastidio alle grandi? Nel teatrine della politica le domande sono sempre – banalmente – le stesse. E le risposte sono scontate e sbagliate.

Eppure, benché impregnata di politicismo la domanda è legittima. La poniamo direttamente a lui, a Roma, in un bar a due passi dai corridoi di Montecitorio dove la chiacchiera dilaga e le previsioni sul futuro del nuovo governatore della Puglia sono uno degli argomenti preferiti della buvette.

“Voglio rilanciare il governo della Regione” – risponde semplicemente Nichi. E aggiunge :”La Puglia per essere laboratorio politico deve essere innanzitutto laboratorio sociale. E allora continuerò nella iniziativa già sperimentata contro la precarietà. E’ stata uno dei punti che hanno segnato l’iniziativa politica del precedente governo regionale ed è stata una cosa vera sentita e compresa. L’ho capito durante i comizi quando parlavo di quello che il governo regionale aveva fatto per combattere la precarietà e dalla piazza si alzavano sempre una o più voci che dicevano:”è vero, io sono stato assunto”. E poi dobbiamo riprendere la battaglia per i beni comuni, contro la privatizzazione dell’acqua. E’ una battaglia importante in cui si congiunge una nuova cultura politica e pezzi di un romanzo popolare, evitando gli stilemi d’avanguardia delle battaglie degli alteromondialisti. Cerco di farlo quando parlo nelle piazze e nei paesi: privatizzare l’acqua è una bestemmia contro Dio. Perché l’acqua è vita, l’acqua da vita”.

Che tu lo voglia o no la tua è diventata una figura nazionale. E dopo la sconfitta elettorale da te, che sei uno dei pochi vincitori nello schieramento di sinistra, ci si aspetta un giudizio sulle cause di questa sconfitta, sulla situazione che si è determinata dopo le elezioni.

“Il centrosinistra è la principale causa della sua sconfitta. Noi siamo il principale impedimento a noi stessi. Non abbiamo fatto i conti con la dimensione epocale della sconfitta che stiamo vivendo. La abbiamo esaminata e la esaminiamo sul piano elettorale e non vediamo che il berlusconismo oggi costituisce l’autobiografia di una nazione. Ci indigniamo per Minzolini e i suoi editoriali e non ci siamo accorti che la fucina di quella narrazione è la fiction, il reality. Pensiamoci attentamente: al centro di tutte le narrazioni mediatiche di massa c’è una umanità ridotta a sentimenti primitivi: amore e invidia. Berlusconi è la proiezione sulla scena politica degli stessi codici linguistici, degli stessi sentimenti primitivi. Mentre noi discutiamo di Montesquieu e della tripartizione dei poteri, lui invoca la propria santità assediata dalle escort e si presenta nella versione del re taumaturgico che sconfiggerà il cancro. Questo è Berlusconi”.

Pure la critica al mondo berlusconi, alle sue televisioni c’è stata…E’ diventata persino stucchevole, elitaria…

“si ma la critica è stata estetica. Il centrosinistra ha pensato di combattere il populismo contrapponendogli il politicismo. Ma quest’ultimo è complementare al primo”.

Sai bene che anche tu sei considerato un populista…C’è persino qualcuno che dice che hai vinto perché hai adottato modi berlusconiani nel tuo rapporto con il popolo.

“E non è vero. Il populismo è manipolazione. Il populismo vuole regnare sul popolo. E vuole farlo a partire dal basso ventre. Un discorso di sinistra prevede invece la reattività. Quando parlo della raccolta differenziata dei rifiuti e ricevo degli applausi interrompo il discorso e dico: mi deve applaudire solo chi i rifiuti li separa…gli altri no…Ecco non credo che questo sia populismo. Come non è populismo cercare un rapporto con le tradizioni profonde di una regione. A Bari abbiamo un Santo protettore con la faccia scusa, un turco, Sen Nicola. Lo abbiamo accolto. Come abbiamo accolto le madonne nere che sono parte forte della devozione popolare. Di questo tengo conto quando parlo e propongo misure di solidarietà e di accoglienza. La Lega ha inventato la Padania, i rituali celtici e li fa convivere con il fondamentalismo cattolico. Mette insieme piccole patrie e autarchia. Noi dobbiamo mettere insieme territorio e cosmopolitismo”.

Ma il laboratorio Puglia, questa tua ricerca nella quale si coniugano tradizione cultura popolare, valori quale l’accoglienza, la solidarietà e il cambiamento sociale, è esportabile? Tu pensi che l’Italia possa accogliere il modello pugliese?

“Ci sono sicuramente ingredienti che possono essere generalizzati. Penso a come il pontefice ha affrontato il tema della precarietà. Ecco la precarietà non solo una condizione lavorativa è una mutazione genetica della concezione del tempo. Sono saltati i tempi di cui parlava Sant’Agostino: il passato del presente, la memoria, il presente del presente, la visione, il futuro del presente, l’attesa. Allora combattere una battaglia contro la precarietà non significa solo combattere per la giustizia sociale ma affrontare pienamente il nesso novecentesco fra libertà e lavoro. Senza questo nesso si perde la sinistra e si perde la politica. Si rimane sulle sabbie mobili senza poter andare né avanti né indietro. Perché la politica se non è tensione fra discernimento e profezia, fra memoria e prefigurazione perde rilevanza e senso”.

Ma rimane il problema concreto di costruire…Costruire un’opposizione, un confronto nella sinistra,,,Anche a te questo appare, dopo le elezioni un problema prioritario…

“Certo. Ma non può ridursi al confronto fra le nostre biografie, deve diventare qualcosa fra noi e la crisi del mondo. Dobbiamo mettere di fronte a noi il campo da arare, aprire una discussione con chi è portatore di innovazione ma non è rappresentato dal centro sinistra. Ci sono nella coalizione stratificazioni culturali che impediscono alla sinistra di essere egemone. Dobbiamo prenderne atto”.

Mi pare di aver capito che una delle stratificazioni culturali da abbattere è la forma partito. Se superarla e come, fa parte di un dibattito che noi che veniamo da Rifondazione Comunista abbiamo vissuto. Molti di noi sentono da anni l’inadeguatezza di una forma di organizzazione novecentesca e inefficace. Ora tu rilanci la questione.

“Il partito è un luogo paradossale. E’ ormai svuotato del suo collante che era lo spirito di cooperazione ed è diventato in modo berlusconiano “luogo di competizione”. Chiediamoci perché tanta gente a sinistra è fuori dai partiti. Neanche in Rifondazione Comunista siamo riusciti a risolvere il problema, ma il tema della non violenza che noi abbiamo posto con convinzione poneva il problema del trascendimento della competizione muscolare, della brutalità ella politica. C’era in quella posizione il seme buono che purtroppo non ha dato i frutti sperati”.

Parliamo di te. Della tua vicenda personale. Oggi sei un politico importante con una grande visibilità. Ti cercano i grandi giornali e le televisioni. Di te si parla come leader nazionale. So che questo può cambiare le persone, anche le migliori. E so, perché ci conosciamo da tempo, che tu questo problema te lo sei posto. E allora? Non temi anche tu di diventare un politico come gli altri?

Certo che lo temo e infatti sono vigile. Per esempio per lunghi periodi pratico l’astinenza dalla tv. Lo so che occorre tenere in equilibrio la persona e il personaggio. So che quella del politico noto è un’alienazione. Un’alienazione dorata, ma pur sempre una alienazione. E so che sono – siamo – a rischio perché i partiti non ci sono più. Vedi, quando i partiti erano una cosa seria, la stessa dimensione collettiva poneva il senso del limite. Gli elementi caratteriali, le debolezze individuali, le ipertrofie dell’io venivano ammortizzate dal costume politico. Quando – ragazzino – il Pci mi diceva che non potevo fare il capolista alle elezioni comunali vivevo questa decisione con mortificazione, come chi ha ricevuto a scuola un voto ingiusto. Ma poi capivo che, quel gesto, come quello di un padre per un figlio era per il mio bene. Dovevo essere educato a fare un passo indietro. Oggi che il partito non c’è più la vigilanza individuale è importante.

Tu sei un leader di una piccola formazione, Sinistra Ecologia Libertà, che nasce da una scissione di Rifondazione. Non siamo di fronte ad un ennesimo triste tentativo di costruire un piccolo partito con tutti i difetti e i pericoli che conosciamo e che non è detto siano superati…

Sinistra Ecologia Libertà non deve essere strutturata sulla tensione a trovare un piccolo ma comodo riparo, ma per sperimentare alcuni principi di una nuova cultura politica. Può essere una esperienza importante se segnala la inadeguatezza di tutto il centrosinistra e segnala la necessità di cambiare. Dobbiamo essere coloro che hanno il coraggio di parlare della necessità di una nuova cultura politica per tutti, anche e innanzitutto per noi. Dobbiamo aver chiaro che non siamo il soggetto della trasformazione, ma l’oggetto di questa trasformazione.

Ritanna Armeni

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