giovedì 3 marzo 2011

Vergognarsi di essere italiani





La Germania non è Berlusconia

Guido Ambrosino, da Berlino per il manifesto



Il barone Karl Theodor von und zu Guttenberg, ridotto a barzelletta per essersi procurato un titolo di dottore in giurisprudenza con una tesi fasulla, ha rinunciato ieri al ministero della difesa. Lo stesso Guttenberg, dopo aver informato la cancelliera Merkel, ha annunciato le dimissioni in una conferenza stampa: «Sono sempre stato pronto a battermi, ma sono arrivato alla fine delle mie energie». A nulla è valso l'appoggio della cancelliera Angela Merkel, che non se l'è sentita di mettere subito alla porta il collega 39enne.

Presentato fino a due settimane fa come astro ascendente dell'Unione cristiano-sociale bavarese: «Non l'ho scelto come assistente scientifico, ma come ministro». Vani i tentativi di molti dirigenti democristiani di minimizzare: «Ci son ben altri problemi, i nostri soldati muoiono in Afghanistan, non è proprio il caso di rompersi la testa sulle note a pie' di pagina di una dissertazione». Inutile la strenua difesa da parte della Bild, il giornale dell'ultradestra populista.
Cdu e Csu hanno tentato una risposta alla Berlusconi: le contestazioni fattuali - che Guttenberg abbia imbrogliato l'università di Bayreuth è un fatto - sono state screditate come «campagna», alimentata dall'«invidia contro un politico popolare», eletto direttamente in Baviera con un mucchio di preferenze.
Il 23 febbraio al Bundestag l'opposizione ha rovesciato su Guttenberg insulti che avrebbero indotto chiunque a nascondersi sotto terra: «imbroglione», «millantatore», «falsario», «bugiardo», «mentitore», «ladro di proprietà intellettuale altrui». I democristiani hanno fatto spallucce. Imbroglione? Se la vedrà l'università di Bayreuth, che la sera dello stesso giorno gli ha revocato il titolo di dottore. Bugiardo o no, a noi Guttenberg va bene così: questo il messaggio, di protervia tutta «berlusconiana», che Merkel & Co. mandavano al paese.
Ma la Germania non è (ancora?) Berlusconia. Il grosso dei media, con l'eccezione di Bild e altri fogli del gruppo Springer, ha tenuto fermo che il rispetto della parola data è irrinunciabile per un politico. Guttenberg, nel consegnare la sua dissertazione con una dichiarazione scritta in cui dava la sua «parola d'onore» di averla compilata da solo e senza trucchi, ha perso ogni credibilità.
Sabato a Berlino un piccolo corteo si è diretto al ministero della difesa è ha appeso un bel po' di vecchie scarpe agli spuntoni della ringhiera che delimita l'edificio: il barone ha da andarsene, come Mubarak e compagnia. I simboli della lotta ai mille sultanati di questo mondo globalizzato volano da piazza Tahir sulla Sprea.
E, come nel Maghreb, internet è un ottimo antidoto alla manipolazione mediatica. Guttenberg avrebbe potuto cavarsela se un gruppo di ricerca della galassia wikipedia non si fosse messo a sezionare la «sua» dissertazione. Risultato provvisorio della ricerca, aggiornata a ieri e puntigliosamente documentata sulla pagina guttenplag.wikia.com: su 324 delle 407 pagine della dissertazione (senza considerare indice e bibliografia), ovvero sull'82% delle pagine, compaiono passi copiati. I brani plagiati senza citare gli autori sono 891, tratti da 120 fonti diverse. E in questa statistica manca ancora una valutazione dell'uso che Guttenberg ha fatto di sei ricerche da lui commissionate all'ufficio studi del Bundestag. L'ufficio del presidenza del parlamento, a maggioranza di centro-destra, si è finora rifiutato di pubblicare gli originali, impedendo così un confronto con la dissertazione.
Su 16.325 righe di testo, 8.061, ovvero il 49 per cento, risultano copiate, o di sana pianta, o con piccole modifiche formali, o usando come «alibi» brevi citazioni per poi continuare a saccheggiare l'originale senza virgolette.
Guttenberg, pur ammettendo «errori», ha avuto l'improntitudine di rivendicare la sua buona fede in una lettera scritta il 21 febbraio all'università di Bayreuth: «Io non ho mai falsificato intenzionalmente o con premeditazione». Questa recentissima menzogna è imperdonabile. Delle due l'una: o il barone si è fatto scrivere la dissertazione da altri, o nel lungo lavoro di redazione, durato a suo dire sei anni, è stato permanentemente incapace di intendere e di volere.

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