mercoledì 4 agosto 2010

Ebbene sì: moriremo democristiani perchè abbiamo visto che può andare anche peggio





In fondo basta rileggersi "Il Gattopardo" per ricordare che in Italia cambia sempre tutto, per rimanere sempre tutto uguale...
Ci venderanno come "nuovi" un ex fascista ripulito (o meglio "sdoganato" dal Nano),un ex radicale ricicciato a baciapile dei vescovi e sposato con una super-furbetta del quartierino romano, ed il marito di Azzura Caltagirone in pole position per grandi affari sul territorio nazionale e che mutua i suoi voti dalla mafia dell'ex presidente siciliano Cuffaro. Povera Patria, cantava Battiato.

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Fini, Casini, Rutelli: il “grande centro” alla prova dell’alternativa a Silvio
Un grande partito che batta Berlusconi e diventi l’ago della bilancia, magari alleandosi dopo le urne con il Partito Democratico. Ecco come all’ombra dei palazzi romani risorge la vecchia Democrazia Cristiana.
La mozione di sfiducia al sottosegretario Giacomo Caliendo li riunirà, più che altro idealmente, per la prima volta. Ma Gianfranco Fini, Francesco Rutelli e Pierferdinando Casini hanno grandi progetti per il futuro. Ovvero, costruire al centro un’alleanza che aspira a diventare l’ago della bilancia alle prossime elezioni, alle quali ambiscono a presentarsi in alternativa a Berlusconi.


Fonte: giornalettismo.com

FRATELLI COLTELLI – Sono lontani i tempi in cui Fini e Rutelli debuttavano come avversari alla prima grande prova della politica, ovvero come candidati sindaci a Roma nel 1993. All’epoca i due sembravano fin troppo alternativi: ex radicale, ora verde ma candidato dei DS il primo, ex neofascista e ancora missino ma con grandi progetti in testa il secondo. I due non si sopportavano, e non si davano nemmeno la pena di nominarlo: nei talk show che ne ospitavano i confronti a vincere era di regola Gianfranco, ma alle elezioni prevalse, e non proprio per un’incollatura, Rutelli, che poi, con il doppio mandato, gettò le basi per la sua svolta papista che la sconfitta alla corsa per la presidenza del Consiglio contro Berlusconi nel 2001 accelerò ulteriormente. L’amicizia con Ruini, quella con la nomenklatura della Capitale, l’approdo alla Margherita, l’addio al Partito Democratico: oggi la sua Api è una forza che, senza essersi mai presentata alle elezioni, può contare su un manipolo di deputati e senatori ex PD, Udc e di varia provenienza, che guarda a Luca Cordero di Montezemolo come appoggio nella nomenklatura e non si perde una cena della Roma Godona. Tutto con una grande prospettiva in mente: diventare decisivo.

PIERFURBY RULES – I boatos di Camera lo davano in rientro all’ovile dopo la legge sulle intercettazioni: ma l’Udc nella maggioranza, un’ipotesi di cui si diceva sicuro il coordinatore del PdL Denis Verdini prima della bufera giudiziaria che lo ha investito, è ormai un’idea al tramonte. Pierferdinando Casini pronostica che il potere del Cavaliere è ormai in via di sparizione, e che è necessario costruire l’alternativa a Berlusconi. Guai a chiamarlo terzo polo, meglio «convergenza» o «area di responsabilità», prendendo in prestito le espressioni usate da Benedetto Della Vedova e Lorenzo Cesa. Fini preferisce parlare di confronto tra forze politiche e chiarisce, parlando con i suoi, che non si tratta di un suo progetto. In un caso o nell’altro, sembra che il nuovo ‘terzo incomodo’, tra destra e sinistra, della politica italiana abbia mosso i suoi primi passi, almeno sulla questione della mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo: Fli, Udc, Mpa e Api si asterranno ma«ciascuno all’interno del proprio gruppo». La decisione arriva al termine di una breve riunione a Montecitorio: i centristi di Casini sono i padroni di casa e ospitano i finiani (oltre a Della Vedova partecipano Bocchino, Conte e Moffa) ed esponenti dei gruppi di Rutelli e Lombardo per stabilire una ‘lineà di condotta comune sul caso Caliendo. Mezz’ora per annunciare che i rispettivi gruppi, seppur «autonomamente», si comporteranno allo stesso modo in Aula.

TERZO POLO IN ARRIVO? – Sembra la nascita del ‘terzo polo’ ma le prime parole dei partecipanti alla riunione sono volte tutte a gettare acqua sul fuoco in merito all’ipotesi di una accelerazione, almeno a breve termine. Il primo a smentire questi scenari è Italo Bocchino: «Nel sistema bipolare il terzo polo non esiste – afferma – È come giocare a tennis e sedersi sulla rete». L’ex vicepresidente vicario del Pdl riserva comunque una stilettata al governo: «Lealtà al governo Berlusconi da parte del gruppo Futuro e libertà?», gli viene chiesto. «Lealtà al mandato ricevuto dagli elettori», è la sua ferma replica. Il ‘terzo polò sembra non piacere, almeno in apparenza, anche al leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini che riunisce i suoi nel pomeriggio: «Queste ipotesi le lasciamo al gossip giornalistico», si schermisce usando involontariamente una espressione spesso usata proprio dal presidente della Camera. E rimandando a qull’area di di «responsabilità». Idea che Amedeo Ciccanti, senatore dell’Udc, traduce in «area di dialogo, che può anche arrivare a strutturarsi come un terzo polo politico ed elettorale se si creano le condizioni operative nel futuro». Si dilunga di più Lorenzo Cesa, per il quale non si può parlare di «terzo polo ma di »un’area« per poi rilanciare: »Speriamo – dice – ci siano convergenze non solo sul caso Caliendo ma anche sulle questioni che dovrà affrontare il Parlamento a settembre-ottobre«. Pino Pisicchio del gruppo Api definisce il nuovo fronte astensionista sul caso Caliendo “una area potenziale interessante” e sottolinea »il significato forte sul piano politico«: »Sappiamo che Fli fa parte della maggioranza e che noi siamo all’opposizione – spiega – tuttavia in una dialettica parlamentare è normale guardarsi in faccia. Un terzo polo? È presto per dirlo«. Guarda con ottimismo a »questo dialogo avviato« anche Giovanni Pistorio, senatore dell’Mpa, auspicando che »possa proseguire soprattutto sui temi che riguardano il Mezzogiorno«. Alla riunione i partecipanti erano 22: Conte, Della Vedova, Bocchino e Moffa per Fli; Pistorio e Misiti per Mpa; Pisicchio, Bruno, Vernetti, Cesario e Calgaro per l’Api, più i parlamentari dell’Udc guidati da Cesa e Buttiglione. Il neonato fronte astensionista alla Camera è composto da 85 deputati (33 finiani, 39 dell’Udc, otto dell’Api e cinque dell’Mpa). Numeri che ora l’attuale maggioranza non può non considerare nei suoi calcoli. Pronti alle grandi manovre autunnali, e magari alle urne in ottobre.

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