giovedì 26 agosto 2010

Baciamo sempre le mani, Senatùr



L'articolo che segue fu pubblicato l'8 luglio 1998 da "La Padania"...ma oggi è misteriosamente sparito dal suo archivio. Ne riporto la trascrizione per gli smemorati, padani e non.

“la Padania”, 8 luglio 1998

Berlusconi mafioso? 11 domande al Cavaliere per negarlo

Signor Berlusconi, chi le diede nel ’68 l’equivalente di 32 miliardi d’oggi per acquistare i terreni?
Max Parisi

Dica.Perché, signor Berlusconi, lei si ostina a tacere? Dica l’identità dei suoi finanziatori
Per quale motivo, Cavaliere, fece amministrare importanti quote della Fininvest alla società Par.Ma.Fid. Di Milano? Sapeva che gestiva anche i patrimoni di boss mafiosi?
Tra il ’68 e il ’79 Berlusconi eseguì aumenti di capitale per centinaia di miliardi.
Soldi di chi?

Da Palermo arrivano notizie gravissime: Silvio Berlusconi è sotto inchiesta per riciclaggio di capitali di Cosa Nostra. Noi offriamo al Cavaliere la possibilità concreta di smentire e distruggere ogni sospetto al suo riguardo. È sufficiente che risponda – punto per punto, nome per nome – alle nostre richieste di chiarimenti sulle sue attività imprenditoriali.
Spieghi, citi chi, come, dove e perché gli fornì nell’arco di 10 anni, all’inizio della sua carriera, i fortissimi capitali che permisero a un giovane di soli 32 anni e senza patrimoni familiari di mettere in moto una macchina edilizia capace di costruire interi quartieri. Sveli questo mistero e prosegua facendo cadere gli altri schermiche impediscono di capire le fonti di così tanto denaro e le successive, strabilianti, scelte gestionali.
Parli, Cavaliere. Parli o taccia per sempre.
Basta. Basta con questa indicibile manfrina messa in piedi dai mezzi di comunicazione di massa sulle vicende giudiziarie – specialmente quelle palermitane – di Silvio Berlusconi. È arrivata l’ora delle certezze definitive. Di seguito presento al signor Berlusconi una serie di domande invitandolo pubblicamente a rispondere nel merito con cristallina chiarezza affinché una volta per tutte sia lui inprima persona a dimostrare – se ne è capace – che con Cosa Nostra non ha e non ha mai avuto nullaa che fare.
A scanso di equivoci e strumentalizzazioni, già da ora – signor Berlusconi – le annuncio che nessuna delle notizie sul suo conto che leggerà in questo articolo è frutto di “pentimenti”, e nessuna delle domande che le sto per porre si basa o prende spunto anche fosse in modo marginale dalle parole dei cosiddetti “pentiti”. Tutto al contrario, esse si basano su personali indagini e su documenti amministrativi che in ogni momento – se lo riterrà – potrò inviarle perché si sinceri della loro autenticità.
Detto questo, prego, legga, e mi sappia poi dire.
Partiamo da lontano, perché lontano inizia la sua storia imprenditoriale, signor Berlusconi.
Primo quesito: lei certamente ricorda che il 26 settembre 1968 la sua società – l’Edilnord Sas –acquistò dal conte Bonzi l’intera area dove di lì a breve lei costruirà il quartiere di Milano2. Lei pagò l’area circa 4.250 lire al metro quadrato, per un totale di oltre 3 miliardi. Questa somma, nel
1968 quando lei aveva appena 32 anni e nessun patrimonio familiare alle spalle, è di enorme portata. Oggi, tabelle Istat alla mano, equivarrebbe a 38 miliardi, 739 milioni e spiccioli.
Dopo l’acquisto – intendo dire nei mesi successivi – lei aprì un gigantesco cantiere edilizio, il cui costo arriverà a sfiorare 500 milioni al giorno, che in circa 4-5 anni porterà all’edificazione di Milano2 così come è oggi. Ecco la prima domanda: signor Berlusconi, a lei, quando aveva 32 anni, gli oltre 30 miliardi per comprare l’area, chi li diede? Inoltre: che garanzie offrì e a chi per ricevere tale ingentissimo credito? In ultimo: il denaro per avviare e portare a conclusione il super-cantiere, chi glielo fornì? Vede, se lei non chiarisce questi punti, si è autorizzati a credere che le due misteriose finanziarie svizzere amministrate dall’avvocato di Lugano Renzo Rezzonico “sue finanziatrici”,
così come altre finanziarie elvetiche che entreranno in scena al suo fianco e che tra poco incontreremo, sono paraventi dietro i quali si sono nascosti soggetti tutt’altro che raccomandabili.
Sì, perché – mi creda signor Berlusconi – nel 1998, oggi, se lei chiarisse una volta per tutte, con
nomi e cognomi, chi le prestò tale gigantesca fortuna facendo con questo crollare ogni genere di
sospetto e insinuazione sul suo conto, nessuno e dico nessuno si alzerebbe per criticarla sostenendo
che lei operò con capitali sfuggiti, per esempio, al fisco italiano e riparati in Svizzera, e rientrati in
Italia grazie alla sua attività imprenditoriale. Sarei il primo ad applaudirla, signor Berlusconi, se la
realtà fosse questa. Se invece di denaro frutto di attività illecite, si trattò di risparmi onestamente
guadagnati e quindi sottratti dai rispettivi proprietari al fisco assassino italiota che grazie a lei
ridiventarono investimenti, lei sarebbe da osannare. Parli, signor Berlusconi, faccia i nomi e il
castello di accuse di riciclaggio cadrà di schianto.
Secondo quesito: il 22 maggio 1974 – certamente lo ricorda, signor Berlusconi – la sua società
“Edilnord Centri Residenziali Sas” compì un aumento di capitale che così arrivò a 600 milioni (4,8
miliardi oggi, fonte Istat). Il 22 luglio 1975 la medesima società eseguì un altro aumento di capitale
passando dai suddetti 600 milioni a 2 miliardi (14 miliardi di oggi, fonte Istat). Anche in questo
caso, vorrei sapere da dove o da chi sono arrivati queste forti somme di denaro in contanti.
Terzo quesito: il 2 febbraio 1973 lei fondò un’altra società, la Italcantieri Srl. Il 18 luglio 1975
questa sua piccola Impresa diventò una Spa con un aumento di capitale a 500 milioni. In seguito,
quei 500 milioni diventeranno 2 miliardi e lei farà in modo di emettere anche un prestito
obbligazionario per altri 2 miliardi. Signor Berlusconi, anche in questo caso le chiedo: il denaro in
contanti per queste forti operazioni finanziarie, chi glielo diede? Fuori i nomi.
Quarto quesito: lei non può essersi scordato che il 15 settembre 1977 la sua società Edilnord
cedette alla neo-costituita “Milano2 Spa” tutto il costruito del nuovo quartiere residenziale nel
Comune di Segrate battezzato “Milano2″ più alcune aree ancora da edificare di quell’immenso
terreno che lei comperò nel ’68 per l’equivalente di più di 32 miliardi in contanti. Tuttavia quel 15
settembre di tanti anni fa, accadde un altro fatto: lei, signor Berlusconi, decise il contemporaneo
cambiamento di nome della società acquirente. Infatti l’impresa Milano2 Spa iniziò a chiamarsi così
proprio da quella data. Il giorno della sua fondazione a Roma, il 16 settembre 1974, la futura
Milano2 Spa – come lei senza dubbio rammenta – viceversa rispondeva al nome di Immobiliare San
Martino Spa, “forte” di un capitale di lire 1 (un) milione, il cui amministratore era Marcello
Dell’Utri. Lo stesso Dell’Utri che lei, signor Berlusconi, sostiene fosse a quell’epoca un «mio
semplice segretario personale». Sempre il 15 settembre 1977, quel milione venne portato a 500 e la
sede trasferita da Roma a Segrate. Il 19 luglio 1978, i 500 milioni diventeranno 2 miliardi di
capitale sociale. Ecco, anche in questo caso, vorrei sapere dove ha preso e chi le ha fornito tanto
denaro contante e in base a quali garanzie.
Quinto quesito: signor Berlusconi, il cuore del suo impero, la notissima Fininvest, certamente
ricorda che nacque in due tappe. Partiamo dalle seconda: l’8 giugno 1978 lei fondò a Roma la
“Finanziaria d’Investimento Srl” – in sigla Fininvest – dotandola di un capitale di 20 milioni e di un
amministratore che rispondeva al nome di Umberto Previti, padre del noto Cesare di questi tempi
grami (per lui). I1 30 giugno 1978 il capitale sociale di questa sua creatura venne portato a 50
milioni, il 7 dicembre 1978 a 18 miliardi, che al valore d’oggi sarebbero 81 miliardi, 167 milioni e
400 mila lire. In 6 mesi, quindi, lei passò dall’avere avuto in tasca 20 milioni per fondare la
Fininvest Srl a Roma, a 18 miliardi. Fra l’altro, come lei certamente ricorda, la società in questo
periodo non possedeva alcun dipendente. Nel luglio del 1979 la Fininvest Srl, con tutti quei soldi in
cassa, venne trasferita a Milano. Poco prima, il 26 gennaio 1979 era stata “fusa” con un’altra sua
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società dall’identico nome, signor Berlusconi: la Fininvest Spa di Milano. Questa società fu la
prima delle due tappe fondamentali di cui dicevo poc’anzi alla base dell’edificazione del suo
impero, e in realtà di milanese aveva ben poco, come lei ben sa. Infatti la Fininvest Spa venne
anch’essa fondata a Roma il 21 marzo del 1975 come Srl, l’11 novembre dello stesso anno
trasformata in Spa con 2 miliardi di capitale, e quindi trasferita nel capoluogo lombardo. Tutte
operazioni, queste, che pensò, decise e attuò proprio lei, signor Berlusconi. Dopo la fusione,
ricorda?, il capitale sociale verrà ulteriormente aumentato a 52 miliardi (al valore dell’epoca,
equivalenti a più di 166 miliardi di oggi, fonte Istat). Bene, fermiamoci qui. Signor Berlusconi, i 17
miliardi e 980 milioni di differenza della Fininvest Srl di Roma (anno 1978) chi glieli fornì? Vorrei
conoscere nomi e cognomi di questi suoi munifici amici e anche il contenuto delle garanzie che lei,
signor Berlusconi, offrì loro. Lo stesso dicasi per l’aumento, di poco successivo, a 52 miliardi.
Naturalmente le chiedo anche notizie sull’origine dei fondi, altri 2 miliardi, della “gemella”
Fininvest Spa di Milano che lei fondò nel 1975, anno pessimo per ciò che attiene al credito bancario
e ancor peggio per i fondamentali dell’economia del Paese.
Sesto quesito: lei, signor Berlusconi, almeno una volta in passato tentò di chiarire il motivo
dell’esistenza delle 22 (ma c’è chi scrive, come Giovanni Ruggeri, autore di “Berlusconi, gli affari
del Presidente” siano molte di più, addirittura 38) “Holding Italiane” che detengono tuttora il
capitale della Fininvest, esattamente l’elenco che inizia con Holding Italiana Prima e termina con
Holding Italiana Ventiduesima. Lei sostenne che la ragione di tale castello societario sta nell’aver
inventato un meccanismo per pagare meno tasse allo Stato. Così pure, signor Berlusconi, lei ha
dichiarato che l’inventore del marchingegno finanziario, che ripeto detiene – sono sue parole –
l’intero capitale del Gruppo, fu Umberto Previti e l’unico scopo per il quale l’inventò consisteva – e
consiste tutt’oggi – nell’aver abbattuto di una considerevole percentuale le tasse, ovvero il bottino
del rapinoso fisco italiota ai suoi danni, con un meccanismo assolutamente legale. Queste, mi
corregga se sbaglio, furono le ragioni che addusse a suo tempo, signor Berlusconi, per spiegare il
motivo per cui il capitale della Fininvest è suddiviso così. È una motivazione, però, che a molti
appare quanto meno curiosa, se raffrontata – ad esempio – con l’assetto patrimoniale di un altro big
dell’imprenditoria nazionale, Giovanni Agnelli, che viceversa ha optato da molti anni per una
trasparentissima società in accomandita per detenere e definire i propri beni e quote del Gruppo
Fiat. In sostanza lei, signor Berlusconi, più volte ha ribadito che “dietro” le 22 Holding c’è soltanto
la sua persona e la sua famiglia. Non avrò mai più motivo di dubitare di questa sua affermazione
quando lei spiegherà con assoluta chiarezza le ragioni di una sua scelta a dir poco stupefacente.
Questa: c’è un indirizzo – a Milano – che lei, signor Berlusconi conosce molto bene. Si tratta di via
Sant’Orsola 3, pieno centro cittadino. A questo indirizzo nel 1978 nacque una società fiduciaria –
ovvero dedita alla gestione di patrimoni altrui – denominata Par.Ma.Fid. A fondarla furono due
commercialisti, Roberto Massimo Filippa e Michela Patrizia Natalini. Detto questo, certo
rammenta, signor Berlusconi, che importanti quote di diverse delle suddette 22 Holding verranno da
lei intestate proprio alla Par.Ma.Fid. Esattamente il 10 % della Holding Italiana Seconda, Terza,
Quarta, Quinta, Ventunesima e Ventiduesima, più il 49% della Holding Italiana Prima, la quale – in
un perfetto gioco di scatole cinesi – a sua volta detiene il 100% del capitale della Holding Italiana
Sesta e Settima e il 51% della Holding Italiana Ventiduesima. Vede, signor Berlusconi, dovrebbe
chiarirmi per conto di chi la Par.Ma.Fid. gestirà questa grande fetta del Gruppo Fininvest e perché
lei decise di affidare proprio a questa società tale immensa fortuna. Infatti lei – che è un attento
lettore di giornali e ha a sua disposizione un ferratissimo nonché informatissimo staff di legali
civilisti e penalisti – non può non sapere che la Par.Ma.Fid. è la medesima società fiduciaria che ha
gestito – esattamente nello stesso periodo – tutti i beni di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa
Nostra e grande riciclatore di capitali per conto dei clan di Giuseppe e Alfredo Bonn, Salvatore
Enea, Gaetano Fidanzati, Gaetano Carollo, Canneto Gaeta e altri boss – di area corleonese e non –
operanti a Milano nel traffico di stupefacenti a livello mondiale e nei sequestri di persona.
Quindi, signor Berlusconi, a chi finivano gli utili della Fininvest relativi alle quote delle Holding in
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mano alla Par.Ma.Fid.? Per conto di chi la Par.Ma.Fid. incassava i dividendi e gestiva le quote in
suo possesso? Chi erano – mi passi il termine – i suoi “soci”, signor Berlusconi, nascosti dietro lo
schermo anonimo della fiduciaria di via Sant’Orsola civico 37. Capisce che in assenza di una sua
precisa quanto chiarificatrice risposta che faccia apparire il volto – o i volti – di coloro che per anni
incasseranno fior di quattrini grazie alla Par.Ma.Fid., ovvero alle quote della Fininvest detenute
dalla Par.Ma.Fid. non si sa per conto di chi, sono autorizzato a pensare che costoro non fossero
estranei all’altro “giro” di clienti contemporaneamente gestiti da questa fiduciaria, clienti i cui nomi
rimandano direttamente ai vertici di Cosa Nostra.
Settimo quesito: è universalmente noto che lei, signor Berlusconi, come imprenditore è “nato col
mattone” per poi approdare alla televisione. Proprio sull’edificazione del network tivù è incentrato
questo punto. Lei, signor Berlusconi, certamente ricorda che sul finire del 1979 diede incarico ad
Adriano Galliani di girare l’Italia ad acquistare frequenze tivù. Lo scopo – del tutto evidente – fu
quello di costituire una rete di emittenti sotto il suo controllo, signor Berlusconi, in modo da poter
trasmettere programmi, ma soprattutto pubblicità, che così sarebbe stata “nazionale” e non più
locale. La differenza dal punto di vista dei fatturati pubblicitari, ovviamente, era enorme. Fu un
piano perfetto. Se non che, Adriano Galliani invece di buttarsi a capofitto nell’acquisto di emittenti
al Nord, iniziò dal Sud e precisamente dalla Sicilia, dove entrò in società con i fratelli Inzaranto di
Misilmeri (frazione di Palermo) nella loro Retesicilia Srl, che dal 13 novembre 1980 vedrà nel
proprio consiglio di amministrazione Galliani in persona a fianco di Antonio Inzaranto. Ora lei,
signor Berlusconi, da imprenditore avveduto qual è, non può non avere preso informazioni
all’epoca sui suoi nuovi soci palermitani, personaggi molto noti da quelle parti per ben altre
questioni, oltre la tivù. Infatti Giuseppe Inzaranto, fratello di Antonio nonché suo partner, è marito
della nipote prediletta di Tommaso Buscetta. No, sia chiaro, non mi riferisco al “pentito Buscetta”
del 1984, ma al super boss che nel ’79 è ancora braccio destro di Pippo Calò e amico intimo di
Stefano Bontale, il capo dei capi della mafia siciliana. Quindi, signor Berlusconi, perché entrò in
affari – tramite Adriano Galliani – con gente di questa risma? C’è da notare, oltre tutto, che i fratelli
Inzaranto sono di Misilmeri. Le dice niente, signor Berlusconi, questo nome? Guardi che glielo sto
chiedendo con grande serietà. Infatti proprio di Misilmeri sono originari i soci siciliani della nobile
famiglia Rasini che assieme alla famiglia Azzaretto – nativa di Misilmeri, appunto – fondò nel 1955
la banca di Piazza Mercanti, la Banca Rasini. Giuseppe Azzaretto e suo figlio, Dario Azzaretto,
sono persone delle quali lei, signor Berlusconi, con ogni probabilità sentiva parlare addirittura in
casa da suo padre. Gli Azzaretto erano – con i Rasini i diretti superiori di suo padre Luigi, signor
Berlusconi. Gli Azzaretto di Misilmeri davano ordini a suo padre, signor Berlusconi, che per molti
anni fu loro procuratore, il primo procuratore della Banca Rasini. Certo non le vengo a chiedere con
quali capitali – e di chi – Giuseppe Azzaretto riuscì ad affiancarsi nel 1955 ai potenti Rasini di
Milano, tenuto conto che Misilmeri è tutt’oggi una tragica periferia della peggiore Palermo, però
che a lei Misilmeri possa risultare del tutto sconosciuta, mi appare inverosimile. Ora le ripeto la
domanda: si informò sulla “serietà” e la “moralità” dei nuovi soci – il clan Inzaranto – quando tra il
1979 e l’80 diverranno parte fondamentale della sua rete tivù nazionale?
Ottavo quesito: certo a lei, signor Berlusconi, il nome della società immobiliare Romana Paltano
non può risultare sconosciuto. È impossibile non ricordi che nel 1974 la suddetta, 12 milioni di
capitale, finì sotto il suo controllo amministrata da Marcello Dell’Utri, perché proprio sui terreni di
questa società lei darà corso all’iniziativa edilizia denominata Milano3. Così pure ricorderà che nel
1976 l’esiguo capitale di 12 milioni aumenterà a 500; e che il 12 maggio del 1977 salirà
ulteriormente a 1 (un) miliardo, e che cambierà anche la sua denominazione in Cantieri Riuniti
Milanesi Spa. Come al solito, vengo subito al dunque: anche in questo ennesimo caso, chi le fornì,
signor Berlusconi, questi forti capitali per aumentare la portata finanziaria di quella che era una
modestissima impresa del valore di soli 12 milioni quando la acquistò?
Nono quesito: lei, signor Berlusconi, certamente rammenta che il 4 maggio 1977 a Roma fondò
l’Immobiliare Idra col capitale di 1 (un) milione. Questa società, che oggi possiede beni immobili
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pregiatissimi in Sardegna, l’anno successivo – era il 1978 – aumentò il proprio capitale a 900
milioni. Signor Berlusconi, da dove arrivarono gli 899 milioni (4 miliardi e 45 milioni d’oggi, fonte
Istat) che fecero la differenza?
Decimo quesito: signor Berlusconi, in più occasioni lei ha usato per mettere in porto affari di vario
genere – l’acquisto dell’attaccante Lentini dal Torino Calcio, ad esempio – la finanziaria di Chiasso
denominata Fimo. Anche in questo caso, come nel precedente riferito alla Par.Ma.Fid., lei ha scelte
una società fiduciaria – questa volta domiciliata in Svizzera – al cui riguardo le cronache giudiziarie
si erano largamente espresse. Tenuto conto della potenza dello staff informativo che la circonda,
signor Berlusconi., mi appare del tutto inverosimile che lei non abbia saputo, circa la Fimo di
Chiasso, che è stata per lungo tempo il canale privilegiato di riciclaggio usato da Giuseppe Lottusi,
arrestato il 15 novembre del 1991 mentre “esportava” forti capitali della temibile cosca palermitana
dei Madonia. Così pure non le sarà sfuggito che Lottusi venne condannato a 2 anni di reclusione per
quei reati. Tuttora è in carcere a scontare la pena. Ebbene, signor Berlusconi, se quel gangster fini in
galera il 15 novembre del ’91, nella primavera del 1992 – cioè pochi mesi dopo quel fatto che
campeggiò con dovizia di particolari, anche circa la Fimo, sulle prime pagine di tutti i giornali – il
suo Milan “pagò” una forte somma “in nero” – estero su estero – per la cessione di Gianluigi
Lentini, e usò per la transazione proprio la screditatissima Fimo, fiduciaria di narcotrafficanti
internazionali. Perché, signor Berlusconi?
Ecco, queste sono le domande. Risponda, signor Berlusconi. Presto. Come ha visto, di “pentiti” veri
o presunti non c’è traccia negli 11 quesiti. Semmai c’è il profumo di centinaia di miliardi che tra il
1968 e il 1979 finirono nelle sue mani, signor Berlusconi. E tuttora non si sa da dove arrivarono.
Poiché c’è chi l’accusa che quell’oceano di quattrini provenne dalle casse di Cosa Nostra e sta
indagando proprio su questo, prego, schianti ogni possibile infamia dicendo semplicemente la
verità. Punto per punto, nome per nome.
É un’occasione d’oro per farla finita una volta per tutte. Sappia che d’ora in poi il silenzio non le è
più consentito né come imprenditore, né come politico, né come uomo.
Oltre gli “anonimi” flussi finanziari, c’è un altro mistero da svelare
Un impero di prestanome
Caro Silvio; perché li ha usati dal ’68 all’84?
Casalinghe e praticanti notai, queste furono le prime coperture di Berlusconi che grazie a loro, per
oltre 10 anni, rimarrà nell’ombra. Perché?
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L’altra faccia della medaglia. Signor Berlusconi, certo che abbia letto l’articolo della pagina a
fianco, ora vengo ad affrontare con lei un’altra questione – per nulla marginale – che sta alla base
dei sospetti di riciclaggio su cui i magistrati palermitani stanno indagando.
Nella sua scalata all’empireo dell’imprenditoria nazionale c’è una costante che sconcerta, anzi,
allarma: è l’inconcepibile, continuo, inarrestabile uso di prestanome che lei ha fatto dal primo
giorno della sua carriera imprenditoriale. Vuole che le rinfreschi la memoria?
Mi spieghi il senso, tanto per cominciare, della nascita della sua prima società, costituita il 29
settembre 1968 a Milano.
Col nome di “Edilnord centri residenziali Sas di Lidia Borsani & C.”, laddove la signorina Borsani
– se non dico male una sua cugina, signor Berlusconi – era il socio d’opera, mentre il socio di
capitale era la “Aktiengesellschaft fur Immobilienanlagen in Residenzzentren Ag” di Lugano che
infatti fornì i 50.000 franchi svizzeri del capitale, prese vita l’impresa che di lì a poco sborserà più
di 3 miliardi per comprare l’area dove verrà costruita la città satellite di Milano2 nel Comune di
Segrate.
Era una bellissima iniziativa imprenditoriale, signor Berlusconi. Un’iniziativa di cui andare fieri,
che qualsiasi altro imprenditore avrebbe firmato col proprio nome a caratteri cubitali. Lei no. Lei
rimase nell’ombra, tanto quanto restarono nell’ombra i veri fornitori di quei primi 3 miliardi in
contanti del 1968. Una bella somma, sa? Oggi varrebbero più di 32, proprio il numero che segna gli
anni che lei aveva quando questa gigantesca fortuna finì nelle sue mani.
Ecco, se questo fu il primo caso di prestanomi al suo servizio, i successivi che la riguardano
denunceranno uno stile che rimarrà costante per almeno 10 anni, i suoi primi 10 anni d’attività,
signor Berlusconi. Ricorda?
La Italcantieri Srl, uno dei suoi bracci operativi nell’edilizia, nasce il 2 febbraio 1973 a Milano
avendo come soci Renato Pironi, un giovane praticante notaio, ed Elda Brovelli, una casalinga
senza alcuna occupazione o titolo di studio inerente l’attività della società che va a fondare e per la
cui “opera” percepirà solo 600.000 lire. Eppure lei usa questi due perfetti sconosciuti – nonché
incompetenti – per far muovere un’impresa che dovrà affrontare un progetto colossale:
l’edificazione e l’ultimazione di Milano2. Perché?
Inoltre, mi permetta signor Berlusconi, i due suddetti – la casalinga e il praticante notaio – nell’atto
di costituzione della Italcantieri risultano essere rappresentanti di due potenti quanto discutibili
società svizzere: rispettivamente la “Eti Ag Holding” di Chiasso per la signorina Brovelli, e la
Cofigen Sa per il giovane Pironi.
I suoi due prestanome, signor Berlusconi, a loro volta rappresentavano i finanziatori? Lei non può
non sapere chi si celasse dietro la Eti Holding e la Cofigen, due società finanziarie svizzere.
Dica, faccia i nomi, perché altrimenti rimane solo quello di Ercole Doninelli, finanziere elvetico
primo fondatore della famigerata Fimo Sa di Chiasso, società di riciclaggio di capitali di mafia, che
proprio nella Italcantieri – in seguito – entrerà in rapporti e affari. Anche la Sogeat Sas; che lei
certamente conosce perché vantava un credito nei suoi confronti – che immagino lei pagò – di 22,5
miliardi nel 1978 (101,5 miliardi di oggi), è un altro soggetto finanziario inquietante, mi permetta.
Come fu possibile che ad amministrare la Sogeat Sas di Walter Donati & C., fondata il 4 luglio
1972 con un capitale di 400.000 lire, fu messo appunto il signor Donati, ovvero un suo impiegato,
signor Berlusconi? E poi: chi fornì al signor Donati 1 miliardo, 999 milioni e 600.000 lire per
finanziare l’aumento di capitale della Sogeat deliberato ed attuato non molto dopo la fondazione?
Guardi che stiamo parlando di una somma che oggi equivarrebbe a oltre 22 miliardi, mica
noccioline. Fu un prestanome al fulmicotone, questo signor Donati. Gli ballavano in tasca i miliardi
come a me le monetine.
Tra l’altro, signor Berlusconi, eviti di dire – casomai – che della Sogeat sa poco e nulla, perché se
Walter Donati fu il socio d’opera, l’altro socio, il finanziatore, documenti alla mano fu l’avvocato
Renzo Rezzonico di Lugano, lo stesso che amministrava le due finanziarie svizzere di cui sopra.
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Insomma, un personaggio che lei conosce e conosceva benissimo. Ora intendiamoci bene. Seppure
possa sembrare irrazionale, la sua scelta di tenere costantemente per più di 10 anni un profilo
imprenditoriale così basso da risultare inesistente potrebbe essere giustificata da un riserbo
caratteriale, da innata timidezza e modestia di cui però dal 1980 per tutto il tempo a venire fino a
oggi non si troverà più traccia. D’accordo, proviamo a prendere per buona questa ipotesi.
Se è così signor Berlusconi, mi usi la cortesia di spiegare all’opinione pubblica la “faccenda
Berruti”. Quale?
Le rammento i fatti. Il 12 novembre 1979, a Milano, il capitano della Guardia di Finanza Massimo
Maria Berruti si presentò negli uffici di Foro Bonaparte della sua Edilnord, signor Berlusconi, e
interrogò proprio lei sui complicati giri societari e finanziari – farciti di prestanome, come abbiamo
visto – che le avevano permesso di edificare Milano2. Certo ricorda, signor Berlusconi, che lei
rispose al capitano Berruti a questo modo: «Non sono il proprietario della Edilnord e tanto meno
della Sogeat, Io sono un semplice consulente esterno».
Nella relazione su questa ispezione, scritta e firmata da Berruti, risulta così. Formalmente, la sua, fu
una risposta ineccepibile, ma nella sostanza una menzogna tonante. Perché, signor Berlusconi, negò
l’evidenza? Di chi e che cosa ebbe paura? Non certo di Berruti, visto che pochi mesi dopo si
dimetterà dalle Fiamme Gialle e presto diventerà consulente della Fininvest.
Le ripeto la domanda: perché sostenne di essere un “semplice consulente” delle società che avevano
appena finito di edificare Milano2?
A quale retroscena temette di essere associato? Forse si spaventò pensando che qualcuno avrebbe
potuto domandarle chi realmente si celasse dietro i formidabili flussi finanziari arrivati dalla
Svizzera alla Edilnord e alla Sogeat?
Se non è così, spieghi, dica come stanno le cose. Anche perché, vede, l’allora capitano Berruti (e
attuale deputato Berruti di Forza Italia) nel pomeriggio di quel 12 novembre 1979 tornò a cercarla
nei suoi uffici, signor Berlusconi, e le pose una domanda spiazzante. Berruti le chiese di spiegare
come mai lei, che si era appena dichiarato “consulente esterno della Edilnord e della Sogeat”,
ovvero dell’intero affare Milano2, viceversa aveva garantito personalmente – tramite fideiussioni a
diverse banche per importi monumentali – la solidità di entrambe quelle società.
Ma come, le fece notare la Gdf, i soci di capitale della Edilnord e della Sogeat erano ufficialmente
svizzeri, cioè i loro capitali erano svizzeri, e per loro garantiva un italiano, Berlusconi? D’altra parte
i fatti erano questi e così la Gdf sospettò – ma per poco, fintanto che Berruti non si dimise per
mettersi a lavorare per lei, Cavaliere – che in realtà dietro le finanziarie elvetiche c’era ancora lei,
Berlusconi.
Sospetto più che legittimo direi, visto che ancora oggi non si sa, e appunto vengo a domandarle, chi
c’era dietro le varie Eti Holding, Cofigen, Aktiengesellschaft & company. Capisce che se le Fiamme
Gialle erano in qualche modo convinte che alle spalle di quelle sigle spuntava ancora lei, signor
Berlusconi, la questione si complica, e di molto.
Si, perché a questo punto l’intera rete finanziaria da cui lei ricevette qualcosa come 200 miliardi in
contanti quasi 30 anni fa, anziché in Svizzera va collocata in Italia. È così? Dica, è così o si tratta di
una mera fantasia? Non penso di poter tollerare il suo silenzio su questo punto centrale, perché
altrimenti entrerebbero in scena ben altri personaggi e situazioni. D’improvviso si
materializzerebbero i fantasmi che circondano Marcello Dell’Utri, sotto processo a Palermo per
mafia. Lugubri scenari che lei ha un solo modo per cancellare: raccontare tutto, nome per nome.
E’ facile: convochi una conferenza stampa
MP
Non molleremo. Insisteremo con ogni mezzo a disposizione di chi fa il nostro mestiere per avere,
una volta per tutte, risposte certe e definitive. Silvio Berlusconi accusa i “pentiti” di essere dei
mentitori prezzolati, accusa i magistrati – al minimo – di strumentalizzare dichiarazioni di
delinquenti che in cambio dei loro “racconti” ottengono benefici di ogni genere, primo dei quali il
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più prezioso di tutti: la libertà, nonostante costoro siano responsabili di reati gravissimi, quasi
sempre omicidi. Ebbene, c’è un modo sicuro in mano a Berlusconi per far tacere questa gente e
contemporaneamente far sì che le loro accuse si trasformino in un boomerang: svelare tutti i misteri
che circondano – da sempre – in maniera impenetrabile la sua carriera imprenditoriale. I capitali
“svizzeri” che alimentarono dal ’68 in poi le iniziative edilizie del futuro Cavaliere sono limpidi
come l’acqua di fonte? Prego, dica di chi erano, signor Berlusconi. Chi glieli affidò era integerrimo?
Prego, faccia i nomi, così sapremo quali onesti, laboriosi e lungimiranti italiani si fidarono di lei tra
la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta permettendo – grazie all’enorme fiducia che
lei riuscì a ispirar loro – la creazione della Fininvest e di ciò che ne è seguito. Se lei insiste a tacere
su questi fondamentali riscontri che accrediterebbero immediatamente la sua sincerità facendo
sprofondare in un abisso di menzogna tutti coloro l’accusano, lei di fatto dona il crisma dello verità
a chi “ricorda” i suoi incontri milanesi con Stefano Bonante, a chi “rammenta” i suoi contatti
finanziari con Francis Turatello, a chi “spiega” la presenza di Mangano a villa San Martino con ben
diverse ragioni dalla cura delle stalle, a chi “parla” dì vorticosi giri di capitali di eroina nella Barica
Rasinì e altro perfino di peggio.
Ha capito, signor Berlusconi? E’ facile. È l’azione più semplice che si possa immaginare. Una bella
conferenza stampa affiancato da qualcuno dei suoi antichi finanziatori sorridente come non mai che
stringe in mano vecchi documenti bancari, e il gioco è fatto.
Sappia che se dovesse accadere, sarò in primo fila a plaudire un galantuomo.
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