domenica 4 marzo 2012

NO TAV IN TUTTA ITALIA



No Tav, un movimento ad alta imprevedibilità

di Andrea Palladino, da Il Manifesto
04.03.2012

Ieri blocchi e cortei in tutta Italia. A Roma blitz sulla tangenziale e sull'autostrada per l'Aquila, Tensioni con i giornalisti, una troupe di Rainews finisce nel mirino. Protesta alla sede di Repubblica.



Alla fine, poco dopo le 19, il corteo si è disperso senza problemi, spontaneamente. Nessuna occupazione della stazione Tiburtina, presidiata dalle forze dell'ordine, snodo dei treni ad alta velocità che attraversano Roma, divenuta l'obiettivo di una manifestazione sostanzialmente tranquilla, a tratti festosa. Nessun volto coperto, nessun assalto sul percorso, ma il segno ormai evidente della contaminazione del movimento no Tav, che dalla Val di Susa sta raggiungendo l'intero paese.
L'appuntamento romano - il più atteso, oltre a quello nella valle - era nato pochi giorni fa, e si era caricato di significati dopo la chiusura, poco tecnica e molto politica, del governo Monti. Alle 15, orario indicato per la partenza del corteo da piazzale Tiburtino, la scena era in realtà surreale. Decine di telecamere, fotografi, giornalisti, di fronte ai militanti che iniziavano ad arrivare a piccoli gruppi all'inizio della via Tiburtina, nello storico quartiere di San Lorenzo. Operatori di tv e canali web armati spesso di caschetto, con gli obiettivi puntati su questo magma divenuto protagonista, che sta rapidamente riempiendo il vuoto politico dell'era Monti. In fondo sono oggi i movimenti a porre sul tavolo della discussione i grandi temi dello sviluppo, contrapponendo la lentezza della decrescita, dei beni comuni, della difesa del territorio al turbocapitalismo finanziario. Un protagonismo che ha il suo epicentro in Val di Susa, dove un'intera popolazione sta vivendo sulla propria pelle, sulla propria storia le scelte che hanno l'odore di un'era politica lontana.
In meno di mezz'ora la piccola piazza nel cuore di San Lorenzo era piena. Forse diecimila persone, anche se l'esercizio del conteggio oggi ha poco senso. La nuova faccia del movimento che si riconosce dietro al sigla No Tav assomiglia in fondo più ai tanti occupy, magmatico, capace di piccole azioni imprevedibili.
Il primo vero punto che ha animato il corteo è arrivato un'ora dopo la partenza, davanti all'ex fabbrica Snia, a pochi passi dal quartiere del Pigneto. Un piccolo gruppo di lavoratori di Treni notte - quella parte di Ferrovie dello Stato che garantiva i collegamenti notturni tra il sud e il nord, chiusa dall'amministratore delegato Moretti - da un balcone in cima ad una sorta di torre hanno aperto uno striscione che richiamava quella lentezza dei treni notturni, contrapposta all'alta velocità del modello Tav. Qualche fumogeno, un piccolo parapiglia che vede vittima una troupe di Rainews, come raccontano le agenzie, gli slogan, gli applausi. Poi il corteo si ferma. Basta poco per capire che la destinazione finale di piazzale Preneste non verrà raggiunta oggi. Serve il simbolo, serve la prova di piazza. La vicina stazione Prenestina era presidiata da diversi blindati e, in pochi minuti, il corteo decide di ritornare indietro, verso la tangenziale, libera e aperta.
Da quel punto diventa facile raggiungere rapidamente diversi luoghi simbolici per il movimento No Tav. In fondo, ad un paio di chilometri di distanza c'è la stazione Tiburtina, centro nevralgico dell'alta velocità del centro Italia. Poco prima c'è l'imbocco dell'autostrada A24, che porta verso L'Aquila e Pescara. E c'è la stessa tangenziale, arteria vitale per il traffico cittadino. Per circa mezz'ora il corteo cammina sulla sopraelevata, che sfiora i palazzi. Il deposito e gli uffici dell'Atac - l'azienda municipalizzata romana divenuta simbolo della parentopoli - diventano velocemente, e facilmente, l'obiettivo dei petardi, lanciati dall'alto della strada. Poi, arrivati, al bivio tra l'A24 e il pezzo di tangenziale che sbuca davanti alla stazione Tiburtina, inizia la trattativa con i funzionari della Questura, rimasti spiazzati dal cambio di percorso. Con la conclusione pacifica e condivisa di fermarsi lì, senza altre forzature.
C'è una novità in questo movimento, ed è l'insofferenza per i giornalisti, ormai messi insieme alla Polizia nelle scritte sui muri. La ricerca - spesso ossessiva - del clamore, la presenza costante di telecamere e macchine fotografiche - che raccolgono immagini potenzialmente utilizzabili dalle forze dell'ordine - e, secondo il movimento, il mancato racconto delle ragioni della popolazione della Val di Susa sono diventati elementi non più graditi. Proprio ieri mattina la giornata si era aperta con l'occupazione simbolica della redazione de La Repubblica, terminata con un incontro con la direzione. «Non mettete il bavaglio alla Valle», chiedevano i manifestanti. Il No Tav, in fondo, è una sorta di magma contagioso che varrebbe la pena raccontare ascoltando.

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