venerdì 9 marzo 2012

ANDO VIVRA' NELLA SUA FOTOTECA



Ando Gilardi: "Sono un’immagine, quindi sono"

Pubblicato: 09 mar 2012 da Gabriele Ferraresi su:http://www.clickblog.it/




Lunedì 5 marzo 2012 all’età di 91 anni se ne è andato Ando Gilardi. Fotografo, critico fotografico, saggista, editore di riviste che hanno fatto la storia della fotografia italiana, lascia un vuoto enorme. Noi in passato avevamo incontrato Ando - qui la nostra intervista - e abbiamo deciso insieme a Elena Piccini, Patrizia Piccini e a Fabrizio Urettini della Fototeca Storica Nazionale di fare qualcosa per ricordarlo.

Partiamo oggi con un’introduzione, ma proseguiremo con tre puntate che pubblicheremo a partire da settimana prossima nelle quali Fabrizio, Patrizia ed Elena tracceranno una narrazione per immagini, una biografia iconografica di Ando Gilardi. Chi meglio di loro tre, da tempo anime della Fototeca Storica Nazionale per un compito del genere? Nessuno.

I più attenti di voi capiranno ora perché martedì abbiamo preferito “ritirare” il pezzo di Gianluca Bocci che dava conto della scomparsa di Ando. Semplice: Gilardi non voleva che la notizia della sua morte venisse divulgata nell’immediato. Cito dal testo che trovate dopo il salto

Ando ci ha chiesto di tenere in segreto la sua morte, che non fosse celebrato nessun tipo di rito funebre e di rendere pubblica la notizia solo a cremazione avvenuta. Onorare un impegno come quello che Ando ci ha chiesto, ne siamo ben coscienti, non è cosa facile nell’era del world wide web

Nell’era del web naturalmente era impossibile: ma ci si è provato.


Sono un’immagine, quindi sono

Il giorno 5 marzo all’età di 91 anni Ando Gilardi ci ha lasciato. Prima di morire ha affidato a Patrizia, la sua assistente, una lettera indirizzata alla moglie Luciana, al suo interno, anche delle precise istruzioni da seguire in caso di dipartita. Ando ci ha chiesto di tenere in segreto la sua morte, che non fosse celebrato nessun tipo di rito funebre e di rendere pubblica la notizia solo a cremazione avvenuta. Onorare un impegno come quello che Ando ci ha chiesto, ne siamo ben coscienti, non è cosa facile nell’era del world wide web, in questo crediamo che ci sia stata data una sorta di libertà di coscienza nel seguire la sua volontà però noi ci abbiamo voluto provare, e in questo tentativo, abbiamo forse capito il senso di questa sua ultima bizzarra richiesta. L’esperienza del distacco può avvenire in tanti modi ma quello che ci è sembrato molto chiaro nelle istruzioni di Ando è che nel caso suo di distacco non si tratta, il messaggio è stato indirizzato proprio a quelle persone che in un certo senso rappresentano idealmente i guardiani della sua immortalità.

Cerco di spiegarmi meglio: il lascito culturale di Ando è composto da circa un milione di immagini di cui solo 70.000 ad oggi sono state digitalizzate, 26.000 accessibili online nel catalogo della Fototeca Storica Nazionale che porta il suo nome, poi una lunga lista di testi, alcuni dei quali diventati dei classici, saggi editi ma anche molti manoscritti ancora inediti, articoli, riviste, poesie, raccolte. Solo in questi ultimi anni, gli anni in cui l’aggravamento delle sue condizioni di salute lo hanno costretto a vivere seduto alla tastiera il suo catalogo si è arricchito di una newsletter dal titolo Amici che ha tenuto quotidianamente per circa tre anni, un profilo Facebook, un canale Youtube e un’interminabile serie di contributi all’interno di forum e rubriche digitali.

Ando le sue istruzioni le aveva già in testa da parecchio tempo, da quel 1962 in cui con la moglie Luciana fondarono la Fototeca Storica Nazionale a Roma e pochissimi anni dopo la trasferirono a Milano in via degli Imbriani, nel cuore della Bovisa al tempo quartiere industriale e operaio nella periferia nord oggi nuovo polo culturale e universitario. Il concetto di archivio per Ando non era quello di una collezione tassonomica di immagini sotto formalina ma quella di un repertorio vivo, che grazie ad una concezione di schedatura agile e che già profeticamente negli anni Sessanta si basava fortemente sull’uso di tag, faceva sì che il potenziale uso di ciascuna immagine si espandesse in mille e mille significati e declinazioni. In virtù di questa impostazione il salto dalla schedatura cartacea a quella digitale è stato meno difficile che per altri, anzi solo una evoluzione naturale. Un altro concetto di base per Ando, che spesso ci ribadiva quasi fosse uno slogan, era che “l’arte nasce dall’arte” e che quindi dovevamo sentirci liberi dopo aver riprodotto e catalogato immagini, di farne nascere altre nuove dalle stesse, magari per poter aggiungere ancora utili tag.

Sempre e comunque la sua attenzione all’evoluzione dei nuovi linguaggi ci ha spronato a guardare avanti e possibilmente anche un po’ aldilà. Illuminante questa frase che pronuncia proprio alla fine dell’intervista “Fotografia e società”, realizzata a cura della Provincia di Milano, da Tonino Curagi e Anna Gorio: «…. un francese, un certo Debord che ha scritto “La società dello spettacolo”, questo libretto nella sostanza cosa dice: che l’immagine quella ottica quella fotografica specialmente rapidamente, nemmeno piano piano, ha sostituito la realtà e non esiste più nella coscienza e nella conoscenza il corpo, ma l’immagine del corpo non esiste più il gatto ma l’immagine del gatto. Io non so voi, ma io penso e vivo e ho reazioni anche fisiche vivendo nelle mie immagini mentali. Non esistevo fuori da questa stanza qui fino a tre ore fa, non esistevo… adesso se fai una cassetta e la proietti comincio ad esistere, cioè il vecchio giudio scemo comincia ad essere, a far pensare, a discutere e a ragionare. Al mondo ci sono sei miliardi e mezzo di uomini: esisterà si e no solo il 5% quelli che appunto sono stati reificati, direbbe Carlo Marx, in immagine. Vivete, viviamo, in immagine, in figure.».

La sua, anzi - le sue - immagini non moriranno mai. Di questo tratteremo nelle prossime puntate.

Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi

Elena Piccini, Patrizia Piccini, Fabrizio Urettini.

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