mercoledì 4 maggio 2011

Il graffio eccellente di Rita Pani



Souvenir de Abbottabad

Spesso mi dicono: “mi dispiace che una penna come la tua, non sia a servizio di un grande giornale”. Spesso ho risposto: “a me no, per nulla”. Oggi confermo con più vigore. Lo faccio dopo aver finito di leggere la montagna di spazzatura scritta sull'uccis...ione del “Muppet” Osama bin Laden, tra un conato di vomito e un sorriso più o meno largo. Sono felice di avere la penna libera dalle catene della propaganda che rasenta l'idiozia, al servizio esclusivo di quel minimo di buon senso che mi riconosco, e che mi protegge dall'essere in qualche modo complice di questo mondo globalizzato anche nell'ipocrisia. Non potrei sopportare in nessun modo di aver partecipato alla scrittura della storia moderna, come fosse una telenovela, ad uso e consumo di un popolo che ha bisogno di qualcuno che lo induca a sognare, o peggio a credere alle favole che sempre, per offrirci il lieto fine, devono essere cruente. A leggerla bene, questa favola ambientata in un paese lontano, lontano che si chiamava Abbottabad, ci sarebbe da inorridire, come quando si legge di una bambina che passeggiava per il bosco per arrivare da sua nonna, che nel frattempo era stata ingoiata viva da un lupo, che avrebbe poi mangiato intera pure lei. Alla fine, quando arriva il cacciatore che con un coltellaccio squarta il lupo e libera nonna e nipote, tutti i bimbi tirano un sospiro di sollievo, e vissero tutti felici e contenti. Così come ci raccontano sia accaduto ad Abbottabad. È tornata la pace nel mondo, ora che l'orco è stato ucciso e gettato a mare, perché era così orco che nessuna terra l'ha voluto ricoprire. In principio ci dissero che era stato “tumulato” in mare, poi “inabissato”, persino “buttato”. Oggi gli sceneggiatori di questa favola macabra, raccontano della bontà degli eroi salvatori del mondo, che per dare l'orco in pasto ai pesci, prima lo hanno lavato e vestito con un abito bianco, che hanno anche pregato per lui, e poi tradotto in arabo quella preghiera. Ci sono voluti 40 minuti, per svolgere appieno il pietoso gesto. La pace nel mondo, tornò passando da Abbottabad, scritta su un bigliettino di carta dal Premio Nobel per la pace: “Uccidetelo!” Uccidete il lupo, squartatelo, e liberate il mondo ingoiato intero, dal suo ventre. E uccidete chi gli sta intorno, donne o bambini, quelli che non devono morire mai, e nemmeno essere abortiti, in Italia come in America, come in tutto il mondo che vuole conservarsi civile e democratico. Ma non bastano le illustrazioni a pastello che accompagnano le storie che raccontiamo ai bimbi, di fate e cavalli bianchi, di principesse addormentate dai veleni delle streghe, vogliamo le foto, vogliamo vedere il sangue e la morte. Solo che pare esserci un problema: il gesto pacificatore, l'assassinio che ha riportato nel mondo la giustizia, che -come scrivono- ci ha reso il mondo un posto migliore, sono raccapriccianti e non possono essere mostrate, sebbene esistano e siano divise in almeno tre album. Nella favola di Perrault, alla fine il lupo sembrava dormire sul letto della nonna, con il suo orribile cappellino sulla testa, la nonna col viso candido abbracciava la bimba col suo cappuccetto rosso sulla testa. Nella storia che ha reso il mondo un posto migliore, le immagini sono di una macelleria, nonostante i nostri eroi buoni, abbiano ucciso il mostro con un solo colpo alla testa: uno solo e deciso. Meglio sarebbe tuttavia che si potesse andare a vedere il video del blitz su Youtube, così come fu per un altro capitolo di questa favola infinita che parla di pace e democrazia, quando l'impiccagione di un altro mostro venne ripresa con i telefonini, quando per cancellare dalle nostre coscienze le morte di centinaia di innocenti, di madri e di figli al mercato, di bambini nelle scuole, ci fu bisogno di mostrare un assassinio in diretta tv. Ecco perché alla fine, state sicuri, il lupo ammazzato ce lo faranno vedere. Perché loro hanno bisogno di mostrarcelo per raccontarci una fine che non arriverà mai, e per farci credere che in qualche modo, l'ecatombe prodotta in questo decennio di guerre sia stato un ragionevole prezzo da pagare, per vivere tutti in un mondo migliore, dove forse la guerra non è stata poi un veicolo così importante per l'economia che continua a franare. Ecco perché, invece, non hanno insistito troppo sulla pace apportata dalla morte del figlio di Gheddafi: non siamo ancora così avanti da accettare la morte dei cuccioli di lupo. Non siamo ancora così democratici; almeno spero. Rita Pani (APOLIDE)

Rita Pani

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