giovedì 6 ottobre 2011

Job il perfezionista



J Obsession


di Leander Kahney, per "l'Espresso"


Nel corso dei primi anni Ottanta, Steve Jobs viveva in una casa quasi del tutto sprovvista di mobilia, dato che non era in grado di tollerare mobili scadenti. Dormiva su un materasso, circondato da alcune enormi stampe fotografiche. A un certo punto si comprò un pianoforte a coda tedesco, nonostante non lo sapesse suonare, solo perché gli piaceva il suo design e il modo in cui era stato realizzato.


Quando John Sculley gli fece visita, rimase scioccato dall'aspetto trascurato dell'appartamento. Sembrava una casa abbandonata, soprattutto se confrontata con le curatissime abitazioni che la circondavano. "Mi dispiace, ma non ho molti mobili", si scusò Jobs, "non ci ho ancora pensato".


Per Jobs fare acquisti rappresenta un problema. "Finisco per non comprare un sacco di cose", ha detto una volta, "perché le trovo ridicole". Quando non può fare a meno di comprare qualcosa, l'operazione può risultare complessa. Nella necessità di dotarsi di una lavatrice nuova, ad esempio, Jobs coinvolse la propria famiglia in un dibattito di due settimane su quale modello scegliere. La decisione non fu presa dopo una rapida occhiata a prezzo e caratteristiche, come farebbe la maggior parte delle famiglie. Al contrario, la discussione affrontò temi come il confronto tra design americano ed europeo, la quantità di detersivo consumato, la velocità di lavaggio e l'usura dei capi di vestiario.


La grande questione della lavatrice può sembrare eccessiva, ma Jobs applica gli stessi valori - e lo stesso processo - allo sviluppo dei suoi prodotti.


Steve Jobs lancia il nuovo iPad Jobs è ossessionato dai dettagli, è un perfezionista maniaco e rompiscatole che manda fuori di testa i suoi collaboratori con le sue puntigliose richieste. Ma là dove alcuni vedono un perfezionismo impossibile, altri scorgono l'aspirazione all'eccellenza.

Questo tipo di cura per il dettaglio potrebbe sembrare maniacale, e a volte in effetti lo è. Poco prima del lancio dell'iPod sul mercato, Jobs era contrariato perché lo spinotto delle cuffie non produceva un 'clic' soddisfacente quando si collegavano o scollegavano gli auricolari. Ordinò perciò a un ingegnere di introdurre in tutti gli iPod che sarebbero stati distribuiti a giornalisti e vip in occasione della presentazione del prodotto, un nuovo spinotto capace di produrre un rumore accettabile.


Un altro esempio. A un certo punto Jobs pretese che la scheda madre del primo Mac fosse riprogettata per motivi estetici. Alcune parti della scheda, secondo lui, erano "brutte", per cui volle che fosse riconfigurata per offrire una disposizione di chip e circuiti più gradevole alla vista. I suoi ingegneri rimasero esterrefatti. Si tratta di parti dalla tecnologia estremamente complessa, i cui tracciati sono progettati con cura perché le connessioni tra i diversi componenti siano affidabili e solide, studiati nel dettaglio per impedire che i chip si stacchino e per prevenire la formazione di archi elettrici tra i circuiti.


Riprogettare una scheda madre perché fosse più 'bella' non sarebbe stata un'impresa facile. Naturalmente gli ingegneri protestarono, sostenendo che nessuno l'avrebbe mai vista e, cosa ancor più importante, pronosticarono che una nuova disposizione dei circuiti non avrebbe funzionato da un punto di vista elettronico. Ma Jobs insistette: "Un buon falegname non usa del legno di pessima qualità per il retro di un armadio, anche se nessuno lo potrà vedere", disse. Brontolando, i tecnici elaborarono allora un nuovo modello, investendo migliaia di dollari per ottenere una scheda più carina. Ma, come previsto, la nuova scheda madre non funzionava e Jobs dovette risolversi ad abbandonare l'idea.

A volte, la sua ricerca della perfezione ritarda lo sviluppo dei prodotti. Non solo, ma lui non si fa alcun problema neppure a sopprimere progetti sui quali il suo team sta lavorando da anni. Tuttavia, il suo rifiuto del compromesso garantisce che i prodotti Apple non vengano messi in distribuzione se non dopo essere stati perfezionati fino a incontrare la sua approvazione.


La filosofia senza compromessi di Steve Jobs ha saputo ispirare alla Apple un modello di approccio unico nello sviluppo dei prodotti. Sotto la sua guida, lo sviluppo di un prodotto passa attraverso una serie infinita di modelli e prototipi costantemente corretti e modificati, sia per l'hardware sia per il software. I prodotti fanno ripetutamente avanti e indietro tra le mani di sviluppatori, programmatori, ingegneri e manager.


Non si tratta di un lavoro in serie. Ci sono un bel numero di riunioni e di sessioni di brainstorming. Si apportano continue modifiche, prestando particolare attenzione alla semplificazione a mano a mano che il progetto evolve. Si tratta di un processo dinamico e circolare, che talvolta richiede di tornare al tavolo da disegno o addirittura di abbandonare del tutto il prodotto.



"Quando si prende in considerazione un problema e questo sembra estremamente facile da risolvere, vuol dire che non si è capita veramente la sua complessità", disse Jobs agli sviluppatori del Mac nel 1983: "Quando poi si riconsidera il problema, allora si capisce quanto sia complesso e si adottano delle soluzioni contorte. è qui che di solito la gente si ferma e la soluzione sembra funzionare, almeno per un po'. Ma le persone veramente in gamba vanno avanti fino a scoprire il principio sottostante al problema e a trovare una soluzione elegante capace di funzionare a ogni livello. Questo è quello che abbiamo voluto fare con il Mac". Jobs cita lo scultore rumeno Constantin Brancusi: "La semplicità è la complessità risolta".


In ogni occasione Jobs manifesta una straordinaria cura per i dettagli, che permette alla Apple di sfornare prodotti di raffinata fattura degni di un artigiano. I prodotti Apple hanno vinto numerosi premi per il design e suscitano nei clienti un attaccamento che rasenta la mania. Il primo Macintosh richiese tre anni di sviluppo. Tre anni di durissimo lavoro. Non fu prodotto seguendo la frenetica tabella di marcia tipica di molti prodotti tecnologici. Il progetto fu sottoposto a diverse modifiche. Ogni dettaglio del design, dal tono di beige del suo case ai simboli sulla tastiera, venne valutato nei minimi particolari e riconsiderato più e più volte finché non sembrò soddisfacente.


L'aspirazione di Jobs all'eccellenza è il segreto del grande design Apple. Per lui, 'design' non significa aspetto esteriore, non riguarda il colore o il dettaglio di stile. Per lui, 'design' significa come il prodotto funziona. Significa funzionalità, non aspetto. E per capire davvero come il prodotto funzioni, dev'essere studiato nel dettaglio durante la fase di sviluppo.


Spiega Jobs: "Alcuni pensano che il design si occupi soltanto dell'aspetto esteriore. Ma naturalmente, se si va a scavare più a fondo, si scopre che si occupa di come un prodotto funziona. Il design dell'iMac non era soltanto nel suo aspetto esteriore, anche se quello ne rappresentava una parte. Stava soprattutto nel modo in cui funzionava. Per progettare davvero bene una cosa bisogna capirla. Bisogna afferrare davvero di che cosa si tratta. Capire in profondità una cosa richiede un impegno costante e appassionato: bisogna assaporarla lentamente, non limitarsi a ingoiarla in un boccone. E molte persone non si prendono il tempo necessario per farlo".



L'interesse di Jobs per l'aspetto esteriore dei computer risale già al primo apparecchio prodotto, l'Apple I. Progettato da Steve Wozniak e assemblato a mano nel garage di casa Jobs, era poco più di un mucchietto di semplici schede coperte da pochi chip. All'epoca i personal computer erano rivolti a una nicchia di utenti, perlopiù barbuti ingegneri e amatori, abituati a comprare le singole parti per poi assemblarle sul loro tavolo da lavoro, aggiungendoci alimentatore, monitor e case. Molti di loro si fabbricavano dei case in legno, adoperando di solito delle cassette per la frutta.



Uno mise addirittura il proprio Apple I in una valigetta di pelle - con il cavo che usciva da sotto - creando così il primo portatile. A Jobs non piaceva questa estetica da hobbista. Voleva vendere dei computer completi di tutto a clienti disposti a pagare, e quanto più possibile. Per conquistare l'utente comune, i computer della Apple dovevano avere l'aspetto di prodotti veri, non di un kit di assemblaggio. Quello che ci voleva erano dei bei case in grado di illustrare le loro diverse funzioni, come accadeva per gli altri prodotti sul mercato.



L'idea era di costruire dei dispositivi pronti per essere utilizzati, che non richiedessero assemblaggio: bastava accenderli e si poteva cominciare a usarli.
La crociata di Jobs in favore del design ebbe inizio con l'Apple II, il cui progetto passò dal tavolo da disegno alla realtà poco dopo la costituzione della società, nel 1976. Mentre Wozniak lavorava al pionieristico hardware, Jobs si concentrò sul case: "Avevo ben presente che per ogni amatore disposto ad assemblarsi l'hardware del proprio computer da solo esistevano migliaia di persone che non erano in grado di farlo, ma che volevano comunque divertirsi con la programmazione, proprio come facevo io quando avevo dieci anni", ricorda.


Per riuscire a immaginarsi l'aspetto che avrebbe potuto avere, Jobs cominciò a perlustrare i negozi in cerca d'ispirazione. La trovò nel reparto cucine di Macy's, mentre guardava un robot da cucina Cuisinart. Ecco ciò di cui l'Apple II aveva bisogno: un involucro di plastica ben modellato e dagli angoli arrotondati, colori tenui e una superficie leggermente ruvida. Mettere l'Apple II in un accattivante case in plastica trasformò il personal computer da progetto fai-da-te per appassionati in un 'elettrodomestico' pronto all'uso per utenti comuni

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