lunedì 10 giugno 2013

Jacopo ed il vizio del comunismo.

Sono ancora comunista? Cosa vuol dire essere comunista? Sono ancora comunista nonostante tutto? Nonostante Lenin, nonostante Stalin? Si può dire ancora la parola COMUNISTA? Interrogativo storico. Mi consolo pensando che c’è tanta gente che continua a dirsi cristiana, nonostante tutti i crimini commessi nel nome di Gesù. Perché non potrei io continuare a essere comunista, allora? Comunista con qualche precisazione. Sono pacifista, è storicamente provato che Marx non ha mai posseduto una pistola. E sono della corrente comica: una risata vi seppellirà. Il nostro simbolo è quell’operaio degli inizi del ‘900, che mentre due carabinieri lo portano via, tenendolo per le braccia, sghignazza. Una risata vi seppellirà. I miei ne fecero un manifesto agli inizi degli anni settanta, con buona pace di chi ancora li calunnia sostenendo che il Soccorso Rosso Militante era un’organizzazione che fiancheggiava il terrorismo. Chiarito questo, vorrei spiegare perché sono, ancora, comunista. Una sera mia mamma mi spiegò il comunismo. Quando ero bambino avevo capito che in famiglia eravamo comunisti (come si può essere cattolici o protestanti). Poi quando avevo 9 anni mia madre ritenne opportuno informarmi sulla situazione del mondo. Quella sera, invece di raccontarmi le storie di Ulisse e dei due Spazzacamini, per farmi addormentare, iniziò a parlarmi di pensionati che non riuscivano a campare, operai licenziati, gente che muore di fame. Un terribile racconto dell’orrore che mi si impresse in testa. Da allora per me “essere comunista” volle dire lottare contro l’orrore del mondo. E con gli anni mia madre si impegnò a insegnarmi che “essere comunista” non vuol dire essere d’accordo con un’idea ma riuscire nei fatti ad alleviare le sofferenze degli altri. “I veri comunisti” erano persone che cercavano di migliorarsi nella vita sociale e nella vita privata, essere onesti, corretti, sinceri e capaci di lavorare sodo. Essere persone degne è uno strumento essenziale per migliorare il mondo. Che tu sei comunista non lo decidi tu ma quel che sei capace di fare e come vivi. Se uno va al corteo e poi torna a casa e picchia la moglie non è un vero comunista, è un vero stronzo. Questo pensava mia madre. Poi, quando avevo 16 anni, e avevo già letto parecchi libri comunisti, capii la differenza tra l’essere impegnato nel miglioramento del mondo e l’essere comunista. Gay, femministe e comunisti, una combinazione esplosiva. Ero entrato a far parte del Gruppo Gramsci fin dalla sua fondazione, era un gruppo microscopico nato dalla scissione del Movimento Studentesco di Maria Capanna. Un gruppo strano, pieno di operai, che nel 1973 già si dedicava alla difesa dei diritti delle donne, degli omosessuali e degli emarginati. Ma, soprattutto, ci facevano una scuola quadri straordinaria, animata da persone come Nanni Arrighi, economista di fama internazionale e Romano Madera, oggi insigne psicoterapeuta. Grazie a quelle lezioni appassionate scoprii che il comunismo non è solo un ideale di umanità e giustizia, ma è anche un modello dell’evoluzione umana che permette di comprendere e prevedere il percorso della storia. E finalmente riuscii anche a capire come mai la rivoluzione russa era finita in un bagno di sangue con milioni di morti, in gran parte comunisti, uccisi da altri comunisti. L’idea comunista non riguarda solo la politica, è una visione del mondo che parte dall’osservazione della natura, per questo si parla di comunismo scientifico. Marx ed Engels han detto (grossomodo) che esiste una forza nell’Universo che naturalmente tende a far crescere la varietà delle forme e degli eventi. Una forza che rifugge dalla ripetizione, perché essa porta con sé la morte causata dalla noia, altrimenti nota come entropia. Marx, che ben conosceva la cultura cinese e sulla Cina scrisse molto, concepì un modo di interpretare la storia basato sull’idea taoista. Una concezione delle leggi di natura come discendenti meccanicamente da una qualità intima presente in tutte le cose, uno stampino contenuto in ogni atomo. Il Tao dei cinesi non è un Dio, non è una sostanza fisica o un’entità spirituale; è la legge fisica che governa l’Universo, la sua qualità pregnante. E in questa qualità è essenziale l’impulso allo sviluppo, all’evoluzione. Esiste nel mondo una forza evolutiva che determina pure i destini umani, generando novità e invenzioni incredibili che modificano il modo di vivere. Questi cambiamenti si assommano via via producendo periodicamente salti di qualità nel modo di organizzare la vita umana e il potere sociale. È il modo stesso del vivere delle genti, il sistema di produzione, che crea il modo di pensare e dà il potere alle classi sociali. Ed è questo meccanismo materiale che determina che una nuova classe sociale si sviluppi e ad un certo punto arrivi al potere sostituendo la precedente. Così si passa dalla società paritaria matriarcale a quella patriarcale schiavista, grazie all’invenzione dell’arco, della doma del cavallo e della guerra. E grazie ai successivi sviluppi diventano dominanti le nobiltà feudali e le caste burocratiche e religiose. Lo sviluppo dei commerci e delle manifatture fa nascere la borghesia e la rivoluzione industriale le dà il potere. E le grandi fabbriche creano la classe degli operai e trasformano la maggioranza dei cittadini in proletari urbani, dando loro coesione. Essi un giorno saranno talmente socialmente organizzati e sapienti che il potere dei borghesi non avrà più senso, né forza. Il cosiddetto comunismo russo era una cattiveria. La storia avanza sospinta dalle invenzioni, dalle conoscenze e dalle tecnologie che trasformano le persone e le relazioni. E non a caso la rivoluzione socialista in Russia generò una feroce dittatura criminale. La struttura produttiva russa era agricola, non certo industriale, non esisteva né sufficiente classe operaia né sufficiente sapienza e urbanizzazione, perché il popolo potesse amministrarsi da solo. In breve tempo la forma della vita della gente prese il sopravvento sugli ideali e il modo di vivere e pensare che aveva reso possibile il potere assoluto degli zar aveva prodotto lo zar Lenin e lo zar Stalin. Le idee se non sono sostenute dall’economia e dagli stili di vita non possono cambiare la struttura del potere. L’idea di un Partito Comunista che cambia per decreto la vita e la testa di milioni di contadini russi, con una decisione dall’alto, non ha nulla a che vedere con la teoria comunista, anzi è una bestemmia. Costringere con il terrore milioni di persone a chiamarsi “compagni” è una cosa che avrebbe fatto inorridire Marx e Engels. Un’idea dittatoriale dipinta di rosso. E i comunisti russi che ben sapevano questo e cercarono di opporsi furono quasi tutti ammazzati o rinchiusi nei campi di concentramento. Se Stalin avesse avuto modo di incontrare Marx lo avrebbe fatto fucilare immediatamente. Non c’è modo di cambiare la società se prima non cambiano le teste e non c’è modo di cambiare le teste se prima non cambi il modo in cui le persone lavorano e collaborano. Questa è la legge naturale, materiale, della storia. Per questo i comunisti si dicono anche materialisti. Che poi questo materialismo non è stato capito. S’è pensato che si fosse interessati solo alla materialità della vita. Ma non è così: Marx ed Engels dicevano che la società nuova andava costruita per il pane e per le rose. Sei un progressista ottimista? Stai attento che si diventa comunisti senza neanche accorgersene. A questo punto il discorso si sposta: ti sembra che negli ultimi millenni la condizione umana sia migliorata? Credi nel fatto che l’umanità sia destinata a continuare a migliorare? Discutendo questo argomento Marx scrisse che i comunisti seguono una fede spirituale molto più dei cristiani che agiscono bene solo per ottenere in premio il Paradiso (che è una vantaggio concreto, materiale). I comunisti hanno fede nella natura dell’essere umano e nell’esistenza di leggi naturali che determinano il progresso. Una fede che si basa sull’osservazione dell’evoluzione che ci ha portati dallo stato iniziale di cellule asessuate, che si riproducevano scindendosi, alla civiltà delle tecnologie. È c’è chi dirà che non c’è mai stato vero progresso e che l’umanità è destinata a guerre globali ed epidemie per i prossimi mille secoli. A me sembra invece che poter far l’amore ascoltando il rock & roll sia infinitamente meglio che scindersi in due. Che non dev’essere neanche piacevole… Per questo sono comunista… L’ho già detto. Il comunismo è una manipolazione della realtà? Ma sono comunista anche per un altro motivo. Per quella frase che Marx e Engels hanno scritto sulla prima pagina del Manifesto del Partito Comunista: “Uno spettro s’aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo”. Era un secolo buio. I due vecchiacci vedevano limpidamente che era ancora molto lontano il giorno in cui le leggi dell’economia e le tecniche della produzione avrebbero prodotto una società socialista (il primo passo verso una società comunista). E allora inventarono il grande spettro, lo spauracchio: il comunismo. E quell’idea, da sé sola terrorizzò a morte i potenti. Fu un gran colpo di teatro. Un imbroglio sublime. Marx ed Engels con una sola mossa ottennero due vittorie. Innanzi tutto rovinarono il sonno ai capitalisti. Da quando la parola comunismo fu pronunciata essa balenò nella mente dei grandi industriali e banchieri insieme a echi di dannazione, punizione ed esproprio. Lo champagne, le cosce delle ragazze, i castelli, non furono più capaci di dare a quella gente che succhiava il sangue del mondo la stessa soddisfazione che provavano prima. Inoltre la paura del comunismo mise un freno all’arroganza della borghesia. Quanto di più avrebbero vessato il popolo e malpagato i lavoratori se non avessero temuto che esagerando avrebbero causato la RIVOLUZIONE COMUNISTA? Grande idea, mitigare la prepotenza dei potenti creando una superstizione terroristica. Dissero IL COMUNISMO STA ARRIVANDO e bastava guardarli negli occhi per capire che ne erano assolutamente convinti. I due imbroglioni si limitarono a tacere, sarebbero passate parecchie generazioni prima dell’inevitabile avvento comunista. I comunisti non finiscono mai I potenti erano incazzati con i comunisti che avevano rovinato loro il sonno e il caviale e iniziarono a imprigionarli e ad ammazzarli. E a quel punto successe qualche cosa di grande: si scoprì che coi comunisti non c’era niente da fare. Potevi bastonarli, richiuderli, ammazzarli, ma continuavano a essere comunisti. E più ne ammazzavi più te ne trovavi davanti. E allora i capitalisti iniziarono a credere veramente anche loro all’imminenza del comunismo. E molti si fecero scannare pur di tenere bordone ai due vecchiacci, senza mai rivelare il fatto che il comunismo non fosse da temere perché ne sarebbe passato di tempo prima che arrivasse. Che gente, che tempra… Che disperazione bisogna avere per sostenere questo teatro per un secolo e poi un altro… E mi torna alla memoria di Marx, senza un soldo, che seppellisce la sua creatura piccolissima, morta di miseria e disperazione. Marx con quella piccola bara in mano e neanche i soldi per un funerale e una lapide. Marx che ha cambiato la mente degli umani e non ne ha ricavato nulla. Ma quante volte la paura del comunismo ha mitigato l’ingiustizia? Quante vite ha salvato? Quanti hanno potuto vivere meglio grazie a ogni compagno caduto? Se ci sono le otto ore lavorative, le pensioni, l’assistenza sanitaria e le scuole gratuite, un minimo di legalità, il diritto di voto per tutti e le ferie pagate, dovete ringraziare anche quelli che hanno gridato: capitalisti siete finiti, il comunismo sta arrivando! E più modestamente, mi ricordo alle elementari una maestra autoritaria, scortese e militarista, e ricordo la sua faccia scioccata quando io, che allora avevo 10 anni, le dissi educatamente: “Io sono comunista, signora. Io non ubbidisco.” Vidi nei suoi occhi la paura benpensante e mi convinsi che comunista doveva essere una grande parola se generava tanto stupore e terrore, in bocca a un ragazzino. Quindi, se permettete, e anche se non lo permettete, io sono comunista, pacifista, comico e matriarcale. Abbiamo iniziato a rompere i coglioni appena usciti dalle caverne e non smetteremo certo fino a quando questo mondo non sarà un posto meraviglioso dove far crescere i figli in pace, amarsi, collaborare, giocare e fare arte. Su questo puoi scommetterci. Siamo comunisti, siamo milioni. Siamo qui per migliorare il mondo e non ce ne andiamo se non abbiamo finito. E se non ci riuscirò io verranno i miei figli e i figli dei miei figli. E qualunque cosa succederà non smetteremo mai di avere fede nell’intelligenza umana e nel buon senso dell’Universo. Non ne siamo capaci. Più che una fede è un vizio. Non si parla quasi mai di funerali di Jacopo Fo | 9 giugno 2013. E nessun partito ha la morte nel suo programma di governo. La morte inonda telegiornali e telefilm ma contemporaneamente è un tabù. Eppure la morte di una persona cara è un momento importante della vita. Io devo ringraziare tutte le persone che ci sono state vicine in questi giorni. Questa condivisione ha alleggerito enormemente lo shock della dipartita di mia madre. E mi sono chiesto quanto dev’essere terribile un lutto vissuto da soli. Nella società contadina è ancora viva la tradizione di recarsi tutti presso la casa del morto. La famiglia è impegnata così a ricevere, a offrire da bere e da mangiare. Nei giorni successivi parecchie ore sono dedicate alla recitazione collettiva del rosario, con decine di persone stipate in una stanza a ripetere quella cantilena ipnotica. Si tratta di riti molto efficaci per aiutare le persone ad alleggerire il dolore. Ma nelle città queste ritualità sono in gran parte andate perdute, senza che altri riti le abbiano sostituite. Quando parliamo di nuovi stili di vita, di valore delle relazioni sociali basate sulla condivisione ci riferiamo proprio a questo tipo di problema. Affrontare la vita senza avere intorno a sé una comunità di amici è un’eventualità che riduce pesantemente la qualità della nostra esistenza, lasciandoci esposti al dolore e alla depressione più di quanto sia inevitabile. I gruppi d’acquisto, le banche del tempo, le attività solidali, le associazioni culturali, la condivisione di spazi abitativi e lavorativi, non sono importanti solo perché ci permettono di avere prodotti, servizi ed esperienze migliori a un prezzo inferiore, ma sopratutto perché danno vita a reti di amicizie e ci permettono di aumentare la profondità dei nostri legami con gli altri. Collaborare è un grande modo per conoscersi. La partecipazione a una collettività di amiche e amici è qualche cosa che ha un valore enorme, un lusso che letteralmente non ha prezzo, perché l’affetto non si compra. Se la nostra critica a questa società si ferma a denunciare le malefatte della casta e a proporre qualche soluzione più ecologica, non andiamo molto lontano. Ben più forte è la nostra capacità di migliorare il mondo se iniziamo a vivere secondo altre modalità e un’altra filosofia, che metta al centro le vere fondamentali necessità degli esseri umani. La costruzione dell’economia alternativa, delle cooperative, degli ecovillaggi, di un’educazione alla libertà, alla creatività e all’onestà, sono essenziali perché portano progresso sociale ma soprattutto perché ci offrono la possibilità di vivere in modo diverso, invecchiare in modo diverso e morire in modo diverso. I numerosi anni di esperienza di gruppi come i Bilanci di Giustizia ci insegnano proprio questo. Quando Bilanci di Giustizia hanno voluto realizzare una valutazione dei benefici ottenuti si sono resi conto che i soldi risparmiati (uno stipendio all’anno) e la migliore qualità dei prodotti ottenuti, non erano in cima alla loro graduatoria dei vantaggi ottenuti attraverso il gruppo d’acquisto. Al primo posto mettono la qualità della vita che la partecipazione al gruppo ha generato. Le feste in occasione delle visite alle aziende agricole che forniscono le verdure e le uova, lo scambio di lavori, la valorizzazione attraverso lo scambio di servizi delle diverse abilità di ognuno, le nuove conoscenze, le collaborazioni che si sono sviluppate intorno al gruppo d’acquisto. Amicizie, amori, imprese… Noi siamo geneticamente esseri sociali, animali di branco. Numerose ricerche sulle scimmie hanno dimostrato che esiste un forte istinto naturale verso la generosità, la condivisione, il mutuo aiuto. E si è dimostrato che un gruppo di esseri umani che si dedica alla stessa attività nello stesso luogo, sintonizza le onde cerebrali (vedi le ricerche di Nittamo Montecucco). Questa sintonizzazione ha effetti benefici anche sull’organismo e induce inoltre la produzione di endorfine, sostanze che ci danno sensazioni di benessere e contemporaneamente galvanizzano le funzioni fisiologiche e il sistema immunitario. La socialità è un’esperienza che dà benessere e fa bene alla salute. E non costa nulla, ma contemporaneamente è un lusso senza prezzo. I leader progressisti alla fine grippano sempre e non riescono ad acchiappare questo benedetto progresso perché sono ancora convinti che il cuore della battaglia avvenga in piazza, in parlamento e alle elezioni. Invece il cuore dello scontro sociale sta nei matrimoni, nelle nascite, nelle feste, nei funerali e nelle emozioni. Se vogliamo far capire cosa stiamo facendo, perché ci affatichiamo a costruire un mondo migliore, dobbiamo dirlo che nella vita abbiamo messo al primo posto il lusso sibaritico di far parte di una collettività amorevole. E questo è stellarmente meglio che stare chiusi in casa a guardare la pubblicità dell’auto che c’ha 400 cavalli nel motore. Che te ne fai dell’auto di lusso se non c’è nessuno che ti aspetta da nessuna parte? Coglione!

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