lunedì 15 novembre 2010

La sferzata critica di Giulietto Chiesa


Visioni europee per l'alternativa



Lunedì 15 Novembre 2010 23:24


Intervista di Ivan Basile a Giulietto Chiesa - progressonline.it.

Osteggiato a destra come a sinistra, Giulietto Chiesa con il movimento politico-culturale “Alternativa” si fa portavoce di una prospettiva autonoma, con una presa di posizione equidistante dai vari partiti presenti nel panorama politico italiano.

Giulietto Chiesa si è candidato in Lettonia per difendere i diritti umani delle minoranze russe. Nel libro “Il candidato lettone” ripercorre, tramite racconti e aneddoti, l'esperienza inedita di un alieno in Europa. Il suo libro-reportage è uno spunto per una riflessione generale sull'Unione Europea, sui suoi difetti congeniti, sul suo futuro.

C'è qualcosa che potremmo importare dal sistema politico lettone nel nostro Paese?
“L'unica cosa che mi pare interessante è il modo in cui i lettoni votano: con un proporzionale puro, a cui sono favorevole, con la possibilità non solo di esprimere preferenze ma anche di cancellare, nelle schede di voto, i candidati presenti nella lista ed esercitare, così, quel diritto di critica sacrosanto nei confronti del partito per cui si vota.
Un'altra cosa positiva – in comune con l'est europeo e con la cultura slava e russa – è il fatto di aver mantenuto un forte radicamento con la cultura del proprio passato. Ad esempio in occasione dell'anniversario per la vittoria sul nazismo - cui ho preso parte, come racconto nel libro - a Daugavpils, la seconda città lettone, ho assistito ad un concerto in piazza di cori patriottici. Vecchi e giovani cantano insieme agli artisti sul palco e conoscono a memoria tutte le parole delle canzoni e la cosa mia ha colpito molto. A differenza dell'Italia e dell'Europa occidentale, in cui spesso i giovani sanno poco di quel passato, ci tengono a conservare la memoria storica del proprio paese, intesa come patrimonio del loro popolo”.

La questione degli apolidi è legata ad un uso poco intelligente della memoria collettiva di una nazione, in questo caso della Lettonia nei confronti dell'ex Unione Sovietica. Una situazione anomala che in Lettonia coinvolge ben 400mila persone, il 17% della popolazione, rinchiusi nella condizione che lei nel libro definisce “Alien”, persone senza Stato.
“Perché un ragazzo nato dopo il 1991 non può essere cittadino del proprio paese in quanto figlio di russi? Come si fa a scaricare su di lui le colpe dei suoi genitori? E' una situazione scandalosa che bisognerebbe gridare nelle piazze d'Europa e nel Parlamento europeo. Quest'ultimo invece, si riempie la bocca con i diritti umani ma poi permette nel proprio territorio situazioni del genere. Sono soltanto chiacchiere: ci vorrà un'intera generazione per sanare un problema messo in atto per mantenere vive e fomentare le tensioni sociali contro la Russia”.

Ma perché il Parlamento europeo ha un atteggiamento così pilatesco, come da lei definito, cioè vede-non vede e si volta dall'altra parte. Perché non fa nulla per sancire il diritto di queste minoranze?
Perché il Parlamento Europeo è dominato da una maggioranza filo-americana. Alcuni paesi europei sono stati messi in piedi dagli Usa e quindi siccome devono essere riconoscenti ad essi, preferiscono voltarsi dall'altra parte piuttosto che aprirsi ad un atteggiamento positivo nei confronti della Russia. Sia in Europa che a Washington ci sono molte forze interessate a mantenere alta la tensione con la Russia, così si propagano le schegge della guerra fredda, con l'obiettivo imperiale degli Usa di mantenere una posizione di predominio nel mondo e che considera la Russia ancora come un nemico.

Il suo libro invita anche ad una riflessione più generale sull'Europa: il processo di formazione della cittadinanza europea sembra lungi dall'essersi compiuto. Come si spiegano tutte queste difficoltà, riusciremo mai a diventare gli Stati Uniti d'Europa?
L'ipotesi di Stati uniti d'Europa – in cui credo - richiede un grande balzo culturale e diventerà realtà soltanto quando l'Europa comincerà a ragionare autonomamente, con una visione dell'economia differente dal modello americano, che ha creato problemi ovunque abbia attecchito, in Russia, Cina, Europa e nella stessa America. Finché gli interessi europei coincideranno con quelli americani, e non con quelli delle popolazioni, nulla di tutto ciò sarà possibile.

Secondo lei le minoranze etniche che vivono nel nostro paese sono discriminate?
Certo. Siamo invasi da un'immigrazione da cui dipendiamo dal punto di vista economico, eppure siamo impreparati ad accoglierla. Invece di alzare la guardia dovremmo organizzarci al meglio per accogliere queste persone, ma non facciamo nulla in questo senso. A destra come a sinistra, nessuno è stato in grado di pensare ad un programma di integrazione culturale, ad un vero piano strategico con investimenti e dirottamenti di risorse: invece di costruire l'alta velocità, i 20 miliardi potrebbero essere utilizzati per progettare l'accoglienza degli immigrati.
Ma la politica italiana non ci arriva perché è costituita da persone incolte, mal selezionate, incapaci di gestire questi problemi e di fronteggiare un fenomeno che dovrebbe essere previsto, dimostrando di avere una veduta corta, per nulla lungimirante.

Arriviamo alle recenti vicende politiche. Improvvisamente Fini e i suoi hanno scoperto la natura di imbonitore e di piazzista di Berlusconi. Lei ci crede? Ed ha senso oggi, e mi riferisco alla sinistra, rivendicare il fatto di esserci arrivata prima?
“Ma perché la sinistra ci è veramente arrivata prima? Se così fosse non avrebbe consegnato nelle mani di Berlusconi il controllo della mente di 60 milioni di italiani, come invece è accaduto.
Adesso Fini si trova nella situazione sgradevole di spiegare come mai ha portato Berlusconi al potere: la situazione attuale è anche il frutto delle sue decisioni.
Credo che si andrà alle elezioni perché Berlusconi non se ne andrà facilmente. Il risultato finale sarà un governo centrista appoggiato dal Pd che attuerà la macelleria sociale che il governo precedente non è stato capace di fare”.

Nichi Vendola può essere l'uomo nuovo alla guida della sinistra italiana?

“Ma quale sinistra italiana che non esiste più? Il Pd non è sinistra, 'Sinistra, ecologia e libertà' di Vendola va verso il Pd e non la considero sinistra perché non ha una proposta per l'Italia.
Avere una proposta significa cominciare col dire chiaramente chi gestisce il denaro in Europa, come funziona il sistema della finanza internazionale contro cui ci battiamo, che bisogna uscire dalla Nato, cose che non sento da nessuna parte. Una posizione critica che metta in discussione i capisaldi del potere, lo sviluppo continuo e la competitività è impossibile mantenere senza distruggere i diritti umani e sociali dei lavoratori. La sinistra italiana, invece, è 'sviluppista' e non mette minimamente in dubbio l'idea che sia possibile una crescita infinita di una qualsivoglia grandezza all'interno di un sistema finito di risorse. Bisogna andare verso un'altra concezione della società, verso un nuovo partito che rappresenti gli interessi dei lavoratori e che spieghi come prepararsi alla decrescita.
Avevo lanciato Megachip per contrastare l'informazione appannaggio del mainstream, ma sono stato isolato proprio dalla sinistra: Rifondazione Comunista e i Comunisti italiani sono stati i primi a mettermi il bastone tra le ruote. Troppo impegnati a frequentare i salotti di Bruno Vespa hanno permesso la catastrofe. Invece di capire che bisognava mettere a soqquadro quei salotti, prendevano parte allo show ringraziando di essere stati invitati, cosa che continuano a fare anche oggi. Il movimento che abbiamo costituito, 'Alternativa', è l'inizio di un laboratorio politico che pone il ruolo dell'informazione e dei media al centro di tutto. Abbiamo bisogno con urgenza di un'altra comunicazione e un'altra educazione collettiva per rieducare alla democrazia milioni di persone attraverso un sistema mediatico democratico e realmente critico”.

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