domenica 27 maggio 2012

LA POLITICA UNFIT

Poco, tardi e male. di MARIO PIANTA, da il manifesto
25.05.2012 Troppo poco e troppo tardi. Di fronte alla crisi è così che agisce la politica, europea e italiana. Prima questione, la finanza. Per decenni si è lasciata mano libera alla speculazione, la Commissione europea ha presentato una proposta di tassa sulle transazioni finanziarie, due giorni fa il Parlamento europeo ha votato una mozione. L'accordo politico è generale - con l'eccezione del premier inglese David Cameron - e secondo Eurobarometro il 66% degli europei vogliono questa misura. Ma non sappiamo ancora se e quando entrerà in vigore. Seconda questione, la Grecia. Il (piccolo) debito pubblico della Grecia avrebbe potuto essere garantito senza problemi dall'insieme dell'Eurozona. È diventato la miccia che ha fatto scoppiare la speculazione contro tutti i paesi della periferia europea. Ora rifinanziare il debito costa il doppio di prima (quasi il 15% della spesa pubblica andrà a pagare gli interessi) e l'Unione - costretta da Berlino - si è infilata in un fiscal compact che costringe tutti a rimborsare il debito: una politica irrealizzabile, ma solo il nuovo presidente francese Hollande osa dire che «il re è nudo»; l'Italia si allinea e la cancelliera tedesca Merkel resta irremovibile - dopo quattro sconfitte elettorali - sulla proposta di eurobond . Dopo questi disastri sul lato della finanza pubblica, l'asse Berlino-Bruxelles-Francoforte ha deciso a fine 2011 di salvare le banche private; il conto sono gli oltre mille miliardi di euro di liquidità "regalati" per tre anni dalla Bce alle banche al tasso dell'1%, per rimettere in sesto conti che continuano a fare acqua da tutte le parti (si vedano i casi di JP Morgan, banche spagnole, Monte Paschi). In più, il Meccanismo europeo di stabilità si profila come lo strumento per permettere alle banche private di liberarsi dai titoli pubblici a rischio. Le quote del debito di Grecia, Spagna e Italia detenute da investitori stranieri stanno scendendo rapidamente; in Italia tra giugno e dicembre scorso gli stranieri si sono liberati di Bot per 150 miliardi, in questi mesi la corsa è accelerata. Messa in salvo la finanza, si può a questo punto scaricare la Grecia dall'Eurozona. Le voci si moltiplicano, i costi non saranno più pagati dalle banche tedesche, ma - attraverso svalutazione e prezzi delle importazioni alle stelle dal 90% dei greci più poveri; i ricchi hanno già portato via i soldi dal paese. È questa la terza questione, la fuga di capitali. Scappano da Grecia, Spagna e Italia, vanno in Germania (si comprano titoli tedeschi con rendimenti dello 0,07%), vanno in Svizzera, dove a fine 2011 si valutavano in 80 miliardi i patrimoni finanziari dei greci in fuga (ora moltiplicati), vanno nei paradisi fiscali. Per l'Italia Citigroup valuta le fughe di capitali nel 2011 in 160 miliardi di euro (il 10% del Pil), per la Spagna si calcolano 100 miliardi; quest'anno la tendenza è accelerata bruscamente. I depositi in Italia delle banche straniere sono caduti di un terzo, ancora peggio negli altri paesi del sud Europa. Siamo arrivati ora al ritiro dei depositi dalle banche: è l'intero sistema finanziario che vacilla, e la politica, ancora una volta, non vede, tace, non agisce. La corsa verso il collasso non si ferma, a meno che le elezioni dei prossimi mesi - nell'ordine, in Grecia, Olanda, Italia e Germania impongano un radicale cambio di rotta.

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