lunedì 14 febbraio 2011

INDIGNIAMOCI! L'egiziano che è in noi



"Come in Egitto", a sinistra cresce la voglia di piazza

Nell'opposizione il 25% per una mobilitazione continua. In campo un movimento più vasto di quanto furono i girotondi. Quasi quattro italiani su dieci sostengono le ragioni della protesta

di ROBERTO BIORCIO e FABIO BORDIGNON da Repubblica 14/02

Anche in Italia come in Egitto? Berlusconi come Mubarak? Il solo accostamento appare ardito, quantomeno improprio. Ma una componente non trascurabile del fronte anti-berlusconiano non esclude, esplicitamente, una soluzione "all'egiziana". La nuova ondata di protesta contro il Governo e contro il premier sta assumendo proporzioni ogni giorno più rilevanti: coinvolge una costellazione di soggetti diversi, sul piano sociale; attraversa le forze di opposizione e in particolare il centro-sinistra. Soprattutto, taglia a metà il Pd, il cui elettorato si presenta diviso sulla strategia per "battere" Berlusconi.

Quasi quattro italiani su dieci ne sostengono le ragioni (38%), uno su quattro si dice pronto a manifestare (e circa il 4% dice di averlo già fatto). Sono queste le misure dell'Onda 2011, raccolte dall'Atlante Politico di Demos. Il profilo sociale e culturale della protesta ricorda quello di altre mobilitazioni, in particolare i girotondi del 2002. Con due importanti novità: le dimensioni del fenomeno, testimoniate dalla vasta partecipazione alle iniziative e dal consenso raccolto presso l'opinione pubblica; il ruolo assunto dai giovani e dalle donne. In particolare, la partecipazione femminile, nelle generazioni sotto i 45 anni, ha superato nettamente quella maschile, rovesciando luoghi comuni e tendenze tradizionali. E l'ampia manifestazione di ieri ha sicuramente accentuato questo carattere.

Come già avvenuto in passato, l'onda di protesta nasce da un deficit di rappresentanza dei partiti di opposizione, ma il suo perimetro appare oggi meno sovrapponibile a quello del centro-sinistra. L'accordo con i manifestanti è massimo tra gli elettori di Sel (84%) e dell'IdV (77%), ma rimane maggioritario anche tra quelli del Pd (71%) e del movimento 5 Stelle (53%). Anche nell'area delle formazioni centriste, come Fli e Udc, tradizionalmente critiche verso il protagonismo della "piazza", più di un terzo degli intervistati simpatizza con la protesta. Se consideriamo, poi, la disponibilità ad attivarsi, essa coinvolge circa i due terzi di chi sceglie i partiti di Vendola e Di Pietro, mentre democratici e grillini si fermano poco sotto la soglia del 50%.

Questa articolazione interna alle diverse anime dell'opposizione richiama, in ampia misura, le divisioni su come contrastare il governo e togliere il potere a Berlusconi. In questa porzione di elettorato prevale l'idea di ricorrere al voto (47%), ma in molti ritengono più efficace il sostegno alla magistratura (30%) o il ricorso alla piazza (19%). Quasi una persona su quattro, inoltre, si dice favorevole a una mobilitazione ampia e continuativa, che costringa il premier alle dimissioni, così come è avvenuto in Egitto per Mubarak. Un dato interessante, e in parte sorprendente, che emerge dalla componente più radicale del fronte anti-berlusconiano, attenta (anche in prospettiva interna) al fermento politico che investe il Mediterraneo. L'elettorato del Pd appare in bilico tra queste diverse prospettive. Una divaricazione che aiuta a spiegare le esitazioni del partito di Bersani nella costruzione delle alleanze (ma anche, probabilmente, le difficoltà nell'intercettare il malcontento verso il governo).

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