lunedì 30 agosto 2010

No alle liaison dangerouse

Claudio Fava: «No con l’Udc, primarie a ottobre»


Nuovo Ulivo? Beh, “nuovo” è un aggettivo impegnativo…», sorride Claudio Fava coordinatore di Sinistra e libertà. «Certo, Ulivo è un’immagine che ha forza evocativa e racconta una stagione di vittoria, ma è nuovo solo se non si limita a indicare chi sta dentro e chi sta fuori dal progetto, e costruisce un’alternativa, una sfida all’Italia». Non le sembra che ci sia questo aspetto nella proposta di Bersani?
«Alternativa per noi non vuol dire solo liberarsi di Berlusconi, ma incidere in profondità nel tessuto sociale e civile del Paese, che rischia di smarrire se stesso anche se Berlusconi va all’opposizione».

Cosa dovrebbe avere questo Ulivo per essere nuovo?
«Porsi alcuni temi e darsi delle risposte, sul piano sociale, istituzionale, dei valori repubblicani. Penso al caso Fiat: la neutralità non è “novità” è un elemento di tatticismo, di pigrizia politica. Nuovo vuol dire cambiare lo sguardo nel merito, non immaginare solo alleanze tra partiti».

Bersani disegna due cerchi: un Ulivo e un’Alleanza per la democrazia, allargata ad altre forze più lontane dal centrosinistra tradizionale, come l’Udc, forse Montezemolo e i finiani…
«Se l’”alleanza per la democrazia” significa un governo istituzionale mettendo insieme pezzi di destra e di sinistra, mi sembra una proposta impraticabile. Io credo che, davanti a una maggioranza che non c’è più, non ci siano alternative alle elezioni. A destra stanno facendo solo dei giri di walzer per decidere chi resta col cerino in mano. Non credo che i finiani torneranno all’ovile, a votare le impunità del premier».

Bersani però va oltre il governo istituzionale. Propone un’alleanza per la democrazia per andare alle urne, una legislatura costituente per sgombrare il campo dalle macerie del berlusconismo. Voi siete disponibili?
«Una legislatura non può avere come ordine del giorno solo il ripristino della democrazia, bisogna affrontare i nodi economici e sociali del Paese. Non si possono accantonare per 5 anni queste emergenze, la definizione delle priorità sociali. Non si governa evocando la democrazia, bisogna fare delle scelte, quelle che non fece il governo Prodi e che per questo ha pagato. Tutto ciò non si può fare con un’alleanza priva di un grado decente di coerenza politica».

Niente alleanza con Casini, dunque?
«Certo, a lui e a Fini ci unisce un senso rigoroso delle istituzioni, una cultura democratica, ma ci dividono molte cose, a partire da una lettura dei problemi sociali. Un’alleanza con l’Udc può anche essere vittoriosa, ma non può produrre un governo utile e coerente».

Dunque è d’accordo con Veltroni che dice no a Sante Alleanze contro il Cavaliere?
«Una Santa Alleanza avrebbe senso per 3 mesi per fare una nuova legge elettorale. Ma come ho detto non ci sono le condizioni, non credo che Berlusconi starebbe tranquillo all’opposizione. Un’alleanza di quel tipo ha il sapore della difesa di un fortino assediato, ma qui bisogna andare all’assalto dell’accampamento avversario per ricostruire le fondamenta di una nazione. Per farlo non basta un’alleanza, neppure in odore di santità. Serve un progetto in odore di verità».

Non teme che un centrosinistra tradizionale sarebbe troppo debole contro Berlusconi e la Lega?
«La vittoria non si ottiene sommando partiti, ma solidificando un’idea capace di parlare al futuro e alla maggior parte del Paese. In Italia ci sono stati momenti di grandi slanci vitali, anche contro la logica dei numeri. In Sicilia, in alcuni momenti, una ribellione civile ha ribaltato consuetudini decennali. Ma per costruire una rivolta culturale contro il berlusconismo ci vuole coraggio…».

Veniamo alle primarie. Per voi restano imprescindibili?
«Per noi un nuovo Ulivo esiste solo con le primarie, che non servono solo se si vota il giorno dopo. Servono innanzitutto a recuperare un rapporto vitale col Paese. La nostra proposta è chiara, ma continuiamo a ricevere attendismi, veti, tatticismi. L’unico che ha dato un via libera chiaro è stato Bersani, e di questo gli va dato atto».

Quando si dovrebbero fare?
«Al massimo entro ottobre, basta incontrarsi per stabilire data e modalità. Servirebbe poco, solo la volontà di farle e accettare il risultato».

Come giudica un ticket Chiamparino-Vendola?
«Un chiacchiericcio, le primarie sono tali se ci sono diversi progetti in corsa che si misurano col consenso. Stavolta non ci saranno finzioni o incoronazioni designate a tavolino».

Andrea Carugati

Fonte: l’unita

L'ultima Travagliata





"La Costituzione è molto più avanzata dell'Italia e di noi italiani: è

uno smoking indossato da un maiale."


Marco Travaglio

domenica 29 agosto 2010

Capitalismo criminale


LE PROVOCAZIONI ANTIOPERAIE DI UN CONTRABBANDIERE DI SIGARETTE


Mentre continuano le aggressioni ed i comportamenti teppistici di Marchionne nei confronti della FIOM, colpevole a questo punto di non si sa più bene cosa (forse di esistere), continua anche la discussione sulla delocalizzazione in Serbia di altre produzioni FIAT. Qualche riferimento in più potrebbe risultare utile alla comprensione del problema.

Secondo i dati ufficiali, da dieci anni i maggiori beneficiari delle privatizzazioni in Serbia risultano essere le multinazionali statunitensi, quindi i milioni di tonnellate di bombe seminati nel 1999 sulla Serbia dalla U.S. Air Force, hanno dato i loro frutti. Prima tra tutte queste multinazionali statunitensi è la Philip Morris, presente per oltre il 50% degli "investimenti" americani sia nella stessa Serbia che nell'attiguo Montenegro, il quale è uno Stato indipendente dal 2006.

"Investimenti" ovviamente è un eufemismo, dato che le multinazionali entrano in possesso dei beni locali grazie ai sussidi del Fondo Monetario Internazionale (super-banca privata che utilizza i fondi pubblici dei Paesi membri)ed al regime di sgravi fiscali che lo stesso FMI impone ai governi del posto.



La Philip Morris, oltre a rappresentare la maggiore multinazionale del tabacco, risulta essere anche una delle prime del settore alimentare, dato che possiede la Kraft ed anche molti marchi minori, come la Invernizzi; infatti la Philip Morris ha rilevato in Serbia non soltanto le aziende di tabacchi, ma si è inserita in ogni genere di affari, compreso l'immobiliare.


Sergio Marchionne, Amministratore delegato della FIAT, guarda la coincidenza, fa parte anche del Consiglio di Amministrazione della Philip Morris, perciò il motivo di questo feeling fra lui e la Serbia, oggi feudo della Philip Morris, può risultare un tantino più chiaro. Come è riuscita la Philip Morris a piazzare il suo uomo Marchionne a capo della FIAT? L'esca è consistita nella sponsorizzazione della Ferrari con il marchio Marlboro. Per incassare i denari della sponsorizzazione, Luca Cordero di Montezemolo ha accondisceso a cedere il potere aziendale a Marchionne, e così il Montezemolo è stato pian piano costretto ad avviarsi mestamente al rifugio di quelli che non contano più nulla, cioè la politica.


L'acquisizione della Chrysler da parte della FIAT è stata presentata dai media come un trionfo del genio italico di Marchionne, il quale peraltro ha una doppia cittadinanza, è infatti svizzero e canadese. In molti si erano chiesti come fosse stato possibile che si spalancassero le porte degli Stati Uniti ad una azienda italiana; ed infatti l'azienda non era più italiana, dato che era un uomo della Philip Morris a gestire i finanziamenti che lo Stato italiano versa alla FIAT, usandoli per rilevare un'azienda statunitense.


Il quotidiano confindustriale "Il Sole 24 ore" pare abbia rimosso dal suo sito la biografia ufficiale di Marchionne, da cui risultava la sua appartenenza alla Philip Morris. La scelta non può avere il senso di nascondere un'informazione che risulta facilmente reperibile per altre vie, dato che il nome di Sergio Marchionne si può leggere nell'organigramma del sito della Philip Morris, e l'informazione a riguardo si trova oggi persino su Wikipedia. Il significato di questa "censura" è semplicemente di ammonimento agli altri giornalisti, una sorta di direttiva generale a non tirare fuori un dettaglio che potrebbe screditare il mito mediatico di Marchionne come "eroe italiano". Se si facesse il confronto tra il gigante Philip Morris - una delle più grandi multinazionali del mondo - e la pulce FIAT, si capirebbe immediatamente a chi vada davvero la fedeltà di Marchionne, collegandone inoltre il nome a losche vicende di illegalità e di contrabbando.


La Philip Morris può infatti vantare una storia interessante, un vero romanzo criminale. Il 3 novembre del 2000 è stata denunciata davanti alla Corte Distrettuale USA Distretto Orientale di New York, insieme con un'altra multinazionale del tabacco, la Reynolds Nabisco. L'accusa contro le due multinazionali era quella di essere a capo del contrabbando mondiale di sigarette, quindi di costituire la cupola di tutte le organizzazioni criminali che operano nel settore. Chi ha sporto questa denuncia? Qualche banda di "teorici della cospirazione"? No, a sporgere la denuncia è stata la Commissione Europea, a nome della Unione Europea.


Non sul sito di Luogocomune, ma sul sito del Parlamento italiano, è reperibile la relazione della Commissione Antimafia del marzo 2001, in cui sono documentate tutte le accuse alla organizzazione malavitosa denominata Philip Morris, e che porta in allegato anche il testo della denuncia della UE. Dal testo della relazione si apprendono anche i nomi di tutti i maggiori trafficanti di sigarette, che all'epoca avevano il loro domicilio in Svizzera, dove si trova, per pura combinazione, anche la sede della Philip Morris, ed è dislocata persino la maggior parte della sua produzione di sigarette.


Chi ha vinto questo epico scontro tra la UE e la Philip Morris? Ovviamente la Philip Morris, dato che la denuncia è stata insabbiata e le evasioni fiscali plurimiliardarie delle multinazionali del tabacco sono state condonate in cambio della promessa di cifre irrisorie e dilazionate nel tempo; l'anno dopo la stessa Philip Morris è riuscita addirittura ad ottenere una Direttiva Europea a proprio favore, quella famosa direttiva in cui si concedeva di produrre cioccolata senza metterci il cacao.


La succitata relazione della Commissione Antimafia conteneva anche altre notizie interessanti. La base in Europa del contrabbando di sigarette della Philip Morris veniva individuata in Montenegro, e ciò da prima dell'aggressione alla Serbia da parte della NATO nel 1999. Quindi la Philip Morris, in collaborazione con la CIA, aveva fatto, per molti anni prima, da battistrada per l'aggressione della NATO alla Serbia del 1999. La Commissione Antimafia, con molta ingenuità, prevedeva che, dopo l'abbattimento del regime serbo di Svobodan Milosevic, sarebbe cessata la "realpolitik" della NATO e della CIA tendente a fomentare l'eversione in Jugoslavia con quei traffici illegali. In realtà, ancora nel 2007 e nel 2008, le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari individuavano sempre in Montenegro, e addirittura nel governo montenegrino, la centrale del traffico illegale di sigarette. Che il Montenegro sia diventato nel frattempo un feudo della Philip Morris, ovviamente è solo una coincidenza.


Delle notizie giudiziarie sul coinvolgimento del Montenegro nel contrabbando di sigarette si occuparono a suo tempo anche alcuni articoli de "La Repubblica", articoli in cui però si riusciva - senza alcun riscontro negli atti giudiziari - a gettare la colpa di tutto dapprima sulla corruzione del regime di Milosevic, e poi su presunti collegamenti tra le FARC colombiane (sic!) ed alti esponenti del regime montenegrino.




"La Repubblica" lanciava menzogne e calunnie sulla resistenza anticoloniale colombiana solo per creare confusione nella mente dei lettori; ed oggi il gaglioffo Vittorio Feltri dimostra di aver preso lezioni a riguardo dal gentleman Ezio Mauro, dato che appena qualche giorno fa il "Giornale" ha affrontato allo stesso modo la questione delle denunce del governo iraniano contro la Philip Morris e la CIA per il contrabbando di sigarette in Iran. Secondo la banda Feltri, la colpa del contrabbando andrebbe tutta ai corrotti Pasdaran, mentre la CIA e la Philip Morris sarebbero pure e innocenti, e ciò nonostante vi sia contro di esse il precedente della Jugoslavia documentato negli atti parlamentari. Sarebbero inventate, secondo la banda Feltri, anche le denunce del governo iraniano circa le sostanze chimiche tossiche contenute nel tabacco delle Marlboro, anche se questi dati il governo iraniano li ha presi dai documenti ufficiali delle agenzie americane per la lotta al tabacco.


L'asse storico CIA-Philip Morris-criminalità organizzata cerca oggi di destabilizzare l'Iran infiltrandosi nella società attraverso la corruzione generata dal business del contrabbando, così come ha già fatto in Jugoslavia (e in Italia). Chi mai è riuscito a farci credere che il contrabbando di sigarette fosse il business dei poveri?


Alla Philip Morris infatti Marchionne non ha imparato solo a contrabbandare sigarette, ma anche a contrabbandare cazzate, dato che ci sono ancora in giro quelli che riescono a prendere sul serio il suo "Piano FIAT".



Fonte: COMIDAD

venerdì 27 agosto 2010

Breaking news: "L'ULIVO!"








Ulivo, Unione, Cln e due cerchi. La fantapolitica all’ombra di Marchionne


di Pietro Orsatti

Come complicarsi la vita. Fino a resuscitare un progetto vincente nel 1996, ma poi affossato dai suoi stessi inventori. “Un nuovo Ulivo in cui i partiti del centrosinistra possano esprimere un progetto univoco di alternativa per l’Italia e per l’Europa e mettersi al servizio di un più vasto movimento di riscossa economica e civile del Paese”, ha scritto ieri su Repubblica Pierluigi Bersani. Bene, l’idea è sempre buona, però. Però ci sono poi le sue dichiarazioni del tardo pomeriggio sempre di ieri in cui il segretario del Pd dice che in questo suo progetto ci possono stare anche Udc e Fini. Perché no, anche loro sono contro Berlusconi e il berlusconismo, quindi anche loro in questo innesto un po’ azzardato. Per essere ottimisti. Questo il ragionamento del segretario. Che ha spiegato meglio poi a Pontelagoscuro alla festa del Pd. “Dobbiamo organizzarci rapidamente con una proposta politica coerente, perchè questo Paese ha bisogno di noi”. Ha annunciato Bersani. La proposta si chiama Nuovo Ulivo. “Si tratta di un patto diverso da quello dell’Unione: sarà stretto tra partiti che si metteranno al servizio di un movimento di riscossa civica, morale”. Un patto tra forze che “hanno scelto di avere una comune piattaforma programmatica”, continua il leader Pd, che sia pronto ad estendersi in una più ampia alleanza, tracciando quindi quello che definisce un “doppio cerchio”: “Ci rivolgeremo a tutte quelle forze progressiste, che non vogliono il berlusconismo e sono preoccupate da una deriva che ci allontana dai temi essenziali della nostra Costituzione”. Bersani cita come forze candidate “Tutte quelle che…”: Casini, Montezemolo, Fini, tra i nomi passati in rassegna. Ovvero tutte quelle parti che avranno a cuore “la difesa della Costituzione, la riforma elettorale ed istituzionale etc…”. “Spirito unitario e generosità”, saranno elementi che dovranno caratterizzare il lavoro dell’alleanza: “Mi chiamo Bersani, ma sono moderatamente bersaniano – ha scherzato alla fine il leader – Lavoro per la ditta, perché l’Italia ha bisogno di noi”.

Lo ammetto, a me l’idea di un nuovo Ulivo non fa poi tanto schifo, anzi. Il 1996 e la vittoria di Prodi e di quella squadra fu un grande salto in avanti, ma la crisi del progetto due anni dopo fu uno degli episodi più tristi e meschini della classe dirigente del centro sinistra. E attenzione, ritengo che le responsabilità di Rifondazione e Bertinotti in quella crisi furono marginali se confrontate con quelle di chi manovrò nell’ombra. A partire da D’Alema.

Per due anni ci fu un governo che cercò di dare voce a delle speranze diffuse nel Paese. Un governo che voleva modernizzare l’Italia e prepararla a quello che sarebbe arrivato dopo. Con tutte le contraddizioni possibili di un’epoca di transizione. Con tutti i limiti che poi abbiamo constatato sulla nostra pelle. Fu difficilissimo tenere in piedi quella coalizione così vasta che teneva insieme così tante storie e culture.

Quindi l’idea di riprovarci oggi mi fa sobbalzare. Soprattutto mi fanno pensare una serie di cose. Il progetto di Ulivo di 14 anni fa era una cosa costruita attorno a un’idea ben chiara di Paese, aveva un leader di riferimento, un percorso evidente e trasparante di costruzione. Niente di emergenziale. Non esisteva il doppio cerchio di Bersani, e soprattutto non esistevano sette candidati premier. Sette (che se poi andiamo a vedere alla fine sono pure otto). Allora elenchiamoli. Vendola, Bonino, Chiamparino, Veltroni, Bersani, De Magistris, Zingaretti. E Prodi, che sicuramente prima o poi uscirà un’altra volta dal cappello anche se nessuno finora si è azzardato “nemmanco” a pronunciarne il nome. La mia paura è che proprio quest’ottava candidatura sarà quella che alla fine il Pd cercherà di portare. Perché qualsiasi altra candidatura interna la partito significherebbe andare allo scontro e il Pd un altro conflitto interno non riuscirebbe a gestirlo. Sacrificando anche la figura di Zingaretti che per età e competenza (ma non per visibilità nazionale) è una delle poche figure di riferimento per il futuro di questo partito e del centro sinistra. Quindi tolta di mezzo anche la candidature rituali della Bonino, rimarrebbero in campo solo Vendola e De Magistris. Che si piacciono (ma non al Pd che li vede entrambe come fumo agli occhi) e dialogano da mesi. Non c’è dubbio che se si andasse alle primarie Vendola avrebbe grandi possibilità di spuntarla. Anche su Prodi. E che vincerebbe sicuramente in tandem con De Magistris se i due decidessero di fare un patto.

Ma qui siamo alla fantapolitica lo so. Anche se spesso quando si parla di Pd la fantapolitica diventa realtà. Come in uno scenario fantascientifico alla fine potrebbe materializzarsi la suggestione imprenditorial-finanziaria- pseudo modernista di una candidatura Montezzemolo, che spero (dopo l’intervento delirante di ieri di Marchionne a Rimini) sia definitivamente tramontata dalle testoline di quei sublimi strateghi eternamente sconfitti del Pd. “Non siamo più negli anni Sessanta. Non è possibile gettare le basi del domani continuando a pensare che ci sia una lotta tra capitala e lavoro, tra padroni e operai”, ha dichiarato l’ad di Fiat davanti alla platea osannante di Cl. Scordandosi la disoccupazione incalzante, il potere di acquisto dei salari italiani al minimo europeo e la crescita ferma anche grazie all’ondata di esternalizzazioni (con tanto di sovvenzioni pubbliche mai reinvestite) a cui anche la sua impresa sta mettendo in atto. E Marchionne chiede, fra gli applausi, “un patto sociale per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici e per dare al paese la possibilità di andare avanti”. In riferimento alla vicenda di Melfi, Marchionne accetta la richiesta del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri ha espresso apprezzamento per lo sforzo Fiat, di trovare una soluzione al caso dei tre operai. Ma nei fatti il manager, che ha anche escluso la vendita di Alfa Romeo, non cede: “La Fiat ha rispettato la legge. Abbiamo bisogno della garanzia che gli stabilimenti possano lavorare in modo affidabile”. E poi: “Non chiedo stima, ma almeno rispetto. Ricevo complimenti per il turnaround di Fiat e per l’operazione Chrysler ovunque, fuorché in Italia”. Chissà perché. E ad applaudirlo, oltre al popolo ciellino e a una folla di militanti del Pdl, un Montezzemolo un po’ defilato. Ma attento.

giovedì 26 agosto 2010

Baciamo sempre le mani, Senatùr



L'articolo che segue fu pubblicato l'8 luglio 1998 da "La Padania"...ma oggi è misteriosamente sparito dal suo archivio. Ne riporto la trascrizione per gli smemorati, padani e non.

“la Padania”, 8 luglio 1998

Berlusconi mafioso? 11 domande al Cavaliere per negarlo

Signor Berlusconi, chi le diede nel ’68 l’equivalente di 32 miliardi d’oggi per acquistare i terreni?
Max Parisi

Dica.Perché, signor Berlusconi, lei si ostina a tacere? Dica l’identità dei suoi finanziatori
Per quale motivo, Cavaliere, fece amministrare importanti quote della Fininvest alla società Par.Ma.Fid. Di Milano? Sapeva che gestiva anche i patrimoni di boss mafiosi?
Tra il ’68 e il ’79 Berlusconi eseguì aumenti di capitale per centinaia di miliardi.
Soldi di chi?

Da Palermo arrivano notizie gravissime: Silvio Berlusconi è sotto inchiesta per riciclaggio di capitali di Cosa Nostra. Noi offriamo al Cavaliere la possibilità concreta di smentire e distruggere ogni sospetto al suo riguardo. È sufficiente che risponda – punto per punto, nome per nome – alle nostre richieste di chiarimenti sulle sue attività imprenditoriali.
Spieghi, citi chi, come, dove e perché gli fornì nell’arco di 10 anni, all’inizio della sua carriera, i fortissimi capitali che permisero a un giovane di soli 32 anni e senza patrimoni familiari di mettere in moto una macchina edilizia capace di costruire interi quartieri. Sveli questo mistero e prosegua facendo cadere gli altri schermiche impediscono di capire le fonti di così tanto denaro e le successive, strabilianti, scelte gestionali.
Parli, Cavaliere. Parli o taccia per sempre.
Basta. Basta con questa indicibile manfrina messa in piedi dai mezzi di comunicazione di massa sulle vicende giudiziarie – specialmente quelle palermitane – di Silvio Berlusconi. È arrivata l’ora delle certezze definitive. Di seguito presento al signor Berlusconi una serie di domande invitandolo pubblicamente a rispondere nel merito con cristallina chiarezza affinché una volta per tutte sia lui inprima persona a dimostrare – se ne è capace – che con Cosa Nostra non ha e non ha mai avuto nullaa che fare.
A scanso di equivoci e strumentalizzazioni, già da ora – signor Berlusconi – le annuncio che nessuna delle notizie sul suo conto che leggerà in questo articolo è frutto di “pentimenti”, e nessuna delle domande che le sto per porre si basa o prende spunto anche fosse in modo marginale dalle parole dei cosiddetti “pentiti”. Tutto al contrario, esse si basano su personali indagini e su documenti amministrativi che in ogni momento – se lo riterrà – potrò inviarle perché si sinceri della loro autenticità.
Detto questo, prego, legga, e mi sappia poi dire.
Partiamo da lontano, perché lontano inizia la sua storia imprenditoriale, signor Berlusconi.
Primo quesito: lei certamente ricorda che il 26 settembre 1968 la sua società – l’Edilnord Sas –acquistò dal conte Bonzi l’intera area dove di lì a breve lei costruirà il quartiere di Milano2. Lei pagò l’area circa 4.250 lire al metro quadrato, per un totale di oltre 3 miliardi. Questa somma, nel
1968 quando lei aveva appena 32 anni e nessun patrimonio familiare alle spalle, è di enorme portata. Oggi, tabelle Istat alla mano, equivarrebbe a 38 miliardi, 739 milioni e spiccioli.
Dopo l’acquisto – intendo dire nei mesi successivi – lei aprì un gigantesco cantiere edilizio, il cui costo arriverà a sfiorare 500 milioni al giorno, che in circa 4-5 anni porterà all’edificazione di Milano2 così come è oggi. Ecco la prima domanda: signor Berlusconi, a lei, quando aveva 32 anni, gli oltre 30 miliardi per comprare l’area, chi li diede? Inoltre: che garanzie offrì e a chi per ricevere tale ingentissimo credito? In ultimo: il denaro per avviare e portare a conclusione il super-cantiere, chi glielo fornì? Vede, se lei non chiarisce questi punti, si è autorizzati a credere che le due misteriose finanziarie svizzere amministrate dall’avvocato di Lugano Renzo Rezzonico “sue finanziatrici”,
così come altre finanziarie elvetiche che entreranno in scena al suo fianco e che tra poco incontreremo, sono paraventi dietro i quali si sono nascosti soggetti tutt’altro che raccomandabili.
Sì, perché – mi creda signor Berlusconi – nel 1998, oggi, se lei chiarisse una volta per tutte, con
nomi e cognomi, chi le prestò tale gigantesca fortuna facendo con questo crollare ogni genere di
sospetto e insinuazione sul suo conto, nessuno e dico nessuno si alzerebbe per criticarla sostenendo
che lei operò con capitali sfuggiti, per esempio, al fisco italiano e riparati in Svizzera, e rientrati in
Italia grazie alla sua attività imprenditoriale. Sarei il primo ad applaudirla, signor Berlusconi, se la
realtà fosse questa. Se invece di denaro frutto di attività illecite, si trattò di risparmi onestamente
guadagnati e quindi sottratti dai rispettivi proprietari al fisco assassino italiota che grazie a lei
ridiventarono investimenti, lei sarebbe da osannare. Parli, signor Berlusconi, faccia i nomi e il
castello di accuse di riciclaggio cadrà di schianto.
Secondo quesito: il 22 maggio 1974 – certamente lo ricorda, signor Berlusconi – la sua società
“Edilnord Centri Residenziali Sas” compì un aumento di capitale che così arrivò a 600 milioni (4,8
miliardi oggi, fonte Istat). Il 22 luglio 1975 la medesima società eseguì un altro aumento di capitale
passando dai suddetti 600 milioni a 2 miliardi (14 miliardi di oggi, fonte Istat). Anche in questo
caso, vorrei sapere da dove o da chi sono arrivati queste forti somme di denaro in contanti.
Terzo quesito: il 2 febbraio 1973 lei fondò un’altra società, la Italcantieri Srl. Il 18 luglio 1975
questa sua piccola Impresa diventò una Spa con un aumento di capitale a 500 milioni. In seguito,
quei 500 milioni diventeranno 2 miliardi e lei farà in modo di emettere anche un prestito
obbligazionario per altri 2 miliardi. Signor Berlusconi, anche in questo caso le chiedo: il denaro in
contanti per queste forti operazioni finanziarie, chi glielo diede? Fuori i nomi.
Quarto quesito: lei non può essersi scordato che il 15 settembre 1977 la sua società Edilnord
cedette alla neo-costituita “Milano2 Spa” tutto il costruito del nuovo quartiere residenziale nel
Comune di Segrate battezzato “Milano2″ più alcune aree ancora da edificare di quell’immenso
terreno che lei comperò nel ’68 per l’equivalente di più di 32 miliardi in contanti. Tuttavia quel 15
settembre di tanti anni fa, accadde un altro fatto: lei, signor Berlusconi, decise il contemporaneo
cambiamento di nome della società acquirente. Infatti l’impresa Milano2 Spa iniziò a chiamarsi così
proprio da quella data. Il giorno della sua fondazione a Roma, il 16 settembre 1974, la futura
Milano2 Spa – come lei senza dubbio rammenta – viceversa rispondeva al nome di Immobiliare San
Martino Spa, “forte” di un capitale di lire 1 (un) milione, il cui amministratore era Marcello
Dell’Utri. Lo stesso Dell’Utri che lei, signor Berlusconi, sostiene fosse a quell’epoca un «mio
semplice segretario personale». Sempre il 15 settembre 1977, quel milione venne portato a 500 e la
sede trasferita da Roma a Segrate. Il 19 luglio 1978, i 500 milioni diventeranno 2 miliardi di
capitale sociale. Ecco, anche in questo caso, vorrei sapere dove ha preso e chi le ha fornito tanto
denaro contante e in base a quali garanzie.
Quinto quesito: signor Berlusconi, il cuore del suo impero, la notissima Fininvest, certamente
ricorda che nacque in due tappe. Partiamo dalle seconda: l’8 giugno 1978 lei fondò a Roma la
“Finanziaria d’Investimento Srl” – in sigla Fininvest – dotandola di un capitale di 20 milioni e di un
amministratore che rispondeva al nome di Umberto Previti, padre del noto Cesare di questi tempi
grami (per lui). I1 30 giugno 1978 il capitale sociale di questa sua creatura venne portato a 50
milioni, il 7 dicembre 1978 a 18 miliardi, che al valore d’oggi sarebbero 81 miliardi, 167 milioni e
400 mila lire. In 6 mesi, quindi, lei passò dall’avere avuto in tasca 20 milioni per fondare la
Fininvest Srl a Roma, a 18 miliardi. Fra l’altro, come lei certamente ricorda, la società in questo
periodo non possedeva alcun dipendente. Nel luglio del 1979 la Fininvest Srl, con tutti quei soldi in
cassa, venne trasferita a Milano. Poco prima, il 26 gennaio 1979 era stata “fusa” con un’altra sua
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società dall’identico nome, signor Berlusconi: la Fininvest Spa di Milano. Questa società fu la
prima delle due tappe fondamentali di cui dicevo poc’anzi alla base dell’edificazione del suo
impero, e in realtà di milanese aveva ben poco, come lei ben sa. Infatti la Fininvest Spa venne
anch’essa fondata a Roma il 21 marzo del 1975 come Srl, l’11 novembre dello stesso anno
trasformata in Spa con 2 miliardi di capitale, e quindi trasferita nel capoluogo lombardo. Tutte
operazioni, queste, che pensò, decise e attuò proprio lei, signor Berlusconi. Dopo la fusione,
ricorda?, il capitale sociale verrà ulteriormente aumentato a 52 miliardi (al valore dell’epoca,
equivalenti a più di 166 miliardi di oggi, fonte Istat). Bene, fermiamoci qui. Signor Berlusconi, i 17
miliardi e 980 milioni di differenza della Fininvest Srl di Roma (anno 1978) chi glieli fornì? Vorrei
conoscere nomi e cognomi di questi suoi munifici amici e anche il contenuto delle garanzie che lei,
signor Berlusconi, offrì loro. Lo stesso dicasi per l’aumento, di poco successivo, a 52 miliardi.
Naturalmente le chiedo anche notizie sull’origine dei fondi, altri 2 miliardi, della “gemella”
Fininvest Spa di Milano che lei fondò nel 1975, anno pessimo per ciò che attiene al credito bancario
e ancor peggio per i fondamentali dell’economia del Paese.
Sesto quesito: lei, signor Berlusconi, almeno una volta in passato tentò di chiarire il motivo
dell’esistenza delle 22 (ma c’è chi scrive, come Giovanni Ruggeri, autore di “Berlusconi, gli affari
del Presidente” siano molte di più, addirittura 38) “Holding Italiane” che detengono tuttora il
capitale della Fininvest, esattamente l’elenco che inizia con Holding Italiana Prima e termina con
Holding Italiana Ventiduesima. Lei sostenne che la ragione di tale castello societario sta nell’aver
inventato un meccanismo per pagare meno tasse allo Stato. Così pure, signor Berlusconi, lei ha
dichiarato che l’inventore del marchingegno finanziario, che ripeto detiene – sono sue parole –
l’intero capitale del Gruppo, fu Umberto Previti e l’unico scopo per il quale l’inventò consisteva – e
consiste tutt’oggi – nell’aver abbattuto di una considerevole percentuale le tasse, ovvero il bottino
del rapinoso fisco italiota ai suoi danni, con un meccanismo assolutamente legale. Queste, mi
corregga se sbaglio, furono le ragioni che addusse a suo tempo, signor Berlusconi, per spiegare il
motivo per cui il capitale della Fininvest è suddiviso così. È una motivazione, però, che a molti
appare quanto meno curiosa, se raffrontata – ad esempio – con l’assetto patrimoniale di un altro big
dell’imprenditoria nazionale, Giovanni Agnelli, che viceversa ha optato da molti anni per una
trasparentissima società in accomandita per detenere e definire i propri beni e quote del Gruppo
Fiat. In sostanza lei, signor Berlusconi, più volte ha ribadito che “dietro” le 22 Holding c’è soltanto
la sua persona e la sua famiglia. Non avrò mai più motivo di dubitare di questa sua affermazione
quando lei spiegherà con assoluta chiarezza le ragioni di una sua scelta a dir poco stupefacente.
Questa: c’è un indirizzo – a Milano – che lei, signor Berlusconi conosce molto bene. Si tratta di via
Sant’Orsola 3, pieno centro cittadino. A questo indirizzo nel 1978 nacque una società fiduciaria –
ovvero dedita alla gestione di patrimoni altrui – denominata Par.Ma.Fid. A fondarla furono due
commercialisti, Roberto Massimo Filippa e Michela Patrizia Natalini. Detto questo, certo
rammenta, signor Berlusconi, che importanti quote di diverse delle suddette 22 Holding verranno da
lei intestate proprio alla Par.Ma.Fid. Esattamente il 10 % della Holding Italiana Seconda, Terza,
Quarta, Quinta, Ventunesima e Ventiduesima, più il 49% della Holding Italiana Prima, la quale – in
un perfetto gioco di scatole cinesi – a sua volta detiene il 100% del capitale della Holding Italiana
Sesta e Settima e il 51% della Holding Italiana Ventiduesima. Vede, signor Berlusconi, dovrebbe
chiarirmi per conto di chi la Par.Ma.Fid. gestirà questa grande fetta del Gruppo Fininvest e perché
lei decise di affidare proprio a questa società tale immensa fortuna. Infatti lei – che è un attento
lettore di giornali e ha a sua disposizione un ferratissimo nonché informatissimo staff di legali
civilisti e penalisti – non può non sapere che la Par.Ma.Fid. è la medesima società fiduciaria che ha
gestito – esattamente nello stesso periodo – tutti i beni di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa
Nostra e grande riciclatore di capitali per conto dei clan di Giuseppe e Alfredo Bonn, Salvatore
Enea, Gaetano Fidanzati, Gaetano Carollo, Canneto Gaeta e altri boss – di area corleonese e non –
operanti a Milano nel traffico di stupefacenti a livello mondiale e nei sequestri di persona.
Quindi, signor Berlusconi, a chi finivano gli utili della Fininvest relativi alle quote delle Holding in
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mano alla Par.Ma.Fid.? Per conto di chi la Par.Ma.Fid. incassava i dividendi e gestiva le quote in
suo possesso? Chi erano – mi passi il termine – i suoi “soci”, signor Berlusconi, nascosti dietro lo
schermo anonimo della fiduciaria di via Sant’Orsola civico 37. Capisce che in assenza di una sua
precisa quanto chiarificatrice risposta che faccia apparire il volto – o i volti – di coloro che per anni
incasseranno fior di quattrini grazie alla Par.Ma.Fid., ovvero alle quote della Fininvest detenute
dalla Par.Ma.Fid. non si sa per conto di chi, sono autorizzato a pensare che costoro non fossero
estranei all’altro “giro” di clienti contemporaneamente gestiti da questa fiduciaria, clienti i cui nomi
rimandano direttamente ai vertici di Cosa Nostra.
Settimo quesito: è universalmente noto che lei, signor Berlusconi, come imprenditore è “nato col
mattone” per poi approdare alla televisione. Proprio sull’edificazione del network tivù è incentrato
questo punto. Lei, signor Berlusconi, certamente ricorda che sul finire del 1979 diede incarico ad
Adriano Galliani di girare l’Italia ad acquistare frequenze tivù. Lo scopo – del tutto evidente – fu
quello di costituire una rete di emittenti sotto il suo controllo, signor Berlusconi, in modo da poter
trasmettere programmi, ma soprattutto pubblicità, che così sarebbe stata “nazionale” e non più
locale. La differenza dal punto di vista dei fatturati pubblicitari, ovviamente, era enorme. Fu un
piano perfetto. Se non che, Adriano Galliani invece di buttarsi a capofitto nell’acquisto di emittenti
al Nord, iniziò dal Sud e precisamente dalla Sicilia, dove entrò in società con i fratelli Inzaranto di
Misilmeri (frazione di Palermo) nella loro Retesicilia Srl, che dal 13 novembre 1980 vedrà nel
proprio consiglio di amministrazione Galliani in persona a fianco di Antonio Inzaranto. Ora lei,
signor Berlusconi, da imprenditore avveduto qual è, non può non avere preso informazioni
all’epoca sui suoi nuovi soci palermitani, personaggi molto noti da quelle parti per ben altre
questioni, oltre la tivù. Infatti Giuseppe Inzaranto, fratello di Antonio nonché suo partner, è marito
della nipote prediletta di Tommaso Buscetta. No, sia chiaro, non mi riferisco al “pentito Buscetta”
del 1984, ma al super boss che nel ’79 è ancora braccio destro di Pippo Calò e amico intimo di
Stefano Bontale, il capo dei capi della mafia siciliana. Quindi, signor Berlusconi, perché entrò in
affari – tramite Adriano Galliani – con gente di questa risma? C’è da notare, oltre tutto, che i fratelli
Inzaranto sono di Misilmeri. Le dice niente, signor Berlusconi, questo nome? Guardi che glielo sto
chiedendo con grande serietà. Infatti proprio di Misilmeri sono originari i soci siciliani della nobile
famiglia Rasini che assieme alla famiglia Azzaretto – nativa di Misilmeri, appunto – fondò nel 1955
la banca di Piazza Mercanti, la Banca Rasini. Giuseppe Azzaretto e suo figlio, Dario Azzaretto,
sono persone delle quali lei, signor Berlusconi, con ogni probabilità sentiva parlare addirittura in
casa da suo padre. Gli Azzaretto erano – con i Rasini i diretti superiori di suo padre Luigi, signor
Berlusconi. Gli Azzaretto di Misilmeri davano ordini a suo padre, signor Berlusconi, che per molti
anni fu loro procuratore, il primo procuratore della Banca Rasini. Certo non le vengo a chiedere con
quali capitali – e di chi – Giuseppe Azzaretto riuscì ad affiancarsi nel 1955 ai potenti Rasini di
Milano, tenuto conto che Misilmeri è tutt’oggi una tragica periferia della peggiore Palermo, però
che a lei Misilmeri possa risultare del tutto sconosciuta, mi appare inverosimile. Ora le ripeto la
domanda: si informò sulla “serietà” e la “moralità” dei nuovi soci – il clan Inzaranto – quando tra il
1979 e l’80 diverranno parte fondamentale della sua rete tivù nazionale?
Ottavo quesito: certo a lei, signor Berlusconi, il nome della società immobiliare Romana Paltano
non può risultare sconosciuto. È impossibile non ricordi che nel 1974 la suddetta, 12 milioni di
capitale, finì sotto il suo controllo amministrata da Marcello Dell’Utri, perché proprio sui terreni di
questa società lei darà corso all’iniziativa edilizia denominata Milano3. Così pure ricorderà che nel
1976 l’esiguo capitale di 12 milioni aumenterà a 500; e che il 12 maggio del 1977 salirà
ulteriormente a 1 (un) miliardo, e che cambierà anche la sua denominazione in Cantieri Riuniti
Milanesi Spa. Come al solito, vengo subito al dunque: anche in questo ennesimo caso, chi le fornì,
signor Berlusconi, questi forti capitali per aumentare la portata finanziaria di quella che era una
modestissima impresa del valore di soli 12 milioni quando la acquistò?
Nono quesito: lei, signor Berlusconi, certamente rammenta che il 4 maggio 1977 a Roma fondò
l’Immobiliare Idra col capitale di 1 (un) milione. Questa società, che oggi possiede beni immobili
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pregiatissimi in Sardegna, l’anno successivo – era il 1978 – aumentò il proprio capitale a 900
milioni. Signor Berlusconi, da dove arrivarono gli 899 milioni (4 miliardi e 45 milioni d’oggi, fonte
Istat) che fecero la differenza?
Decimo quesito: signor Berlusconi, in più occasioni lei ha usato per mettere in porto affari di vario
genere – l’acquisto dell’attaccante Lentini dal Torino Calcio, ad esempio – la finanziaria di Chiasso
denominata Fimo. Anche in questo caso, come nel precedente riferito alla Par.Ma.Fid., lei ha scelte
una società fiduciaria – questa volta domiciliata in Svizzera – al cui riguardo le cronache giudiziarie
si erano largamente espresse. Tenuto conto della potenza dello staff informativo che la circonda,
signor Berlusconi., mi appare del tutto inverosimile che lei non abbia saputo, circa la Fimo di
Chiasso, che è stata per lungo tempo il canale privilegiato di riciclaggio usato da Giuseppe Lottusi,
arrestato il 15 novembre del 1991 mentre “esportava” forti capitali della temibile cosca palermitana
dei Madonia. Così pure non le sarà sfuggito che Lottusi venne condannato a 2 anni di reclusione per
quei reati. Tuttora è in carcere a scontare la pena. Ebbene, signor Berlusconi, se quel gangster fini in
galera il 15 novembre del ’91, nella primavera del 1992 – cioè pochi mesi dopo quel fatto che
campeggiò con dovizia di particolari, anche circa la Fimo, sulle prime pagine di tutti i giornali – il
suo Milan “pagò” una forte somma “in nero” – estero su estero – per la cessione di Gianluigi
Lentini, e usò per la transazione proprio la screditatissima Fimo, fiduciaria di narcotrafficanti
internazionali. Perché, signor Berlusconi?
Ecco, queste sono le domande. Risponda, signor Berlusconi. Presto. Come ha visto, di “pentiti” veri
o presunti non c’è traccia negli 11 quesiti. Semmai c’è il profumo di centinaia di miliardi che tra il
1968 e il 1979 finirono nelle sue mani, signor Berlusconi. E tuttora non si sa da dove arrivarono.
Poiché c’è chi l’accusa che quell’oceano di quattrini provenne dalle casse di Cosa Nostra e sta
indagando proprio su questo, prego, schianti ogni possibile infamia dicendo semplicemente la
verità. Punto per punto, nome per nome.
É un’occasione d’oro per farla finita una volta per tutte. Sappia che d’ora in poi il silenzio non le è
più consentito né come imprenditore, né come politico, né come uomo.
Oltre gli “anonimi” flussi finanziari, c’è un altro mistero da svelare
Un impero di prestanome
Caro Silvio; perché li ha usati dal ’68 all’84?
Casalinghe e praticanti notai, queste furono le prime coperture di Berlusconi che grazie a loro, per
oltre 10 anni, rimarrà nell’ombra. Perché?
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L’altra faccia della medaglia. Signor Berlusconi, certo che abbia letto l’articolo della pagina a
fianco, ora vengo ad affrontare con lei un’altra questione – per nulla marginale – che sta alla base
dei sospetti di riciclaggio su cui i magistrati palermitani stanno indagando.
Nella sua scalata all’empireo dell’imprenditoria nazionale c’è una costante che sconcerta, anzi,
allarma: è l’inconcepibile, continuo, inarrestabile uso di prestanome che lei ha fatto dal primo
giorno della sua carriera imprenditoriale. Vuole che le rinfreschi la memoria?
Mi spieghi il senso, tanto per cominciare, della nascita della sua prima società, costituita il 29
settembre 1968 a Milano.
Col nome di “Edilnord centri residenziali Sas di Lidia Borsani & C.”, laddove la signorina Borsani
– se non dico male una sua cugina, signor Berlusconi – era il socio d’opera, mentre il socio di
capitale era la “Aktiengesellschaft fur Immobilienanlagen in Residenzzentren Ag” di Lugano che
infatti fornì i 50.000 franchi svizzeri del capitale, prese vita l’impresa che di lì a poco sborserà più
di 3 miliardi per comprare l’area dove verrà costruita la città satellite di Milano2 nel Comune di
Segrate.
Era una bellissima iniziativa imprenditoriale, signor Berlusconi. Un’iniziativa di cui andare fieri,
che qualsiasi altro imprenditore avrebbe firmato col proprio nome a caratteri cubitali. Lei no. Lei
rimase nell’ombra, tanto quanto restarono nell’ombra i veri fornitori di quei primi 3 miliardi in
contanti del 1968. Una bella somma, sa? Oggi varrebbero più di 32, proprio il numero che segna gli
anni che lei aveva quando questa gigantesca fortuna finì nelle sue mani.
Ecco, se questo fu il primo caso di prestanomi al suo servizio, i successivi che la riguardano
denunceranno uno stile che rimarrà costante per almeno 10 anni, i suoi primi 10 anni d’attività,
signor Berlusconi. Ricorda?
La Italcantieri Srl, uno dei suoi bracci operativi nell’edilizia, nasce il 2 febbraio 1973 a Milano
avendo come soci Renato Pironi, un giovane praticante notaio, ed Elda Brovelli, una casalinga
senza alcuna occupazione o titolo di studio inerente l’attività della società che va a fondare e per la
cui “opera” percepirà solo 600.000 lire. Eppure lei usa questi due perfetti sconosciuti – nonché
incompetenti – per far muovere un’impresa che dovrà affrontare un progetto colossale:
l’edificazione e l’ultimazione di Milano2. Perché?
Inoltre, mi permetta signor Berlusconi, i due suddetti – la casalinga e il praticante notaio – nell’atto
di costituzione della Italcantieri risultano essere rappresentanti di due potenti quanto discutibili
società svizzere: rispettivamente la “Eti Ag Holding” di Chiasso per la signorina Brovelli, e la
Cofigen Sa per il giovane Pironi.
I suoi due prestanome, signor Berlusconi, a loro volta rappresentavano i finanziatori? Lei non può
non sapere chi si celasse dietro la Eti Holding e la Cofigen, due società finanziarie svizzere.
Dica, faccia i nomi, perché altrimenti rimane solo quello di Ercole Doninelli, finanziere elvetico
primo fondatore della famigerata Fimo Sa di Chiasso, società di riciclaggio di capitali di mafia, che
proprio nella Italcantieri – in seguito – entrerà in rapporti e affari. Anche la Sogeat Sas; che lei
certamente conosce perché vantava un credito nei suoi confronti – che immagino lei pagò – di 22,5
miliardi nel 1978 (101,5 miliardi di oggi), è un altro soggetto finanziario inquietante, mi permetta.
Come fu possibile che ad amministrare la Sogeat Sas di Walter Donati & C., fondata il 4 luglio
1972 con un capitale di 400.000 lire, fu messo appunto il signor Donati, ovvero un suo impiegato,
signor Berlusconi? E poi: chi fornì al signor Donati 1 miliardo, 999 milioni e 600.000 lire per
finanziare l’aumento di capitale della Sogeat deliberato ed attuato non molto dopo la fondazione?
Guardi che stiamo parlando di una somma che oggi equivarrebbe a oltre 22 miliardi, mica
noccioline. Fu un prestanome al fulmicotone, questo signor Donati. Gli ballavano in tasca i miliardi
come a me le monetine.
Tra l’altro, signor Berlusconi, eviti di dire – casomai – che della Sogeat sa poco e nulla, perché se
Walter Donati fu il socio d’opera, l’altro socio, il finanziatore, documenti alla mano fu l’avvocato
Renzo Rezzonico di Lugano, lo stesso che amministrava le due finanziarie svizzere di cui sopra.
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Insomma, un personaggio che lei conosce e conosceva benissimo. Ora intendiamoci bene. Seppure
possa sembrare irrazionale, la sua scelta di tenere costantemente per più di 10 anni un profilo
imprenditoriale così basso da risultare inesistente potrebbe essere giustificata da un riserbo
caratteriale, da innata timidezza e modestia di cui però dal 1980 per tutto il tempo a venire fino a
oggi non si troverà più traccia. D’accordo, proviamo a prendere per buona questa ipotesi.
Se è così signor Berlusconi, mi usi la cortesia di spiegare all’opinione pubblica la “faccenda
Berruti”. Quale?
Le rammento i fatti. Il 12 novembre 1979, a Milano, il capitano della Guardia di Finanza Massimo
Maria Berruti si presentò negli uffici di Foro Bonaparte della sua Edilnord, signor Berlusconi, e
interrogò proprio lei sui complicati giri societari e finanziari – farciti di prestanome, come abbiamo
visto – che le avevano permesso di edificare Milano2. Certo ricorda, signor Berlusconi, che lei
rispose al capitano Berruti a questo modo: «Non sono il proprietario della Edilnord e tanto meno
della Sogeat, Io sono un semplice consulente esterno».
Nella relazione su questa ispezione, scritta e firmata da Berruti, risulta così. Formalmente, la sua, fu
una risposta ineccepibile, ma nella sostanza una menzogna tonante. Perché, signor Berlusconi, negò
l’evidenza? Di chi e che cosa ebbe paura? Non certo di Berruti, visto che pochi mesi dopo si
dimetterà dalle Fiamme Gialle e presto diventerà consulente della Fininvest.
Le ripeto la domanda: perché sostenne di essere un “semplice consulente” delle società che avevano
appena finito di edificare Milano2?
A quale retroscena temette di essere associato? Forse si spaventò pensando che qualcuno avrebbe
potuto domandarle chi realmente si celasse dietro i formidabili flussi finanziari arrivati dalla
Svizzera alla Edilnord e alla Sogeat?
Se non è così, spieghi, dica come stanno le cose. Anche perché, vede, l’allora capitano Berruti (e
attuale deputato Berruti di Forza Italia) nel pomeriggio di quel 12 novembre 1979 tornò a cercarla
nei suoi uffici, signor Berlusconi, e le pose una domanda spiazzante. Berruti le chiese di spiegare
come mai lei, che si era appena dichiarato “consulente esterno della Edilnord e della Sogeat”,
ovvero dell’intero affare Milano2, viceversa aveva garantito personalmente – tramite fideiussioni a
diverse banche per importi monumentali – la solidità di entrambe quelle società.
Ma come, le fece notare la Gdf, i soci di capitale della Edilnord e della Sogeat erano ufficialmente
svizzeri, cioè i loro capitali erano svizzeri, e per loro garantiva un italiano, Berlusconi? D’altra parte
i fatti erano questi e così la Gdf sospettò – ma per poco, fintanto che Berruti non si dimise per
mettersi a lavorare per lei, Cavaliere – che in realtà dietro le finanziarie elvetiche c’era ancora lei,
Berlusconi.
Sospetto più che legittimo direi, visto che ancora oggi non si sa, e appunto vengo a domandarle, chi
c’era dietro le varie Eti Holding, Cofigen, Aktiengesellschaft & company. Capisce che se le Fiamme
Gialle erano in qualche modo convinte che alle spalle di quelle sigle spuntava ancora lei, signor
Berlusconi, la questione si complica, e di molto.
Si, perché a questo punto l’intera rete finanziaria da cui lei ricevette qualcosa come 200 miliardi in
contanti quasi 30 anni fa, anziché in Svizzera va collocata in Italia. È così? Dica, è così o si tratta di
una mera fantasia? Non penso di poter tollerare il suo silenzio su questo punto centrale, perché
altrimenti entrerebbero in scena ben altri personaggi e situazioni. D’improvviso si
materializzerebbero i fantasmi che circondano Marcello Dell’Utri, sotto processo a Palermo per
mafia. Lugubri scenari che lei ha un solo modo per cancellare: raccontare tutto, nome per nome.
E’ facile: convochi una conferenza stampa
MP
Non molleremo. Insisteremo con ogni mezzo a disposizione di chi fa il nostro mestiere per avere,
una volta per tutte, risposte certe e definitive. Silvio Berlusconi accusa i “pentiti” di essere dei
mentitori prezzolati, accusa i magistrati – al minimo – di strumentalizzare dichiarazioni di
delinquenti che in cambio dei loro “racconti” ottengono benefici di ogni genere, primo dei quali il
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più prezioso di tutti: la libertà, nonostante costoro siano responsabili di reati gravissimi, quasi
sempre omicidi. Ebbene, c’è un modo sicuro in mano a Berlusconi per far tacere questa gente e
contemporaneamente far sì che le loro accuse si trasformino in un boomerang: svelare tutti i misteri
che circondano – da sempre – in maniera impenetrabile la sua carriera imprenditoriale. I capitali
“svizzeri” che alimentarono dal ’68 in poi le iniziative edilizie del futuro Cavaliere sono limpidi
come l’acqua di fonte? Prego, dica di chi erano, signor Berlusconi. Chi glieli affidò era integerrimo?
Prego, faccia i nomi, così sapremo quali onesti, laboriosi e lungimiranti italiani si fidarono di lei tra
la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta permettendo – grazie all’enorme fiducia che
lei riuscì a ispirar loro – la creazione della Fininvest e di ciò che ne è seguito. Se lei insiste a tacere
su questi fondamentali riscontri che accrediterebbero immediatamente la sua sincerità facendo
sprofondare in un abisso di menzogna tutti coloro l’accusano, lei di fatto dona il crisma dello verità
a chi “ricorda” i suoi incontri milanesi con Stefano Bonante, a chi “rammenta” i suoi contatti
finanziari con Francis Turatello, a chi “spiega” la presenza di Mangano a villa San Martino con ben
diverse ragioni dalla cura delle stalle, a chi “parla” dì vorticosi giri di capitali di eroina nella Barica
Rasinì e altro perfino di peggio.
Ha capito, signor Berlusconi? E’ facile. È l’azione più semplice che si possa immaginare. Una bella
conferenza stampa affiancato da qualcuno dei suoi antichi finanziatori sorridente come non mai che
stringe in mano vecchi documenti bancari, e il gioco è fatto.
Sappia che se dovesse accadere, sarò in primo fila a plaudire un galantuomo.
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Baciamo le mani, Senatùr. Ovvero: cronache per leghisti dalla memoria labile






Il Senatur e "il mafioso di Arcore"
Bossi, Berlusconi e le domande della Padania



Bossi e BerlusconiL’estate del 2010 passerà agli archivi come una delle più litigiose degli ultimi anni della politica nostrana. Insulti, minacce, battute da osteria occupano televisioni e giornali che, nella speranza di più audience e copie vendute, le rilanciano con grande enfasi. Il tutto viene condito con gossip e rivelazioni che solleticano la morbosità dell’opinione pubblica.
Anche noi di Libera Informazione abbiamo deciso di dare un meritato spazio allo sport italico dell’insulto e dell’offesa. Lo abbiamo fatto però, andando a riesumare un episodio fondamentale nell’inaugurazione della nuova stagione, dove l’insulto è elemento programmatico ed imprescindibile delle migliori strategie politiche. Un salto all’indietro per capire dove siamo arrivati oggi e dove, forse, finiremo.

Il divorzio tra Lega e Forza Italia

Dicembre 1994: si consuma la rottura dell’alleanza tra Lega Nord e Forza Italia che aveva portato, pochi mesi prima, per la prima volta alla guida del Governo Silvio Berlusconi, imprenditore di successo, rimasto fino allora all’ombra dei socialisti. Bossi sfiducia il premier: si rompe una fragile intesa, frutto dell’accordo tra Forza Italia e Lega al nord e tra Alleanza Nazionale e Berlusconi al sud, che porta successivamente al governo tecnico di Lamberto Dini. Le elezioni del 1996 sono poi vinte dall’Ulivo guidato da Romano Prodi e bisognerà attendere il 2001 per rivedere Bossi e Berlusconi ancora alleati e vincenti in una nuova competizione elettorale. Non ci interessano ora ricostruire dettagliatamente quegli anni, perché altri e ben più autorevoli colleghi hanno avuto modo di raccontare quel passaggio delicato nella vita delle nostre istituzioni repubblicane e non ci inoltriamo nel ginepraio delle diverse versioni. Quello che ci interessa è che dal momento in cui nel 1994 Bossi si sfila dall’alleanza con Berlusconi, dalla Lega Nord parte un fuoco di sbarramento nei confronti del tycoon delle televisioni italiane, la cui virulenza farebbe impallidire le offese che leggiamo in questi giorni sui quotidiani. In particolare, è l’house organ di partito, “la Padania” che si produce in una serie interminabili di ricostruzioni e invettive aventi per oggetto il passato poco limpido di Berlusconi, fino ad arrivare a formulare e rilanciare l’accusa più infamante, quella di collusione con la mafia.

In compagnia dei boss




Uno dei picchi più virulenti si registra tra giugno e agosto del 1998. Il 13 giugno viene strillato a tutta pagina un perentorio “Baciamo le mani”, insieme ad una galleria fotografica che sembra tratta direttamente dai mattinali delle questure. Una lugubre serie di dodici foto formato tessera, di cui nove mostrano i volti dei boss mafiosi Totò Riina, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Pasquale Cuntrera, Pietro Aglieri, Michele Greco, Pippò Calò, Gaetano Badalamenti. Gli altri quattro, ritratti loro malgrado in questa triste compagine, sono uomini politici allora – e oggi – molto in voga: Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e Gaspare Giudice, deputato di Forza Italia, allora finito sotto i riflettori di un’inchiesta che mette a fuoco le relazioni tra mafia e politica in Sicilia e morto lo scorso anno. Il messaggio è chiaro e verrà rinforzato da una serie di articoli successivi, da titoli e contenuti inequivocabili, con i quali si mettono in forse le origini delle fortune imprenditoriali dell’ex alleato di governo (“Soldi sporchi nei forzieri del Berlusca” è il titolo di un articolo del 2 luglio) e si rilanciano le accuse di rapporti con i capi di Cosa Nostra: “Silvio riciclava i soldi della mafia” titola la ricostruzione offerta il 7 luglio successivo. Per giorni e settimane largo spazio viene dedicato alle inchieste di Palermo sulle collusioni tra mafia e politica e sulle bombe del 1993. Siamo ancora lontani dalle recenti acquisizioni processuali e dalle più puntuali inchieste giornalistiche che, negli ultimi mesi, hanno ricostruito lo scenario della trattativa tra Stato e mafia che sarebbe costata la vita a Paolo Borsellino. Eppure, alcune delle questioni che solo in anni recenti saranno esplicitate, trovano in quei pezzi scritti con virulenza e astio una loro prima formulazione: le pagine del quotidiano leghista offrono spazio a quello che fino ora era indicibile a carico del Cavaliere. L’ex alleato, l’imprenditore che sembra venuto dal nulla, l’uomo che ha irretito i dirigenti della Lega, in realtà è la testa di ponte per lo sbarco della mafia al nord del paese. A più riprese questo concetto viene espresso, nel corso delle tante corrispondenze che, pure se vengono indicate come effettuate a Palermo, in realtà vengono cucinate nella redazione milanese del giornale.

Da notare che la gran parte di queste lunghi servizi risultano prive di firma. Una sorta di tutela preventiva contro eventuali azioni legali? Inizia contemporaneamente il gioco degli insulti e delle allusioni ai rapporti di Berlusconi con i capi della mafia palermitana. Da “Berluscaz” a “Berlusocosanostra”, da “Lucky Berlusca” ad “il mafioso di Arcore”, solo per citare i soprannomi in cui si fa continuo e pesante riferimento ai legami con la mafia del presidente della Fininvest e del suo collaboratore numero uno, Marcello Dell’Utri.

“Cavaliere risponda!”

Il piatto forte viene servito l’8 luglio con un lungo articolo “Berlusconi mafioso? 11 domande al Cavaliere per negarlo”. Lo firma Max Parisi, allora direttore di Tele Padania ma soprattutto personaggio ambiguo e dai contorni incerti: un istrione di prima grandezza, che in quegli anni impazzava anche sulle tv locali lombarde per fustigare politica e costume degli italiani. Una meteora che, come apparve rapidamente, altrettanto rapidamente è scomparsa. Parisi è perentorio nel suo incipit: “Presento al signor Berlusconi una serie di domande invitandolo pubblicamente a rispondere nel merito con cristallina chiarezza affinché una volta per tutte sia lui in prima persona a dimostrare - se ne è capace - che con Cosa Nostra non ha e non ha mai avuto nulla a che fare”. E via con fuoco di fila di domande che fanno impallidire decisamente al loro confronto le domande poste in tempi più recenti da un altro quotidiano, “La Repubblica”. Ciascuna delle domande serve a porre in evidenza gli elementi di vischiosità nel curriculum personale e professionale di Berlusconi, tornando più di una volta ad adombrare i rapporti con l’organizzazione mafiosa siciliana. Le prime quattro domande riguardano l’origine misteriosa dei capitali serviti a Berlusconi per edificare il quartiere di Milano2, alle porte del capoluogo lombardo.

Parisi sfida il costruttore a rilevare il nome di chi, nel 1968, gli prestò la somma ingente – si parla di oltre trenta miliardi di lire dell’epoca – per rilevare l’area che sarebbe poi stata edificata e, inoltre, lo sprona a spiegare i mutamenti societari, con annessi aumenti di capitali per centinaia di miliardi di lire, occorsi successivamente all’interno delle imprese a lui direttamente riconducibili. Lo stesso chiarimento Parisi lo sollecita in riferimento alla Fininvest, nata dalla fusione di due società omonime, una di Milano e l’altra di Roma. Con la sesta domanda, si affronta la questione della lunga teoria di scatole cinesi – dalla Holding Italiana Prima alla Holding Italiana Ventiduesima – che detengono il capitale delle Fininvest. Un complesso sistema, che sarebbe stato architettato dall’avvocato Umberto Previti, padre di Cesare, apparentemente per pagare meno tasse, garantendo il controllo alla famiglia Berlusconi.

Nel ricondurre la gestione di molte di queste Holding ad una società fiduciaria – la Par.Ma.Fid ndr - Parisi cala l’asso e chiede conto a Berlusconi: “non può non sapere che la Par.Ma.Fid. è la medesima società fiduciaria che ha gestito – esattamente nello stesso periodo – tutti i beni di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa Nostra e grande riciclatore di capitali per conto dei clan di Giuseppe e Alfredo Bono, Salvatore Enea, Gaetano Fidanzati, Gaetano Carollo, Canneto Gaeta e altri boss – di area corleonese e non – operanti a Milano nel traffico di stupefacenti a livello mondiale e nei sequestri di persona”. Altrettanto ficcante e drastica la conclusione del giornalista che si rivolge ancora direttamente a Berlusconi: “Capisce che in assenza di una sua precisa quanto chiarificatrice risposta che faccia apparire il volto – o i volti – di coloro che per anni incasseranno fior di quattrini grazie alla Par.Ma.Fid., ovvero alle quote della Fininvest detenute dalla Par.Ma.Fid. non si sa per conto di chi, sono autorizzato a pensare che costoro non fossero estranei all’altro “giro” di clienti contemporaneamente gestiti da questa fiduciaria, clienti i cui nomi rimandano direttamente ai vertici di Cosa Nostra”.

Il settimo quesito riguarda il settore delle tv private dove il cavaliere si cimentò, subito dopo i primi successi in campo edilizio. Parisi chiede se quest’ultimo non ebbe mai dubbi sulla serietà e moralità della famiglia Inzaranto di Misilmeri, nuovi soci nell’avventura televisiva. Gli Inzaranto, non solo erano i proprietari di Retesicilia Srl, nel cui Cda dal 1980 siede anche Adriano Galliani, ma anche una famiglia organica a Cosa Nostra. Incidentalmente, Parisi ricorda che di Misilmeri era anche la famiglia Azzaretto, tra i soci fondatori della Banca Rasini, per la quale lavorava il padre dello stesso imprenditore, Luigi Berlusconi. Altre tre domande riguardano l’origine degli aumenti di capitali di due società, l’Immobiliare Romana Paltano e l’Immobiliare Idra, riconducibili sempre al cavaliere e l’utilizzo per l’acquisto del calciatore Gianluigi Lentini dal Torino di una finanziaria, la Fimo di Chiasso, chiaramente riconducibile ai palermitani Madonia che se ne servivano come canale di riciclaggio, grazie a Giuseppe Lottusi, arrestato a Milano nel 1991.

Prestanome, questi sconosciuti

L’ultima domanda è argomentata da un ulteriore articolo, di spalla al pezzo principale, sempre a firma di Max Parisi: riassumendo vicende intricatissime e complessi intrecci azionari, l’autore arriva a chiedersi perché, nei passaggi imprenditoriali più importanti della sua carriera, Berlusconi abbia sempre fatto ricorso ad una serie interminabile di prestanome, in larga parte sconosciuti e privi delle qualità professionali, per tenere celata la titolarità delle imprese utilizzate e delle opere da lui portate a termine.Una crepa in questo sistema si stava aprendo nel 1979 quando la Guardia di Finanza andò a chiedere conto e ragione a Berlusconi dei complicati giri di scatole cinesi e di prestanome utilizzati per Milano2. Dalla relazione di servizio emerge come ai finanzieri Berlusconi spiegò, mentendo ovviamente, di essere un semplice consulente esterno. Peccato che l’ispezione dei finanzieri non ebbe ulteriori risvolti. Da rilevare soltanto, come molti già sanno ma spesso e volentieri dimenticano, che il capitano della GdF, Massimo Maria Berruti, responsabile degli accertamenti svolti, si dimise poco dopo dalla Finanza e andò subito a lavorare per la Fininvest, diventando anni dopo deputato per Forza Italia.

A conclusione delle due pagine del giornale, arricchite da foto di Berlusconi, Dell’Utri, Mangano e della Banca Rasini, Max Parisi si rivolge direttamente al fondatore di Forza Italia per sollecitarlo ad un definitivo chiarimento. In caso contrario, non ci sarebbe spazio per accreditare la difesa di Berlusconi di una qualche possibilità di vittoria: “Se lei insiste a tacere su questi fondamentali riscontri che accrediterebbero immediatamente la sua sincerità facendo sprofondare in un abisso di menzogna tutti coloro l’accusano, lei di fatto dona il crisma dello verità a chi “ricorda” i suoi incontri milanesi con Stefano Bonante, a chi “rammenta” i suoi contatti finanziari con Francis Turatello, a chi “spiega” la presenza di Mangano a villa San Martino con ben diverse ragioni dalla cura delle stalle, a chi “parla” dì vorticosi giri di capitali di eroina nella Banca Rasini e altro perfino di peggio”.

Umberto e Silvio, una sola cosa

Pensiamo di rendere un servizio importante alla memoria collettiva, offrendo la trascrizione completa degli articoli di Parisi e la scansione degli originali del quotidiano leghista. Il sito internet del giornale è sparito, mentre è attivo un portale - http://www.padania.org – che, molto stranamente, non offre un servizio archivio, anche a pagamento, dove poter leggere queste e altre pagine pubblicate nel suo recente passato.Potendo leggere per esteso la lunga serie di domande, ciascuno potrà rendersi conto di come le questioni che il giornale della Lega Nord poneva allora all’attuale presidente del Consiglio conservino ancora oggi tutto intatto il loro potenziale dirompente. A tutte quelle domande, ovviamente, Berlusconi non rispose mai. Né la Lega tornò a sollecitare una risposta.A distanza di anni quelle polemiche rientrarono, anzi sparirono del tutto, quasi come se non fossero mai esistite e l’intesa tra Forza Italia – oggi Popolo della Libertà – e Lega Nord è stata temprata da diversi passaggi elettorali vincenti.Oggi Bossi e Berlusconi, si trovano a dover affrontare una nuova crisi. Questa volta sono soli, perché gli alleati di un tempo, Casini e Fini, hanno preso le distanze e, mentre scriviamo, non è dato di sapere quale esito avranno le consultazioni politiche di queste settimane, condite, come scrivevamo all’inizio, da insulti, rivelazioni e gossip.Qualcuno dipinge Berlusconi come ostaggio del Senatur; a noi sembra piuttosto molto chiaro il contrario e, cioè, che il silenzio di oggi della Lega sulle questioni che lei stessa aveva posto in passato sia stato una delle contropartite per la rinnovata alleanza.In tale direzione, per esempio, sarebbe interessante approfondire il salvataggio della Credieuronord, la banca voluta fortissimamente dall’establishment leghista e poi finita in bruttissime acque, da parte di Giampiero Fiorani, il banchiere che nel 2005, alla guida della Popolare di Lodi guida l’allegra combriccola dei “furbetti del quartierino”. Questa però è un’altra storia…

sabato 21 agosto 2010

Aggiornamenti ecclesiastici sul Vaticano contro Vendola

Fonte: www.dagospia.it il sito di Roberto D'Agostino


SESSO DA PAPI - Leone X (1513-1521), portato in lettiga alla cerimonia d’incoronazione per via delle ulcere anali provocate dalla sodomia - L’abate Eugenio di Brest, morto d’infarto mentre copulava con una gallina - Bisognò che Pio V (1566-1572) vietasse alle monache di tenere in convento cani e asini maschi - Benedetto IX, che fu papa a 11 anni, benediceva la sorella mentre questa s’accoppiava con gli altri maschi…. Giorgio Dell'Arti per Il Fatto
Notizie tratte da: Eric Frattini, I papi e il sesso, Ponte alle Grazie, Milano 2010 - 442 pagine, 16,50 euro.



VATICANOLettiga
- Leone X (1513-1521), portato in lettiga alla cerimonia d'incoronazione per via delle ulcere anali provocate dalla sodomia.

Tariffe - L'ecclesiastico che commetta peccato carnale con suore, cugine, nipoti o figliocce oppure con una donna qualunque sia assolto se paga 67 libbre e 12 soldi di multa. Il sacerdote che svergini una fanciulla sia perdonato con 2 libbre e 8 soldi. La monaca che, dentro o fuori dal convento, si sia data a un uomo, o a più uomini, o a più uomini contemporaneamente, paghi per diventar badessa 131 libbre e 15 soldi (istruzioni della
Taxa camarae, istituita dal Papa nel 1517). Imposta Il cullagium, imposta annuale versata dai sacerdoti che volevano tenere una concubina. Ampliata poi da Giovanni XXII ai clerici celibatari.

Martellate - Giovanni VIII (872-882) andava a letto col marito di una nobildonna genovese, i parenti di costei gli servirono perciò delle pernici avvelenate e, non essendo ancora il Papa morto al terzo giorno, gli entrarono in camera di notte e lo finirono a martellate sul capo.

Galline - L'abate Eugenio di Brest, morto d'infarto mentre copulava con una gallina.

Cavalli sus saburre conubium - Giovanni XII (955-963), che nutriva i suoi mille cavalli con mandorle e fichi inzuppati nel vino e morì ventiquattrenne per mano di un marito, ordinava vescovi i bambini, dipoi li deflorava e pervertiva. Asini e cani Il medesimo Giovanni XII organizzava assalti di asini e cani alle puttane.


Gromyko con Paolo VI Cani e asini - Bisognò che Pio V (1566-1572) vietasse alle monache di tenere in convento cani e asini maschi.

Penitenze - Bisognò che il Concilio di Reims (1049) s'occupasse delle penitenze da infliggere a religiosi e laici che si masturbassero, inghiottissero sperma, bevessero mestruo, impastassero pane sul culo delle bambine, o anche tra le cosce delle giovani donne.

Sola - «Una donna, che resti sola con un sacerdote, fugga dicendo che deve andar di corpo» (San Girolamo).

Benedizioni - Benedetto IX, che fu papa a 11 anni, benediceva la sorella mentre questa s'accoppiava con gli altri maschi. Giovanni XXII, al banchetto per le nozze della nipote, fece servire ai cento invitati quattromila porzioni di pane, cinquantacinque pecore, otto maiali, quattro cinghiali, duecento capponi, seicentonovanta polli, quaranta pivieri, trentasette anatre, cinquanta colombi, quattro cicogne, due fagiani, due pavoni, duecentonovantadue uccelletti, tre quintali di formaggio, tremila uova, duemila frutti, undici barili di vino.


PApa Giovanni XIIBanchetto
- Giovanni XII, al banchetto per le nozze della nipote, fece servire ai cento invitati quattromila porzioni di pane, cinquantacinque pecore, otto maiali, quattro cinghiali, duecento capponi, seicentonovanta polli, quaranta pivieri, trentasette anatre, cinquanta colombi, quattro cicogne, due fagiani, due pavoni, duecentonovantadue uccelletti, tre quintali di formaggio, tremila uova, duemila frutti, undici barili di vino.

Pellicce - Clemente VI, volendo celebrare la vittoria sui turchi (1347) utilizzò 1800 pellicce d'ermellino: «68 per i cappucci, 430 per un mantello papale, 310 per un manto, 150 per altri due cappucci, 30 per un cappello, 80 per un cappuccio grande e 88 per mantelli papali» (testimonianza di Francesco Petrarca).

Sotterranei - Urbano IV riunì tutte le prostitute nella cappella sotterranea di Santa Maria, pretese poi di incassare una parte degli introiti. Leone X, che aveva sistemato settemila donne in un quartiere controllato dalle truppe pontificie, esigeva poi il 40 per cento.

Sifilide sus saburre conu - Papa Alessandro VI, detto Papa Sifilide.


Papa Pio XII
Donna - Il nobile tedesco, che venne a trovar Giulio II ragazzo e tornò in Germania donna fatta.


Preti33
Lutero - gli eccessi di Leone X portarono Martin Lutero ad affiggere alla porta della chiesa di Wittenberg le sue novantacinque tesi, per le quali il 3 gennaio 1521 fu scomunicato

Male - «Gli uomini non fanno mai il male così completamente ed entusiasticamente come quando lo fanno per convinzione religiosa» (Blaise Pascal).

...segue su amabile Kossiga



LE VERITA' SULL'ADDAURA - DOPPI SERVIZI

di Ferdinando Imposimato [ 02/06/2010]

Fonte: www.lavocedellevoci.it, periodico diretto da Andrea Cinquegrani



Ci furono i servizi segreti e la massoneria nelle stragi di Capaci e via D'Amelio.
Quando nel 1984 incontrammo nella questura di Roma Tommaso Buscetta, appena giunto dal Brasile dove era stato arrestato da Gianni De Gennaro, Giovanni Falcone ed io facemmo l'impossibile per convincerlo a raccontare tutto sui legami tra mafia, politica, massoneria e poteri occulti. Ma lui, che pure collaborava a tutto campo, fu irremovibile: «non posso - disse - perche' lo Stato non e' preparato ad affrontare un tema cosi' grave che ancora oggi coinvolge persone e istituzioni insospettabili».
Il tentativo di far parlare Buscetta fui costretto ad abbandonarlo, dopo la partenza per Londra e per Vienna. Ma Falcone lo prosegui', sia pure inutilmente. Buscetta non si lascio' convincere, pur avendo grande stima del magistrato di Palermo. Molti uomini delle istituzioni, dei servizi segreti, della politica e del governo del paese, legati a Cosa Nostra, erano saldamente ai loro posti di comando. Solo dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, Buscetta decise di rivelare i retroscena dei piu' gravi delitti di mafia e di fare i nomi dei politici, dei massoni e degli uomini dello Stato nemici di Falcone e di Paolo Borsellino.
Oggi capisco che aveva ragione Buscetta: nessuna delle verita' che egli rivelo' nel corso dei processi di Palermo e di Perugia fu confermata da sentenze di condanna. Le sue testimonianze precise e circostanziate sui legami mafia-politica-massoneria furono disintegrate. Nonostante le decine di conferme di altri mafiosi, che pure erano stati ritenuti attendibili per tutte le altre accuse contro i loro complici per omicidi e stragi. Nel 1992 Buscetta riprese a parlare davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia, di cui facevo parte anche io, sia pure in posizione di isolamento, tanto che la mia relazione sull'Alta Velocita' non venne mai discussa, neppure dalle commissioni presiedute da Ottaviano Del Turco e da quelle che seguirono.

OCCORSIO E I MASSONI
Ma la rivelazioni di oggi non inducono all'ottimismo. Quelle degli anni ottanta e novanta furono insabbiate. Davanti a due pubblici ministeri di Palermo Buscetta rivelo', nel dicembre 1994: «ad uccidere Borsellino e' stata Cosa Nostra, ma le ragioni della strage vanno al di la' degli interessi stretti della mafia». Il pentito chiari' che Borsellino stava venendo a conoscenza da Gaspare Mutolo di verita' scottanti. Ma di quelle dichiarazioni non si fece nulla; i colpevoli restarono “ignoti”.
A maggio 1993, parlando con il giornalista Raffaele Lo Sardo del settimanale il Sabato sulla strage di Capaci, dissi cose che ancora oggi mi sorprendono. Parlai delle indagini che, come giudice istruttore, stavo conducendo con il pm Vittorio Occorsio su alcuni casi di sequestri di persona. Scoprimmo che alcuni terroristi e criminali erano appartenenti alla massoneria. Non mi resi conto della importanza del collegamento, ma Occorsio si'. E mori'. La mia condanna a morte fu pronunciata tre anni dopo. A quel tempo svolgevo anche indagini su Michele Sindona e P2, connesse con quelle di Falcone a Palermo. Ma Falcone era molto piu' avanti di me: aveva scoperto la loggia Camea di cui faceva parte Pierluigi Concutelli, tessera 4070, assassino di Occorsio.
Del resto, la scoperta della Loggia Camea a Palermo fu l'inizio della fine di Falcone, come egli stesso presagiva. Egli aveva capito che la massoneria era il collante dei vari poteri criminali con la politica e le istituzioni. Venne alla luce che il falso sequestro di Sindona - usato dal banchiere di Dio e dai complici mafiosi per costringere i suoi beneficati a salvare le sue banche - era stato organizzato da Cosa Nostra e da massoni: personaggi, come Joseph Miceli Crimi e Giacomo Vitale erano mafiosi e massoni. Quando mandai a Falcone, per competenza, il processo contro Michele Sindona, contro cui procedevo per simulazione di sequestro, il quadro divenne completo e allarmante.
Ma il pericolo per lui e per me aumento' a dismisura. Non ebbi la percezione di cio' che stava accadendo attorno a me. A raccontarlo al giudice Otello Lupacchini nel 1991 fu il mafioso Antonio Mancini, uomo della banda della Magliana. Costui disse che verso la fine del 1979, in occasione di un incontro conviviale, «in un ristorante di Trastevere, l'Antica Pesa o Checco il carrettiere», assieme a Danilo Abbruciati, a Edoardo Toscano, ai fratelli Pellegrinetti, a Maurizio Andreucci e a Claudio Vannicola, mentre si discuteva del controllo del territorio del Tufello per il traffico di stupefacenti, Danilo Abbruciati parlo' ai commensali «di un attentato alla vita del giudice Ferdinando Imposimato». Dal discorso di Abbruciati - spiego' Mancini - si capiva che non si trattava di un'idea estemporanea: era evidente che erano stati effettuati dei pedinamenti nei confronti del magistrato e della moglie; che erano stati verificati i luoghi nei quali l'attentato non avrebbe potuto essere eseguito con successo. «Quando sentimmo il discorso che si fece a tavola, io e Toscano pensammo che l'attentato dovesse essere una sorta di vendetta per l'impegno profuso dal magistrato nei processi per sequestri di persona da lui istruiti e che avevano visto coinvolti i commensali, i quali parlavano del giudice Imposimato definendolo “quel cornuto che ci ha portato al processo”». «Successivamente - chiari' Mancini - parlando dell'attentato ai danni del giudice Imposimato, Danilo Abbruciati mi spiego' che, al di la' delle ragioni personali che pure c'erano, aveva ricevuto una richiesta in tal senso “da personaggi legati alla massoneria”, dei quali il giudice Imposimato aveva toccato gli interessi».
Cosi' verbalizzo' Mancini al giudice istruttore Lupacchini.

DUE AGENTI DEI SERVIZI
In seguito, durante le indagini su Giulio Andreotti per l'omicidio di Mino Pecorelli, il procuratore della Repubblica di Perugia accerto' che alla riunione, nel corso della quale si era parlato dell'attentato a me, avevano partecipato due uomini dei servizi segreti militari di cui Mancini fece i nomi: incriminati e rinviati a giudizio per favoreggiamento nel processo Andreotti. Senonche' i due mi avvicinarono prima della sentenza dicendomi che «loro due non c'entravano niente con quella riunione» e che «c'era stato uno scambio di persone da parte di Mancini, altri due uomini del servizio avevano preso parte a quell'incontro in cui era stata decisa la mia condanna a morte». Ovviamente non riuscii a stabilire chi fossero i due agenti segreti partecipi della decisione. Restava il fatto che c'era stato un summit tra agenti segreti e mafiosi della Magliana per eliminare, su ordine della massoneria, il giudice che istruiva il processo Moro.
Quanto a Falcone, era assediato da sospetti infondati, propalati ad arte da mafiosi e loro alleati. Era addirittura accusato di favorire i pentiti che collaboravano con lui. Fu inquisito dal Csm, che lo interrogo' sulle sue “inerzie”. L'accusa era di non avere, nonostante le prove - che non c'erano - arrestato alcuni imprenditori vicini a Cosa nostra. Falcone lascio' gli uffici di Palermo e si trasferi' a Roma, alla direzione degli Affari Penali. Ma il “vizio” di indagare su mafia e massoneria non lo abbandono'.
Ad una domanda del giornalista del Sabato sulle inchieste di Falcone, risposi: «Falcone e' stato ammazzato per quello che aveva fatto, che stava facendo e che voleva fare: contro i tanti poteri occulti intrecciati ai poteri collegati, usando la Procura Antimafia, che era una sua creatura». Domanda di Lo Sardo: «Per esempio?». Risposta: «L'Italia e' anche il paese della strategia della tensione, dello stragismo e di Gladio: ci sono tante pagine di verita' ancora da scrivere. Se ripercorriamo certi sentieri, possono aprirsi squarci di luce sulla storia recente e passata». Domanda: «Vuol dire che Falcone voleva occuparsi anche di Gladio?». Risposta: «Si', voleva occuparsi anche di Gladio». Domanda: «Come fa ad affermarlo?». Risposta: «Conoscevo Giovanni Falcone. Sono stato suo amico fraterno e collega per vent'anni. So bene come la pensava su queste cose».

MISTERI NEL SEGNO DI GLADIO
Gladio significava Servizi segreti guidati dai piduisti Giuseppe Santovito e Giulio Grassini, voluti, nel gennaio 1978, da Francesco Cossiga, ministro dell'interno, e Giulio Andreotti, presidente del consiglio. Che avevano inserito affiliati alla P2 ai vertici dei ministeri, sostituendo funzionari leali come il prefetto Gaetano Napoletano e il questore Emilio Santillo.
Ma la morte di Falcone ebbe una accelerazione dopo la lettera dell'8 novembre 1982 al presidente della Commissione P2, Tina Anselmi. «Con riferimento alla nota n. 850 /c P2 del 15 ottobre 1982, pregiomi comunicare che nel corso di indagini su organizzazioni mafiose siciliane, e' emerso che alcuni personaggi, appartenenti a cosche mafiose, avevano operato per il trasferimento di Michele Sindona da Atene a Palermo nell'agosto 1979: trattasi di Giacomo Vitale e di Francesco Fodera', entrambi latitanti. Costoro fanno parte della nota Loggia Camea, il cui capo e' il dott. Gaetano Barresi, arrestato su mandato di cattura dei giudici Giuliano Turone e Gherardo Colombo».
Paolo Borsellino, al momento della sua morte, stava proseguendo la ricerca della verita' iniziata assieme a Falcone sugli stessi temi scottanti.
Sono trascorsi venti anni da allora. Ercole Incalza, da me denunziato nella relazione sulla Tav per la questione dei grandi appalti a Cosa nostra e alla camorra, ha fatto carriera. Mentre si riparla delle stesse indagini compiute da Falcone e Borsellino. E apprendiamo - ma lo si sapeva da allora - che la strage dell'Addaura, organizzata da mafia e agenti nemici di Falcone, fu evitata grazie al coraggioso intervento di due uomini fedeli a Falcone: Nino Agostino, che scopri' collusioni tra poliziotti e mafiosi, ucciso assieme alla moglie; e Emanuele Piazza, collaboratore del servizio segreto civile, strangolato il 15 marzo 1990, pochi mesi dopo l'attentato dell'Addaura. Una infinita' di depistaggi e di omicidi impedirono l'accertamento della verita', quella verita' che ancora oggi, nonostante il bel libro di Attilio Bolzoni e la coraggiosa inchiesta di Annozero, stenta a venir fuori.

giovedì 19 agosto 2010

Last news from Nichi



Lo scenario attuale visto da Nichi


«C’è un clima pazzesco, un’aria irrespirabile. Non pongo la premessa come clausola di stile, ma come problema di cultura politica. Non solo a destra, anche a sinistra quando si manifestano posizioni forse discutibili, magari eccentriche rispetto alla realpolitik si scatena l’intolleranza. Da quando ho posto il tema – ho accettato di assumere su di me la proposta che correva di bocca in bocca, di sguardo in sguardo – parlo della mia candidatura alle primarie, sono stato oggetto di attacchi con risvolti psicanalitici, psichiatrici, sociologici, molti si sono improvvisati miei biografi in un coro tutto sopra le righe, fuori asse. È un problema generale, di tutta la politica, e riguarda il modello di relazioni umane che abbiamo in mente. Discutiamo politicamente delle nostre idee senza dedicare tempo al gioco al massacro, alla brutalizzazione.Capisco che un gruppo di cattolici integralisti faccia tiro a segno nei miei confronti ma capisco meno una parte della sinistra che si comporta così.

Chiedo: chi ha paura del popolo democratico? Il mio invito a non mollare le primarie significa questo: investire sul popolo di centrosinistra del quale i militanti del Pd sono la parte più importante e generosa. Non propongo furbate o giochi d’azzardo. In fondo ogni volta che il ceto politico ha deciso di cedere una quota del proprio potere in favore del processo democratico è stato un fatto straordinario e sorprendente, anche quando l’esito sembrava predefinito. Capisco che ci sia chi preferisce mantenere le rendite di posizione. Due sono le paure che mi pare di scorgere: quella della detronizzazione, e il fatto che la costruzione dei programmi esca così dai circuiti ristretti e diventi collettiva. In parte questo è già accaduto con la Fabbrica del Programma di Romano Prodi. Il politicismo è asfissiante. Se potessimo invece dare parola ai saperi, ai talenti per far parlare la realtà della vita: che modello di ricostruzione si è applicato all’Aquila dopo il terremoto; che intendiamo fare delle risorse idriche; i processi di desertificazione dei bacini del mediterraneo; mettere a confronto modelli formativi… parlare di tv non solo come lotto politico da occupare ma come veicolo della costruzione delle coscienze e dell’immaginario collettivo. Vedo invece un balletto di formule ereditate pari pari dalla prima Repubblica.Siamo di fronte ad una crisi mondiale, europea e alla dissoluzione del nostro paese. Abbiamo il dovere di alzare lo sguardo, di fare una discussione non legata al culto della contingenza. Se anche un grande realista come Alfredo Reichlin invita a un nuovo, più alto orizzonte, a una nuova antropologia e ci domanda se interessi ancora la sinistra come nicchia e bottega o se non di debba piuttosto riprendere in mano la missione per il destino di un paese… E invece qual è la discussione oggi: chi tra i protagonisti della politica sia vecchio e chi nuovo? La domanda è un’altra: come si fa a liberare il castello dalla presenza ingombrante del sovrano senza misurarsi col guasto morale che infetta tutto il regno? E come si chiude il ciclo del berlusconismo: con un colpo di palazzo o di teatro, o piuttosto con un rendiconto, anche aspro, su ciò che è accaduto nella società? La diatriba su voto subito o governo tecnico, certo. Io non sono in Parlamento, non ho deputati e senatori, faccio un ragionamento politico: se ci fossero le forze e il coraggio per mettere in campo una transizione capace di liberarci di un’ipoteca come la legge elettorale non potrei che brindare e compiacermi del pentimento di chi diceva che il proporzionale è la panacea di tutti i mali.

Ma non accetto l’idea di un governo di transizione che prosegua nel solco di chi ha operato la macelleria sociale di Tremonti. Un patto col diavolo? Il problema è intenderci sulla missione. Bisogna anche considerare il livello del danno, per dirla con Josephine Hart: “Ci si vergogna solo la prima volta”. Questo è un regime che non si vergogna più di niente, bisogna opporsi a questa guerra civile a bassa intensità combattuta dentro i palazzi del potere a colpi di dossier, di violenza verbale, di menzogne. È il sintomo di una decadenza gravissima: deposita nel Paese uova di serpente. Dunque, il diavolo.

Parliamo dell’ipotesi di una grande aggregazione in funzione antiberlusconiana, dunque anche di un cartello elettorale? È in corso lo squagliamento del centrodestra come lo abbiamo conosciuto. Fini è pure espressione di una destra: democratica, sì, europea. Il Cln mi pare un’elucubrazione estiva. Di fonte allo spettacolo del dissolvimento del fronte avverso cosa fa la sinistra intesa come luogo del nesso lavoro-libertà-conoscenza? Lo chiedo con affetto a Bersani. Abbiamo interesse a mettere in campo, dentro questa sinistra, un’agenda di temi e di processi che lasci da parte i giochi delle belle statuine delle tante sinistre, i riformisti e i radicali, gli antagonisti e i moderati? Un gioco che avvantaggia certo le rendite di posizione ma produce paralisi del sistema: è il male che ha già divorato l’Ulivo, non ripetiamolo. La grande alleanza non deve essere l’Arca di Noè che consenta a ciascuno di salvarsi: non lavoriamo per il ceto politico ma per il Paese.Ho grande affetto per Prodi, temo che in politica non si diano mai secche repliche del passato ma le suggestioni del prodismo, pur con tutti gli errori commessi, ha portato una politica con grandi potenzialità espansive. Se Berlusconi è stato il responsabile della narcotizzazione televisiva, della deresponsabilizzazione di massa il rovesciamento del sistema che ha creato deve partire da un nuovo grande protagonismo democratico. Sono mortalmente stufo delle diatribe simbolico-ideologiche all’interno della sinistra: non hanno più tempo né luogo. Io non mi batto per una sinistra minoritaria, mi batto per vincere. Non bisogna avere paura della nostra gente, allora. È con la nostra gente che vinceremo, insieme a loro e grazie a loro»

News massoniche



“ GIU’ LA MASCHERA, FRATELLO”


DI VINCENZO MULE’
terranews.it

«Silvio Berlusconi è un massone e intrattiene ancora rapporti con la massoneria italiana e internazionale». In una lettera, le rivelazioni di Gioele Magaldi, leader del Grande Oriente Democratico.

Il Venerabile Gioele Magaldi è stato di parola. Nel corso di un’intervista andata in onda durante il programma di Radio 24 “La Zanzara”, il leader del Grande Oriente Democratico aveva annunciato una lettera aperta a Silvio Berlusconi. Che è apparsa ieri direttamente sul sito curato dallo stesso massone (www.grandeoriente-democratico.com). Origine del suo potere, relazioni scottanti e rapporti compromettenti. C’è tutto nella missiva, comprese pesanti minacce nel post scriptum. «Caro Fratello Silvio, con questa Lettera Aperta n.1 (ne seguiranno altre, perché la “posta in gioco” è piuttosto complessa e importante) cercherò di aiutare Te a recuperare memoria e consapevolezza degne di un aspirante statista (sono quasi 20 anni che “aspiri”…)».

A seguito, "Lettera aperta al fratello Berlusconi" (Gioele Magaldi, grandeoriente-democratico.com);

Nell’intervista a Radio 24, Magaldi specificava che «lo chiamo fratello perché è ancora un fratello. I suoi rapporti con la massoneria non sono mai cessati. Berlusconi è un massone a tutti gli effetti e continua a frequentare la massoneria, italiana e internazionale». Secondo Magaldi, esisterebbe una sorta di intesa tra la dirigenza della massoneria e l’attuale premier, che «ha costruito un sistema di potere che non avrebbe potuto costruire senza l’apporto di determinati ambienti massonici. Berlusconi – continua Magaldi – ha bisogno di un network per gestire il potere». La P3 «non esiste dal punto di vista formale. Esiste un sistema di massoni all’orecchio che non appaiono su elenchi ufficiali e fanno parte di una loggia coperta, che si occupa di orientare la vita politica del Paese».

Poi, la stoccata finale: «E’ impensabile che Dell’Utri, Verdini e Carboni si muovevano autonomamente. Berlusconi è un loro capo. Un altro andrebbe cercato in ambito della massoneria internazionale». Come spesso accade quando si affronta questo argomento, si tratta di dichiarazioni di difficile verifica. Anche se il contenuto della lettera aperta pubblicata ieri aggiunge altra carne al fuoco, quando viene ricordato il rapporto privilegiato che Berlusconi ebbe «con il Gran Maestro Armando Corona (1982-1990)», «gli amabili incontri e colloqui che avesti con lui nel corso di molti anni, alla presenza di altri “estimatori” della Via Iniziatica Massonica, come il Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga e i tuoi amici Flavio Carboni e Giuseppe Pisanu, per tacere di tanti altri…».

E, soprattutto, «le relazioni ancora più significative con certi ambienti del milieu massonico internazionale, maturate dal 1992-93 in poi e di anno in anno sempre più rafforzatesi e perfezionatesi». Secondo Magaldi, il Berlusconi arruffone e simpatico barzellettiere sarebbe solo «un velo di Maya», una sapiente maschera con cui dissimulare «la tua autentica cifra come Uomo, come Iniziato, come Massone». Per Magaldi, «la natura reale della tua strategia e delle tue tattiche verso la Presa, la Ri-Presa e la Conservazione del Potere imprenditoriale, mediatico e politico in Italia (dagli anni settanta e fino ad oggi) è stata scandita da rapporti e relazioni con precisi personaggi, cenacoli e logge dell’establishment massonico mondiale. ».

La lettera prosegue con una panoramica sullo scenario politico italiano, il ruolo della massoneria e un’esortazione ai leader del centrosinistra. Per concludersi con un post scriptum illuminante: «Che non venga in mente al Fratello Silvio Berlusconi e/o al Fratello Gustavo Raffi e/o a qualche loro scagnozzo o cortigiano di intraprendere azioni improprie e illegali nei riguardi di nessun membro di Grande Oriente Democratico… Primo: non siamo gente che “porge l’altra guancia”; secondo: per ogni “azione” simile c’è il rischio di una reazione dieci volte più incisiva e dolorosa; terzo: credeteci, non ci sono le condizioni internazionali perché vi possiate consentire “certe libertà”. Rischiereste di farvi molto, ma molto male e di screditarvi definitivamente dinanzi a chi vi osserva e vi giudica, con la piena autorità per farlo. E la forza necessaria a sanzionarvi pesantemente».

Vincenzo Mulè
Fonte: www.terranews.it
Link: http://www.terranews.it/news/2010/07/«giu-la-maschera-fratello»
27.087.2010

LETTERA APERTA AL FRATELLO BERLUSCONI, DA GIOELE MAGALDI

Dal sito Grande Oriente Democratico
http://www.grandeoriente-democratico.com/lettera_aperta_n1_al_Fratello_Silvio_Berlusconi_del_26_luglio_2010.html
(in grassetto ho sottolineato le parti che mi hanno colpito).
Paolo Franceschetti

Fonte: http://paolofranceschetti.blogspot.com
Link: http://paolofranceschetti.blogspot.com/2010/07/lettera-aperta-al-fratello-berlusconi.html
27.07.2010

Lettera Aperta n.1 al Fratello Silvio Berlusconi del 26 luglio 2010 (Ed Esortazioni a Bersani, D’Alema, Veltroni, Di Pietro, Casini, Rutelli) di Gioele Magaldi

Caro Fratello Silvio,

mettiamola in questi termini: con questa Lettera Aperta n.1 (ne seguiranno altre, perché la “posta in gioco” è piuttosto complessa e importante) cercherò di aiutare Te a recuperare memoria e consapevolezza degne di un’aspirante statista (sono quasi 20 anni che “aspiri”…) e tenterò di ispirare nei (talora distratti e negligenti) media nazionali qualche nozione più precisa sul tuo percorso esistenziale e politico. Un’opera utile, spero, a beneficio di storici e cronisti; valida sia per l’”illuminazione” dei contemporanei che per le ricerche/analisi dei posteri, che altrimenti sarebbero irrimediabilmente falsate e mistificate ad Arte.

Non starò a ricordarTi che l’iniziazione massonica - quale tu avesti il privilegio di ottenere direttamente dal Gran Maestro “Emerito” Giordano Gamberini alla fine degli anni settanta, a Roma, alla presenza del Fratello Licio Gelli e di diversi tuoi amici già Fratelli Piduisti - è indelebile, una volta conferita. Indelebile come ogni ordinazione sacerdotale e misterica.
Non starò a ricordartelo perché tu lo sai bene e lo hai sempre saputo, a partire dalle illuminanti parole usate, durante il rito iniziatico da Lui officiato, da Gamberini in persona.
A partire dai “ripassi” in materia che ebbe a regalarti generosamente il Gran Maestro Armando Corona (1982-1990), durante tutti gli amabili incontri e colloqui che avesti con lui nel corso di molti anni, alla presenza di altri “estimatori” della Via Iniziatica Massonica, come il Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga e i tuoi amici Flavio Carboni e Giuseppe Pisanu, per tacere di tanti altri… Soprattutto, a partire dalle relazioni ancora più significative con certi ambienti del milieu massonico internazionale, maturate dal 1992-93 in poi e di anno in anno sempre più rafforzatesi e perfezionatesi.
Per non parlare delle tue letture e dei tuoi “studi”, sapientemente dissimulati, su tanti aspetti dell’Esoterismo in generale e della Massoneria in particolare. Su questo punto, bisogna dare atto al Presidente Cossiga che egli ha sempre saputo aiutarti e sostenerti nella tua opera dissimulatrice…
In molte famose interviste (su quotidiani o libri), il Presidente Emerito della Repubblica ha sempre minimizzato la tua esperienza libero-muratoria, esprimendosi pressappoco così: “Ma Berlusconi bada al potere e ai soldi…che volete che gliene importa di riti esoterici, dei miti antico-egizi di Iside e Osiride…”. Eh, no Presidente Cossiga! Al Fratello Silvio importa parecchio dei “riti, dei miti, della magia e delle sette esoteriche”, per non parlare delle componenti “filo-egizie ed ermetiche” della sua Weltanschauung. Ma su questo ritornerò fra breve.
Caro Fratello Silvio, i miei complimenti per la tua straordinaria capacità da vero “Mago Ermetico” (quasi un novello Prospero shakeasperiano…)…
Il “Velo di Maya” con cui- da anni- hai saputo occultare tanti aspetti della tua personalità è davvero molto ben tessuto; con una “trama“ spessa e resistente…
Ci sono cascati in tanti, soprattutto i più sprovveduti antagonisti del centro-sinistra (politici, opinionisti, editorialisti, giornalisti, vignettisti, autori di satira, etc.), ma anche diversi personaggi “ritenuti indegni di superiori rivelazioni”, all’interno della tua variopinta Corte di satrapi, maggiordomi, camerieri, nani e ballerine… Tutti però-anche se non messi a parte dei segreti della schiera più intima di adepti-innalzati a ruoli istituzionali, in virtù delle tue ben coltivate “doti taumaturgiche”, in grado di innalzare “i poveri di spirito” e di trasformare “la feccia e il piombo in oro”. Però, adesso che si avvicina il redde rationem con la Storia e con l’Ultima Grande Iniziazione (quella che passa per gli Inferi e per mondi ultra-terreni), mi permetterai di rendere giustizia a taluni tratti alti e nobili del Tuo percorso umano ed esistenziale, liberandoti una volta per tutte da quella sapiente “maschera dissimulatrice”, che pure ti è stata tanto utile nel consolidamento del tuo Potere terreno.
Insomma caro Fratello Silvio, gliele vogliamo svelare o no un po’ di cosucce sul “Berlusconi Occulto” a tutti quei politici, servitori dello Stato, faccendieri e giornalisti che, da qualche tempo, consultano quotidianamente (e persino di ora in ora) il sito www.grandeoriente-democratico.com , in attesa (o nell’aspettativa terrorizzata…) di rivelazioni gustose sul back-office del Potere italiota?
Certo, alcuni politici e uomini di Stato italiani (di destra e di sinistra) plaudono all’ “Operazione Democrazia, Verità e Trasparenza” del mio Gruppo (Grande Oriente Democratico) e i più liberi e indipendenti tra i giornalisti non si sono risparmiati nel raccogliere puntualmente le notizie e le analisi che da Parte Nostra venivano offerte all’opinione pubblica.
Ma da parte della maggioranza degli operatori mediatici, regna ancora, nei riguardi della nostra Operazione, un “silenzio assordante”…
Come mai, persino dopo l’intervista concessa dal sottoscritto al prestigioso settimanale “VANITY FAIR” (per leggerla sul nostro Sito, clicca su: 21 luglio 2010. Intervista del settimanale “VANITY FAIR” a Gioele Magaldi, by Francesco Esposito ) o dopo l’intervista concessa al seguitissimo programma “LA ZANZARA” di Giuseppe Cruciani su Radio 24 (per sentire l’audio dell’intervista su nostro Sito, clicca su 22 luglio 2010. INTERVISTA AUDIO di Gioele Magaldi su RADIO 24 (Radio del SOLE 24 ORE), nessuna agenzia di stampa ha ripreso i contenuti più che meritevoli di approfondimento, trattati in quelle sedi?
Nessuna agenzia di stampa ufficiale e nessun quotidiano, almeno finora. Solo la preziosissima e insostituibile (se non ci fosse, bisognerebbe inventarla: lode al genio di Roberto D’Agostino) DAGOSPIA ha ripreso l’intervista su VANITY FAIR. E l’ANSA o l’ADN-KRONOS? Sempre così sollecite nel “notiziare” persino gli starnuti del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Gustavo Raffi o qualunque inezia sul conto di Silvio Berlusconi, come mai stavolta non hanno “lanciato” nemmeno una riga di commento?
E’ così aggravato lo stato censorio o auto-censorio del giornalismo italiano? In questi giorni, fiumi di parole inutili, ridondanti e inconcludenti (sui TG come sulla carta stampata) su comparse, comparsine, aneddoti e cronache tautologiche sui presunti misteri della P3, e quando forse Vi si offre l’occasione di fare “vera luce” e “vera informazione” su quanto è accaduto e sta accadendo a monte di questa ormai famigerata inchiesta, tutti “sordi, ciechi e muti” come le tre scimmiette della tradizione?
No, Caro Fratello Silvio, mi concederai che così proprio non va…
Cerchiamo perciò di squarciare il “Velo di Maya” e di offrire al torpore degli organi di informazione di massa italioti qualche occasione di risveglio dalle mollezze estive (anche all’epoca di Tangentopoli, la “macchina informativa” fu lentissima a mettersi in marcia a pieno ritmo… e lo fece solo quando direttori, redattori, inviati e cronisti si resero conto che i loro Padrini della Prima Repubblica erano ormai prossimi al crollo definitivo… Che bell’esempio di giornalismo libero, coraggioso e indipendente…!!!).
Allora, come promesso, regaliamo qualche “chicca” sul “Berlusconi Occulto”. Vedrai, Fratello Silvio, che alla fine ci sarai grato per averti “riabilitato” rispetto all’immagine “macchiettistica” che viene offerta di te da certa stampa “filo-kommunista”.
Questa immagine da “pragmatico uomo di potere, super-piazzista fortunato, gaffeur un po’ grossier, uomo ignorante e un tantino volgare, benché vincente ed efficace, è stata una MASCHERA eccellente con cui dissimulare la tua autentica cifra come Uomo, come Iniziato, come Massone.
Una Maschera che ti è servita fino ad oggi, ma che sarebbe un peccato rimanesse intatta per coloro che dovranno in futuro raccontare la non comune storia della tua vita.
La Storia di un Grande Manipolatore di energie materiali, ma soprattutto spirituali, almeno secondo ciò di cui tu stesso sei convinto e di cui sono convinti gli adepti più intimi del tuo entourage…
Perciò, prima di dedicarci alla parte “ammonitoria” e “diffidante” di questa Lettera Aperta, consentimi di offrire al pubblico qualche onesta visione del Silvio Segreto…

1. Fanno persino sorridere le modalità approssimative e incerte con le quali alcuni giornalisti e/o studiosi hanno infine messo in luce la natura “iniziatica” e “massonica” del complesso di Villa Certosa in Sardegna (Residenza da Te personalmente curata, nella realizzazione, sin nei minimi dettagli) o del Tuo Mausoleo funebre ad Arcore, all’interno di Villa San Martino. Persino l’autorevole Prof. Marcello Fagiolo - che meglio di altri ha spiegato la natura esoterico-massonica del Mausoleo funebre voluto per sé e i suoi più fidi adepti dal Fratello Silvio Berlusconi - non ha dato una lettura ermeneutica esaustiva e completa di questo e di altri complessi architettonici fatti realizzare con convinto piglio da Libero Muratore dall’attuale Presidente del Consiglio italiano. Di una esplicazione compiuta e filologicamente rigorosa delle realizzazioni paesaggistico-architettoniche di significato massonico-iniziatico del Fratello Silvio, ci occuperemo ben presto Noi di Grande Oriente Democratico. Per rendere effettivo omaggio al genio latomistico di questo Fratello, se non altro.
. 2. Caro Fratello Silvio, vogliamo “rivelare” alla pubblica opinione i tuoi robusti interessi in fatto di Astrologia? Vogliamo dire che non soltanto hai sempre avuto attorno a te (sedicenti) esperti di questa antica Scienza Iniziatica - consultati ad ogni piè sospinto - ma tu stesso ne sei un appassionato cultore? E diciamolo, via! Mica ti vorrai portare tutti questi segreti nel Mausoleo Massonico… .

3. Vogliamo rivelare che la tua idea di come usare il “mondo delle immagini” (Maya=Magia) per formare, guidare, trasformare, manipolare pulsioni, sentimenti, convinzioni delle masse di “spettatori”, lungi dall’essere una casuale idea di un pragmatico imprenditore si fonda su ben radicate convinzioni di manipolazione spirituale delle energie “lunari” del “popolo”. Magari, in seguito, faremo il nome di qualcuno dei fraterni consulenti che, nel tempo, ti hanno aiutato a diventare forse il più significativo “Grande Fratello” (in senso orwelliano-massonico) nel mondo dei Media… E citeremo le letture e gli studi cui Tu e qualche tuo Fraterno Amico e Adepto vi siete ispirati e continuate ad ispirarvi…
4. Anticipiamo, una volta per tutte, Caro Fratello Silvio, che la natura reale della tua strategie e delle tue tattiche verso la Presa, la Ri-Presa e la Conservazione del Potere imprenditoriale, mediatico e politico in Italia (dagli anni settanta e fino ad oggi) è stata scandita da rapporti e relazioni con precisi personaggi, cenacoli e logge dell’establishment massonico mondiale. Non sempre ciò è avvenuto come mi sembra sarebbe dovuto avvenire in una Democrazia liberale occidentale e certo non con quella “trasparenza e pubblicità” che si addice ad un aspirante uomo di governo e statista. Qualora si rendesse necessario, su questa vicenda il Gruppo di “Grande Oriente Democratico” si riserva di fare ampia e graduale luce, a beneficio dei cittadini italiani e dell’opinione pubblica europea e mondiale.

Dopo aver cominciato a ristabilire la Tua autentica “cifra” di “Grande Fratello” con un invidiabile percorso spirituale e filosofico di schietta natura iniziatica e massonica (altro che “ragazzo coccodè”, come ingenuamente ebbe a chiamarti Eugenio Scalfari e come talora sei riuscito a dissimularti volontariamente, assumendo i connotati innocui e bonari del “barzellettiere brianzolo”) e dopo averTi restituito alla natura più autentica della Tua straordinaria esperienza esistenziale, non mi negherai certo il (Fraterno) Diritto di rivolgerti-anche a nome del Gruppo “Grande Oriente Democratico” che indegnamente mi pregio di servire- alcune precise “DIFFIDE” e “AMMONIZIONI”.

1. Intanto, come ben sai (o ti hanno tenuto all’oscuro?), proprio a partire d’oltre Atlantico, dalla Prima Repubblica Democratico-Massonica al mondo, è in atto un ambizioso progetto di rigenerazione e rivoluzione delle dinamiche (invero poco commendevoli) politiche e culturali dominanti nell’era del Figlio del Fratello Bush Senior (2000-2008). Basta con certi intrallazzi profittevoli ma vergognosi e basta con il supporto a regimi politici occidentali che tendano a trasformarsi in “Democrature” stile repubblica delle banane…

. 2. Difficilmente potrai apostrofare il sottoscritto Fratello Gioele Magaldi come un tuo “critico-oppositore” di ascendenza/derivazione “comunista”. A differenza di tanti neofiti democratici dell’odierna sinistra italiana (post-comunisti a tutti gli effetti), chi Ti scrive, pur avendo all’epoca un Padre iscritto al PCI (ora approdato a posizioni ben più liberali), sin dai suoi 14 anni e per tutti gli anni di frequentazione al Liceo Tasso di Roma (anni ’80) se davanti alla scuola vedeva i comunisti della FGCI, gli autonomi di Autonomia Operaia e i fascistelli del Fronte della Gioventù solidarizzare insieme indossando la kefiah e berciando contro Israele, volentieri li prendeva tutti a calci nel c… Questo perché il sottoscritto era allora, è adesso e morirà quando sarà l’ora come un convinto socialista liberale e libertario, un democratico, insofferente di tutti i dispotismi e tutti gli autoritarismi, sia quelli di marca fascista che quelli di ispirazione stalinista. Chi Ti scrive questa Lettera Aperta era ed è filo-israeliano senza essere ebreo (il nome “Gioele” sta a testimoniare l’amore disinteressato per la cultura ebraica dei miei genitori, il cognome “Magaldi” ha antiche origini fiorentine, essendo proprio di una famiglia patrizia toscana di Priori del Comune di Firenze e Costruttori di chiese cattoliche, peraltro imparentata con Dante Alighieri, la cui nipote sposò appunto un Magaldi). Chi Ti scrive è “cattolico” senza essere clericale, baciapile e senza puzzare di sacrestia o piegarsi davanti alle ingerenze illiberali e confessionali della Curia e della CEI. Chi ti scrive è filo-amerikano (con il “K”) senza essere indulgente con quei politici o Fratelli statunitensi che hanno tradito gli ideali dei Fratelli Massoni Padri Costituenti diverse volte nel corso del XX e agli inizi del XXI secolo… Come nel caso dei supporti alle dittature di Pinochet o Videla o alle diverse porcherie sciamannate combinate dal Tuo amico George Bush Junior… Chi Ti scrive è filo-israeliano, senza rinunciare all’idea che, quando la Palestina non sarà più governata dai terroristi di Hamas, sarà auspicabile procedere alla creazione di uno stato palestinese democratico e laico che possa essere indipendente da Israele, mantenendo con esso buone relazioni economiche, diplomatiche e politiche; nella convinzione, anzi, che Turchia (magari non più governata-male-dal Tuo amico Erdogan), Israele e Palestina possano un giorno far parte ufficialmente dell’Unione Europea. Chi Ti scrive, in conclusione, è un Tuo Fratello Massone che non potrai liquidare facilmente come un contestatore prevenuto, animato da odio irragionevole e incapacità di comprendere le tante e belle realizzazioni (ma quali?) che avresti (ma quando e dove?) compiuto da quando sei in Politica (troppi anni, scarsi risultati: gli italiani stanno meglio o peggio di prima, da quando tu sei sceso in campo prima con Forza Italia e poi col PDL? La risposta sincera a questa domanda la conosci benissimo… e al Tuo Fratello Gioele puoi dare solo risposte sincere… ne va del tuo ONORE di INIZIATO…). Fai inoltre sapere al tuo fido collaboratore ALFANO di smetterla di raccontare la “frottola” che Tu saresti l’unico politico che non si è arricchito con la politica. Vogliamo fare un Seminario dove spiegare qual’era la situazione economico-finanziaria e debitoria della Fininvest nei primi anni ’90 e come è adesso? Tu, Caro Fratello Silvio, sai benissimo che la tua “discesa in politica” è stato anche un grande affare economico (per TE e NON PER GLI ITALIANI, purtroppo): spiegalo tu al giovanotto che hai reso Ministro della Giustizia, altrimenti glielo spieghiamo Noi pubblicamente e a suon di numeri, fatti e circostanze…

. 3. Alla luce di tutto quanto precede, poiché ho saputo che vorresti trascorrere il periodo di agosto in qualche Castello con altri “Cavalieri”, a discutere “fraternamente” di come ri-organizzare il PDL e rilanciare l’azione di governo, non voglio farTi mancare anche il mio CONSIGLIO FRATERNO, in forma di virili diffide e ammonimenti. Ti DIFFIDO dal reiterare, con la nuova stagione, tentativi di approvazione e/o promulgazione di liberticidi e anti-costituzionali atti legislativi. Atti concepiti a personale uso e consumo Tuo e dei Tuoi Cortigiani, atti IPOCRITAMENTE presentati come tutori della libertà dei cittadini, in realtà inconcepibili e impresentabili in qualunque Democrazia dell’Occidente liberale. Mi riferisco ad atti legislativi come il Lodo Alfano, il cosiddetto DDL sulle Intercettazioni e altre “robe simili”… E comunque, sulle tante leggi discutibili (già promulgate durante il tuo malgoverno del Paese, in questi ultimi 16 anni) avrò e avremo modo di parlare in seguito. Peraltro, Ti AVVISO che, come ben presto scoprirai anche a partire dalle Comunicazioni dei lettori/visitatori che andranno on-line fra un paio di giorni sul Sito www.grandeoriente-democratico.com , ci sono ormai alcuni Fratelli Parlamentari PDL ex-Forza Italia pronti a seguire le indicazioni di “Grande Oriente Democratico” e a comportarsi come i “franchi tiratori” della Prima Repubblica. A buon intenditor…

. 4. Ti DIFFIDO dal fare affermazioni illiberali e anti-democratiche in merito alla legittimità dell’ esistenza di “correnti” all’interno dei partiti in generale e del PDL in particolare. Come ti permetti di chiamare la tua organizzazione “Popolo delle Libertà” e poi di essere così dispotico, tirannico e liberticida? All’interno di uno Stato Liberale e di diritto i partiti politici sono il sale della DEMOCRAZIA;
analogamente, all’interno dei Movimenti o dei Partiti le “correnti” sono la garanzia del pluralismo e della dialettica tra diverse opinioni. O sei in grado di tollerare solo il PENSIERO UNICO, il TUO, per la precisione? Bè, in questo sei perfettamente identico al tuo CARO FRATELLO GUSTAVO RAFFI (illegittimo) GRAN MAESTRO DEL GRANDE ORIENTE D’ITALIA. Non sopportate alcun dissenso o libero pensiero critico, perché il nucleo della vostra natura è profondamente autoritario e illiberale.

. 5. Ti DIFFIDO dal non prenderti le tue responsabilità in relazione alla cosiddetta vicenda “P3”. Invece di scaricare le responsabilità sui “Fratelli/Sodali” che hanno agito nel tuo diretto interesse, chiamandoli “4 pensionati sfigati”, mostra un po’ di coraggio e lealtà verso coloro che per Te si sono esposti. Nessuna giustificazione per loro, che sono grandi e vaccinati e ben sapevano (laddove lo abbiano fatto) di violare le leggi dello stato nel loro e nel Tuo interesse, ma appare riprovevole che la gente (da anni) si becchi galera e condanne per servire e proteggere un “CESARE” che non ha il coraggio di prendersi le sue responsabilità davanti alla Legge e alla pubblica opinione.
. 6. Ti DIFFIDO dal continuare a tenere sciolti “i tuoi cani-cortigiani” contro il leale, legittimo ma fermo dissenso, all’interno del PDL, portato aventi (doverosamente) dagli Onorevoli Fini, Bocchino, Granata, Buongiorno, Della Vedova, Urso e da tutti gli altri parlamentari che ovviamente non ritengono il centro-destra come COSA TUA, bensì come la rappresentanza democratica e liberale di tanta parte dell’elettorato italiano. TI INVITO, anzi, a promuovere una strutturazione del PDL come un vero partito/movimento democratico: con partecipazione di iscritti ed elettori della base che scelgano i rappresentanti di tutti gli organi interni. O vuoi continuare ad operare come un Faraone o un Imperatore asiatico dell’antichità? E fai presente al MINISTRO LA RUSSA che le “scuse e le auto-critiche” sono cosa che pretendevano soprattutto i Tribunali fascisti e comunisti: se ne vada via lui dal PDL, insieme a Cosentino, Verdini, Dell’Utri, Mantovano, etc., piuttosto che tentare di intimidire i dissidenti come Granata, che hanno solo avuto il coraggio di pensare e parlare liberamente. TI CONSIGLIO anche di smetterla di parlare di “politica politicante”, “teatrino della politica”, “abbasso i professionisti della politica”… Da circa 16 anni, prima in Forza Italia e poi nel PDL i principali “politicanti” sono quelli che hai voluto e scelto direttamente Tu, senza alcuna designazione da parte della base degli elettori. Il “teatrino” lo fai soprattutto Tu, sia in Italia che all’estero, in innumerevoli performances di dubbio gusto, ampiamente irrise dai media internazionali. Anche in questo caso si tratta di “cospiratori kommunisti”? Quanto al “professionismo in politica”, si tratta di un discorso complesso (che riprenderò in seguito), ma forse è venuto il momento di DIRTI che, invece, il massiccio afflusso di persone che fanno altri mestieri (rispetto alla politica) in Parlamento ha creato una serie sterminata di micro-conflitti di interessi. Se uno fa il medico, l’avvocato, il commercialista, il costruttore, il prof. universitario etc., spesso, una volta diventato Onorevole, invece di curare gli interessi della collettività, si occupa di favorire la corporazione cui appartiene se non addirittura il proprio particulare professionale…

. 7. Ti DIFFIDO dal perseverare nei tentativi spudorati e ignobili di defenestrare uno dei pochi spazi di libera inchiesta giornalistica italiana: il TEAM di “ANNOZERO” di MICHELE SANTORO, Marco Travaglio incluso (altro che velenose profferte e “distinguo” del Tuo FRATERNO AMICO CONFALONIERI…). A questo proposito, stia in campana anche il Direttore Generale della RAI Mauro Masi e la smetta di fare “mobbing” su Santoro per compiacere TE, GRANDE FRATELLO SILVIO. UN GRANDE FRATELLO dal conflitto di interessi sempre più grave e irrisolto e che ha persino regalato agli italiani - forse per la prima volta nella storia - una perfetta equiparazione in termini di “equilibrio dell’informazione”, tra il prestigioso TG 1 e l’assai meno prestigioso TG 4…

. 8. TI INVITO ad occuparti da subito di intelligenti ricette per il rilancio economico del “Sistema Italia”: prima che la crisi non dia vita ad asprissime ripercussioni sociali. Le manovre “lacrime e sangue” e i “tagli” sono buoni a farli tutti. Dal “geniale imprenditore privato” Berlusconi ci si attendeva e attende qualcosa di più… Comunque, anche su questo punto, Noi di Grande Oriente Democratico cercheremo di darti qualche buon suggerimento concreto e preciso se tu e il Ministro Tremonti non sapete “cavare un ragno dal buco”… E poi, per continuare a tenerti in sella nonostante il tuo MAL-GOVERNO, non confidare troppo nell’insipienza, nell’inettitudine, nelle laceranti divisioni e nell’”afasia stitica” attuale del Centro-Sinistra… Tanto più che, come sai benissimo, da provetto ASTROLOGO quale sei, il pianeta SATURNO sta per transitare di nuovo in BILANCIA, al tuo ASCENDENTE, in congiunzione con i tuoi SOLE E MERCURIO natali… Mentre URANO di transito in ARIETE si sta per mettere in opposizione ad essi… Per tacere di altri importanti aspetti planetari incalzanti e disarmonici… Chi lo sa…? Magari, all’improvviso, dalle donne e dagli uomini della sinistra democratica italiana potrebbe venire qualche benefico “colpo di reni”… e qualche rinnovata volontà unitaria.

A questo proposito, terminata la LETTERA APERTA n.1 AL FRATELLO SILVIO BERLUSCONI, vorrei rivolgere un’umilissima ESORTAZIONE agli ONOREVOLI BERSANI, D’ALEMA, VELTRONI, DI PIETRO, CASINI e RUTELLI.

A tutti costoro (compreso CASINI, se ha risolto i suoi dubbi amletici) vorrei suggerire, a nome mio e di tanti altri cittadini italiani (massoni e non), di costituire da subito una COALIZIONE che si candidi a governare il Paese nel giorno (vicino o lontano) in cui l’attuale governo Berlusconi fosse sfiduciato in Parlamento o terminasse naturalmente la legislatura. Una COALIZIONE di cui decidere subito, con delle democratiche elezioni primarie capaci di appassionare l’opinione pubblica, sia il LEADER che sarà candidato a Palazzo Chigi tra sei mesi, un anno o nel 2013, sia gli organi direttivi. Questa ESORTAZIONE e questo INVITO valgono anche per Rutelli e per Casini, soprattutto qualora quest’ultimo abbia deciso di fare del suo U.D.C. un partito erede della migliore tradizione laica e non confessionale della Democrazia Cristiana, abbandonando genuflessioni e ammiccamenti anacronistici (che non portano molti voti, a conti fatti) con la Curia Vaticana e la CEI e promuovendo piuttosto i valori tradizionalmente cristiani di solidarietà sociale, moderazione, capacità di mediazione politica tra gli estremismi e senso delle istituzioni.
Se invece Rutelli e soprattutto Casini ritengono di continuare a fare ad vitam i “pesci in barile” e si crogiolano nel sogno impossibile di un “governo istituzionale di grandi intese” oppure nella fallace speranza che il “problema Berlusconi” si risolva da sé o grazie alla coraggiosa ma impari lotta condotta dai “finiani”, allora “vadano con Dio e buona fortuna”.
In questa seconda ipotesi, siano i principali leaders del Centro-Sinistra citati (Bersani, D’Alema, Veltroni, Di Pietro), di concerto con gli altri dirigenti della stessa area e dei rispettivi partiti, a formare al più presto una COALIZIONE UNITARIA E COMPATTA candidata a battere Berlusconi.
A BERSANI, non in quanto massone, ma come semplice cittadino ed elettore “di sinistra”, vorrei dire che, come Segretario del PD, può esercitare un ruolo organizzativo e di mediazione molto importante e gratificante, anche se lo sconsiglio dal candidarsi come leader della NUOVA COALIZIONE.
A D’ALEMA e VELTRONI (compresi i vari veltroniani-franceschiniani e i vari d’alemiani), vorrei far osservare che quando smetteranno di farsi la “guerra civile” sarà sempre troppo tardi… Abbiate uno scatto d’orgoglio, ciascuno di Voi rinunci a proporsi come leader maximo del PD o della COALIZIONE e aiutate armoniosamente Bersani ad organizzare ed espandere nella società civile il partito e, conseguentemente, il Centro-Sinistra. Preparatevi a fare i ministri o a ricoprire qualche altro importante ruolo istituzionale, ma lasciate che ad affrontare Berlusconi come “punta di diamante” della NUOVA COALIZIONE di CENTRO-SINISTRA sia qualcun altro, più adeguato alla specificità dell’antagonista e più in grado di entusiasmare la maggioranza degli elettori italiani.
A DI PIETRO vorrei fare i complimenti per aver posto con chiarezza il problema di individuare un leader della COALIZIONE da subito, per dargli tempo e modo di essere conosciuto e apprezzato da tutti gli elettori.
A TUTTI i dirigenti del centro-sinistra, come cittadino italiano ed elettore, vorrei raccomandare di abbandonare personalismi, narcisismi ed egoismi. Disuniti si perde e il Paese va in malora, mentre Berlusconi e la sua Corte continuano ad “ingrassare”. Anzi, ci si preoccupi di risarcire e di ri-aggregare anche quel personale politico di sinistra ingiustamente (e stupidamente) escluso dall’accesso al Parlamento nelle ultime (sciagurate) elezioni del 2008.
Personalmente, se debbo dire la mia su quale candidato proporrei/voterei alle eventuali primarie: parlerei di un ticket NICHI VENDOLA e IGNAZIO MARINO. Come candidati PREMIER (VENDOLA) e VICE-PREMIER (MARINO). Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: non si tratta di Fratelli Massoni, ma semplicemente di un “ticket” ben assortito, dotato di adeguato carisma e di una immagine di freschezza e novità unita a solidità intellettuale e politica.
Tornerò/torneremo su questa proposta: ne faremo un “tormentone”, sappiatelo. E se, in qualità di Massoni di “Grande Oriente Democratico” non esprimeremo mai preferenze partitiche per il centro-sinistra o per il centro-destra, qualcuno di Noi, come cittadino italiano simpatizzante di sinistra, sarà ben lieto di mettersi al servizio di una NUOVA COALIZIONE DI CENTRO-SINISTRA, arrecando il valore aggiunto delle proprie relazioni (non trascurabili) e delle proprie risorse comunicative, organizzative ed intellettuali (ancora meno trascurabili). Relazioni e risorse che, in tutta Italia, potrebbero fare la differenza in moltissime situazioni locali… e determinare clamorosi capovolgimenti nelle elezioni per il prossimo Parlamento.

Gioele Magaldi

P.S. Che non venga in mente al Fratello Silvio Berlusconi e/o al Fratello Gustavo Raffi e/o a qualche loro scagnozzo o cortigiano di intraprendere azioni improprie e illegali nei riguardi di nessun membro di Grande Oriente Democratico… Primo: non siamo gente che “porge l’altra guancia”; secondo: per ogni “azione” simile c’è il rischio di una reazione dieci volte più incisiva e dolorosa; terzo: credeteci, non ci sono le condizioni internazionali perché vi possiate consentire “certe libertà”. Rischiereste di farvi molto, ma molto male e di screditarvi definitivamente dinanzi a chi vi osserva e vi giudica, con la piena autorità per farlo. E la forza necessaria a sanzionarvi pesantemente.

Per comunicazioni, scrivete a: info@grandeoriente-democratico.com